Adem Ljajic ha parlato di obiettivi personali e di squadra in una lunga intervista a Tuttosport. Di seguito le parole del serbo classe ’91.
Adem, di lei dicono che in campo lei sia un tipo indolente. Invece con il Frosinone, dopo Biabiany, è stato tra gli interisti quello che ha percorso più chilometri…
“Beh non è difficile aver voglia di aiutare i compagni se sai che loro poi ti aiuteranno quando c’è da attaccare”.
Secondo luogo comune: Ljajic non lega con gli allenatori.
“Questo non è proprio vero: io ho avuto un solo problema con un allenatore, con gli altri è filato tutto liscio. Io rispetto tutti, soprattutto chi decide cosa si deve fare in una squadra”.
In cosa l’ha migliorata Mancini?
“Nel dare di più per la squadra. Inoltre mi ha migliorato nell’atteggiamento in campo”.
Vale a dire?
“Parla con tutti, infonde positività nei giocatori e sa motivarti come pochi altri. Inoltre ha dimostrato di saper dare una chance proprio a tutti. Così facendo però Mancini ci tiene sulla corda anche perché non sai mai cosa lui possa decidere: è capitato che giocasse chi non se lo aspettava proprio”.
E lei come si regola?
“Semplice: guardo la lavagna e cerco di scoprire se ci sono…”.
Quanto è importante per lei avere un allenatore che è stato anche un grande attaccante?
“Molto perché lui per primo capisce le mie e le nostre esigenze, il problema è che se non facciamo le cose per bene, ci mette niente ad accorgersene”.
Quando si arrabbia di più?
“Quando là davanti perdiamo palla, urla”.
Lei all’Inter è un precario: come vive questa situazione legata al riscatto dalla Roma fissato a 11 milioni?
“Facile: non ci penso. Quando finirà la stagione, prenderemo tutti insieme una decisione. Al momento la mia unica preoccupazione è giocare bene e dare tutto per questa maglia. Poi vedremo che succede”.
In proposito, lei come si pone?
“E’ chiaro che mi piacerebbe che l’Inter mi riscattasse ma, le dico la verità, oggi non lo vedo come un problema o una preoccupazione: voglio solo giocare. A fine campionato, parleremo di tutto”.
Finora tra Inter e Roma la differenza più sostanziale è data dal fatto che voi, con le medio-piccole, siete stati spietati. Concorda?
“Sì, ma c’è un motivo: loro, con in mezzo la Champions, hanno tante partite che portano una grande fatica fisica e mentale oltre agli infortuni. Ogni settimana hai una finale e, se per caso si fanno male due-tre giocatori, diventa tutto veramente difficile: io ci sono passato un anno fa e posso assicurarle che è così. Per noi, avendo soltanto il campionato, è tutto molto più semplice solo per il fatto che, se giochi una partita a settimana, riesci ad allenarti molto meglio”.
Regge la teoria in base a cui voi attaccanti segnate poco anche perché vi sfiancate in fase difensiva?
“Questo contribuisce sicuramente a essere meno lucidi quando ci troviamo in zona gol ma noi dobbiamo continuare a fare questo lavoro perché, semplicemente, ha dato dei risultati. Finché andrà tutto bene, non dovremo cambiare nulla però dobbiamo provare a giocare di più con la palla e creare più occasioni. In pratica quello che si è visto con il Frosinone: una partita in cui è stato divertente giocare”.
Nell’ultima grande Inter, quella che ha conquistato il Triplete, Eto’o e Pandev facevano i terzini: è quello l’esempio da seguire?
“Me lo ricordo bene com’era quella squadra perché io ero già arrivato in Italia e mi ricordo pure bene come giocava: tutti correvano, tutti difendevano. Se ci riuscivano Eto’o e Pandev, perché non potrebbero farlo il sottoscritto, Biabiany o Perisic? Solo col sacrificio arrivano le vittorie e quanto fatto da quell’Inter è un esempio da seguire e da imitare”.
Sull’Inter, in questi mesi, se ne sono sentite tante: che ha un gioco antico, che è brutta ma vince e che è una squadra cattiva. Qual è la critica che l’ha fatta più arrabbiare?
“Molta gente chiacchiera ma noi siamo primi, abbiamo vinto tante partite e firmo adesso per arrivare a fine campionato vincendole tutte per 1-0 creando anche una sola occasione da gol. Dicono che siamo brutti e siamo primi in classifica: pensi cosa potrebbe succedere quando inizieremo a giocare meglio”.
Ci si dimentica, in tal senso, che l’Inter è stata rifondata quest’estate.
“Infatti sarebbe stato strano il contrario visto che giochiamo insieme da tre mesi e dobbiamo ancora conoscerci per bene. Lasciamoli parlare i critici: intanto noi siamo davanti a tutti”.
A proposito: quando ha scelto l’Inter, si aspettava di essere in testa al campionato a fine novembre?
“Devo dire la verità?”.
Spari.
“Quando sono arrivato, non avrei mai pensato di essere primo in classifica dopo tredici partite, pensavo che saremmo stati lì per lottare per i primi tre posti e che avremmo avuto i problemi che ha una squadra appena assemblata. Invece siamo più in alto di tutti”.
Scaramanzia a parte: iniziate a pensarci davvero allo scudetto?
“Per indole non mi piace guardare così in là. Anche perché sono rimasto scottato dai due anni passati a Roma: pensavamo fosse sempre la volta buona e poi non siamo mai riusciti a vincere perché abbiamo trovato una Juve che era molto più forte”.
Napoli è l’ultimo esame di maturità per questa Inter?
“Da tanto tempo loro sono una grande squadra, hanno l’attaccante più forte del campionato e Sarri ha messo a posto le cose in difesa. Il Napoli gioca molto bene, sa come metterti in difficoltà ma sappiamo anche noi di essere forti e sono convinto che andremo là a giocarcela alla pari”.
Higuain si ferma mettendogli le catene?
“No, con la miglior difesa di campionato: io contro Murillo e Miranda gioco in allenamento e vi posso assicurare che ti rendono la vita molto dura”.
Ritiene che anche la Juve possa rientrare in corsa per lo scudetto?
“Anche loro hanno cambiato tanto dopo essere rimasti senza Pirlo, Tevez e Vidal che erano stati i tre giocatori migliori dell’ultima stagione. Ma la Juve è sempre lì, è una squadra pericolosa e sicuramente lotterà fino in fondo”.
Ljajic, una curiosità: quando è successo quell’episodio con Delio Rossi, non ha temuto che sarebbe stato ricordato solo per quell’aggressione?
«Ero giovane, è successo, è passato e non mi piace girarmi a guardare il passato. Sa cosa dicono? “Quando muore una persona se ne parla per tre giorni e poi non se ne ricorda nessuno”. E io voglio solo che la gente ricordi i miei gol, i miei assist e non quello che è successo con quel signore»