E’ Tony Damascelli, giornalista de Il Giornale, l’ultimo in ordine di tempo ad attaccare (ed anche pesantemente ndr), il tecnico nerazzurro Roberto Mancini. Questo quanto scritto dal giornalista sull’accaduto del San Paolo sul finire della partita dei quarti di finale di Coppa Italia, questa l’opinione dello stesso Damascelli sul tecnico nerazzurro:
«Si è venuto a sapere che una quindicina di anni fa Roberto Mancini diede pure lui del frocio a un dirimpettaio, trattavasi del giornalista della Gazzetta dello Sport Alessio Da Ronch. Non risulta che all’epoca, negli istanti che precedevano l’allenamento, il Mancini, allenatore della Fiorentina, fosse in trance agonistica ma, per lui, Da Ronch era colpevole di avere scritto sul brasileiro Amaral allontanato da Firenze e questo provocò la reazione zitellesca. Mancini preparò tutto nei dettagli, fece convocare dall’addetto stampa viola il cronista e lo ricoprì di male parole, frocio di merda fra queste, oltre a gesti minacciosi. Il Da Ronch non trovò, tuttavia, la solidarietà del Gay Center, del Partito Democratico, allora Ulivo, o di Rifondazione Comunista o dell’Italia dei Valori, niente. Così Mancini, nascosto nel canneto, la passò liscia. Del resto certe cose finiscono in campo o negli spogliatoi, si dice così. Come altre volte in cui il Mancini medesimo giustificò striscioni di insulto ai napoletani o gesti volgari e parole razziste tra Mihajlovic e Vieira. Vedi come vanno le cose della vita, basta una parola, un equivoco e scoppia la guerra. Mancini viene da Jesi, nelle Marche. Faccia qualche chilometro, pochi in verità, e si fermi alla frazione di Pinocchio. Con la P».