Melo: “Lavoriamo al 110% per lo Scudetto. L’Inter era nel mio destino”
Mancano tre giorni all’incontro con il Napoli che alcuni definiscono sfida scudetto. Felipe Melo suona la carica e in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport spazia su vari argomenti, dal suo passato fino alle ambizioni nerazzurre per questa stagione. Di seguito le sue dichiarazioni alla rosea:
Felipe Melo: cos’è la cattiveria?
“Ce ne sono di due tipi: quella dell’anima che ti porta a fare male, roba che non conosco; e quell’altra, che invece conosco. La mia vita è fatta di cattiveria: per emergere, arrivare, farcela”.
Esempi?
“A tredici anni mi svegliavo alle 4 di mattina per prendere l’autobus: vedevo altri uscire dalla discoteca, mentre io andavo a scuola e poi all’allenamento. C’erano due-tre ore di macchina: mio padre doveva fare un doppio lavoro, la mamma preparava il pranzo, io mangiavo il mio e poi imboccavo mio padre perché doveva guidare. Questa è la mia… cattiveria: insistere, andare avanti. Per arrivare”.
Ha detto: «Mai entrato per rompere un avversario». Mai mai?
«Mai. E’ storia. Non lo faccio per principio e perché anch’io ho le gambe…».
Però ai tempi di Firenze… Si ricorda di Diego Lopez?
“(sorride) Lì fu diverso. Successe dopo un Fiorentina-Cagliari, io fui l’ultimo ad uscire, lui mi aspettò volutamente nel tunnel».
E lo colpì.
“Aveva esagerato, detto frasi brutte su mia moglie che allora era incinta”.
Cosa la fa arrabbiare?
“Chi si alza la mattina e dice “Che vita di merda…”».
Se però uno è senza lavoro capita che gli scappi…
“Ma c’è la vita da vivere. E qualcuno che sta peggio di te, al mondo, c’è sempre. Io ringrazio Dio ogni giorno, faccio quello che mi piace e credo di aver avuto da lui più di quanto mi attendessi. Vede, quando mi svegliavo alle 4 mio padre mi diceva sempre: “Hai un’opportunità che io non ho potuto vivere perché dovevo scegliere fra calcio e lavoro. Sfruttala”. La vita una possibilità te la dà sempre…».
Quante possibilità ha l’Inter a Napoli?
“Una è seconda e l’altra è prima”.
A chi dice che l’Inter gioca un brutto calcio cosa risponde?
“Non m’incazzo nemmeno più. Una volta, in Turchia, ci dissero: “Non avete battuto il Fenerbahçe in casa”. Sa cosa successe? Con un pareggio nel loro stadio, col Galatasaray vincemmo il campionato facendo il giro di campo al buio perché spensero apposta le luci e a impianto vuoto. I loro tifosi se ne erano andati, i nostri non li fecero entrare. Ho goduto come mai. E a chi mi ripeteva quella frase per un derby sentitissimo io dicevo solo una cosa: abbiamo vinto il campionato. Questo per dire che chissenefrega di quel che dicono. In questo caso e in altri”.
Altra frase ricorrente: al San Paolo sarà sfida fra chi gioca bene a calcio e chi no.
“Se vinciamo è tanta roba, perché in pochi riescono a vincere a Napoli. Se pareggiamo dipende, e anche se perdiamo bisogna vedere come… Una cosa è certa: noi facciamo il nostro lavoro, bene e senza paura. E l’autostima non ce la intacca nessuno, comunque vada”
Higuain si ferma come Balotelli? Bisogna «menare»?
“Ecco, anche su quella frase è stato fatto un romanzo. Melo istiga alla violenza, Melo qui e là, come quando si fece male un giocatore del Chievo che mi venne addosso o Pazzini, situazione nella quale scivolai addirittura prima… Quella frase sul “menare” l’ho detta sorridendo. L’ho detta perché Balotelli è un giocatore differente da tutti. Come Higuain. E bisogna dedicargli molta attenzione. Ecco il senso”.
Considerando anche Allan e Jorginho dall’altra parte, banalizziamo: è un Argentina-Brasile.
“Una situazione già vinta. Era il 6 settembre 2009, Argentina-Brasile 1-3. Facevo coppia con Gilberto Silva in mezzo al campo, fu una serata indimenticabile. Sconfiggemmo il più forte giocatore del mondo, Lionel Messi. E in campo c’era il mio idolo, Veron». Come dire: sconfitto Messi a casa sua, la paura di Higuain si riduce un po’… «Paura di nessuno, sempre. Ma non c’è solo Higuain o un altro o Hamsik: c’è il Napoli. Bisogna stare attenti al Napoli. Punto”.
Lei ha vinto e sa vincere.
“Una quindicina di titoli fra Brasile e Turchia. Solo in Italia non ce l’ho fatta, anche se a Firenze conquistammo l’accesso in Champions che fu come una vittoria. Senta questa: dopo la partita Inter-Juventus postai su twitter una frase inerente al Triplete nerazzurro. Mi insultarono. Ma cosa hanno il coraggio di dire? Io di Triplete ne ho fatti due, al Cruzeiro e al Galatasaray”.
Ecco: il Mancini del Gala e quello di oggi sono diversi o molto simili?
“Entrambi con una voglia di vincere pazzesca. Ma quello di oggi fa lavorare di più». Ci elenchi tre cose per le quali poter dire che l’Inter vale. «Sappiamo vincere insieme. Siamo una famiglia, e non è un modo di dire perché ci sono allegria ma anche momenti di aiuto reciproco. E sappiamo soffrire in campo”.
Da 1 a 10: quante possibilità ci sono di andare in Champions?
“Non mi posso permettere pronostici né promesse: noi lavoriamo al 110% per vincere lo scudetto”.
E’ già nota la storia che sarebbe potuto arrivare all’Inter con Mourinho: ma quanto fu veramente vicino?
“Il mio agente sentì Marco Branca. Ci fu qualcosa di abbastanza serio, poi furono fatte altre scelte. Ma evidentemente era destino che dovessi venire qui». Forse è destino che lei ritorni nella Seleçao. Perché meriterebbe una nuova chiamata? «Perché i numeri parlano”.
Lei è uno che si ama o si odia.
“Vede, io nel mio lavoro metto tutto. Per questo la gente capisce: perché vede quel che dò. Poi è chiaro che c’è qualcuno che dice “Quel rompicoglioni di Melo qui e là …”, però sono convinto che vorrebbe uno come Melo in squadra. Così come potrei dire io di Cristiano Ronaldo, oppure di Higuain che è un gran “rompi” ma è chiaro che potrei voler giocare con lui piuttosto che contro di lui. E magari succede anche questo nei miei confronti”.
Felipe Melo ha molti nemici?
“No, non ho nemici. Quando ero piccolo e succedeva qualcosa a scuola mio padre mi diceva tre cose: prima di tutto se ci sono problemi parla con la maestra, poi cerca di evitare il contatto e se proprio non ce la fai non tornare a casa rotto perché sennò poi le prendi anche da me.. . “.