Juan Carlos Icardi, papà di Mauro Icardi bomber e capitano dell’Inter, ha 54 anni e di professione fa il macellaio. In un intervista alla rivista argentina “El Grafico” racconta gli inizi della carriera di Maurito e di come sin da piccolo aveva le stimmate del predestinato:
PREDESTINATO- “Avevamo chiaro fin dall’inizio il valore di Mauro, non sarebbe stato Messi o Ronaldo, ma si sarebbe potuto guadagnare da vivere col calcio. Aveva le qualità e il calcio gli piaceva, segnava sempre. Da quando aveva 5 anni, nei pulcini del Sarratea, era goleador in tutte le categorie. Alla squadra di categoria superiore di un anno mancò il portiere per un periodo, Mauro si rese disponibile così da assaggiare il mondo dei più grandi come portiere e giocare da attaccante con quelli della sua età. Un modo per vedere allo stesso tempo la realtà del gol da ambo i lati. Nella squadra del Vecindario segnò più di 500 gol nelle giovanili e la sua continua crescita gli spalancava molte possibilità. Per 9 mesi sono stato in tutte le caffetterie e pasticcerie di diverse città a parlare con direttori sportivi, osservatori e allenatori. Tutte le volte nessuno lo conosceva all’inizio ma poi quando lo vedevano ne restavano impressionati. Mauro aveva 14 anni e dal Barcellona ci mandavano bandierine firmate da Messi, dall’Atletico magliette di Aguero e anche il Siviglia lo voleva”.
BARCELLONA- “Decidemmo per il Barça e La Masìa perché per noi sarebbe stato seguito meglio lì. Parlò con i professori e scoprì il tema della lingua catalana, giorno per giorno. Quando aveva 15 anni i giornali argentini lo presentarono come “il nuovo Eto’o” e sottolineavano le similitudini con Messi, anche lui rosarino, tifoso del Newell’s ed allontanato da questa terra generosa senza aver giocato nemmeno un minuto per una squadra argentina.
Alla Ciudad Deportiva Icardi stazionava all’uscita sperando che passasse Messi per bussare al vetro dell’auto “Sono l’argentino che gioca qui” gli disse, il giorno seguente Messi lo fece salire e andarono via insieme in auto. Il rito continuò a ripetersi, fino a sedersi a tavola con Messi e il resto della squadra”.