Cristiano Zanetti, ex centrocampista dell’Inter, con 146 presenze in maglia nerazzurra, 3 gol segnati e 4 trofei conquistati nelle 5 stagioni disputate si racconta a FcInterNews. Con l’Inter ha vinto uno Scudetto, due Coppe Italia e una Supercoppa italiana prima dell’addio nell’estate del 2006. Il classe ’77 di Carrara ripercorre alcune tappe della propria esperienza a Milano, riservando un saluto all’ex patron Massimo Moratti e lasciando un commento a e Roberto Mancini, con il quale ha condiviso le stagioni 2004-2005 e 2005-2006.
Arrivo all’Inter nell’estate del 1998 dopo la stagione da titolare disputata con la maglia della Reggiana: come si è sviluppata quella trattativa?
“Ho fatto il settore giovanile nella Fiorentina, poi ho deciso di andare a giocare dato che lo spazio per me non era molto. Ho disputato due anni in Serie B e credo di aver fatto bene, infatti in quel momento è arrivata la chiamata dell’Inter. Mi volevano tante squadre, ma quella nerazzurra era la soluzione migliore per me”.
Nonostante il poco spazio hai avuto la fortuna di lavorare quotidianamente con tanti campioni.
“Arrivavo dalla Serie B e per me non c’era spazio, ho giocato pochissimo. Certo, il fatto di essermi potuto allenare con grandi campioni mi è servito tantissimo, ma credo che la crescita di un giocatore, a maggior ragione giovane, passi quasi esclusivamente dalla partita della domenica. Non giocando non era semplice, ecco quindi spiegato il passaggio al Cagliari dove sono stato titolare”.
La prima stagione importante vissuta all’Inter è stata quella 2001-2002: un campionato con un esito che è passato alla storia in negativo.
“Il nostro era un gruppo molto importante. Eravamo uniti, concreti e con tantissima voglia di vincere. Probabilmente non c’erano grandissimi nomi a livello di organico, ma scendevamo in campo ogni partita come se fosse una finale. Siamo andati vicinissimi alla vittoria del campionato, poi tutti sanno come è andata a finire”.
Qualche anno dopo hai avuto modo di lavorare con Mancini: come lo descriveresti?
“Stiamo parlando sicuramente di un tecnico importantissimo, è bravissimo a leggere le partite e ogni situazione di gioco. Con lui ho lavorato prima nel 2004-2005, poi l’anno successivo sono andato via perché la società ha deciso di non rinnovare il mio contratto. Sicuramente l’addio non è stato per colpa di Mancini”.
Che ricordo hai di Moratti?
“Una persona generosissima, un secondo padre per noi giocatori. Ha sempre dato tutto per l’Inter, anche se a volte avrebbe dovuto pensare maggiormente ai propri interessi”.
C’è qualche compagno con il quale hai legato in modo particolare?
“Sono sempre andato d’accordo con tutti, ma non ho mai creato un rapporto di vera amicizia. Personalmente le amicizie vere le ho sempre avute fuori dal campo, con le persone con le quali sono cresciuto. Il calcio è un ambiente molto difficile e complicato, non è semplice creare dei rapporti importanti. Ho sempre rispettato tutti, questo è sicuro, ma le amicizie sono un’altra cosa”.
Considerando l’attualità, che idea ti sei fatto di questo campionato così equilibrato?
“Sì, è un campionato molto aperto. Non c’è una squadra in grado di ammazzare il campionato, credo che tutte le big abbiano la possibilità di vincere. Ritengo però che gli infortuni faranno la differenza: chi ne subirà di meno potrà stare in alto con continuità”.
Credi che l’Inter possa ambire allo Scudetto?
“Sì, la squadra è pronta. Ma al pari delle altre. Credo che la fortuna sarà importante come sempre, e ribadisco il concetto degli infortuni. Gli allenatori che avranno l’opportunità di insistere su una formazione base con continuità potranno avere maggiori possibilità, poi le squadre che hanno solo l’impegno del campionato sono facilitate sotto questo punto di vista. E l’Inter è in queste condizioni”.
Tornando alla tua esperienza a Milano, il ricordo dell’Inter resta bello per te?
“Certamente, il mio ricordo è bellissimo. Sia per le gioie che per i dolori. Ho vinto uno Scudetto, due Coppe Italia e una Supercoppa italiana, quindi il mio ricordo è assolutamente positivo. Porto con me anche le delusioni, ma se abbiamo avuto anche degli epiloghi negativi vuol dire che l’Inter è riuscita comunque ad arrivare in alto. I momenti difficili servono per crescere e per avere più fiducia, come accaduto proprio all’Inter”.