Mancini è diretto come non mai in conferenza stampa, tirando fuori dai denti una frase chiara e significativa che non serve a creare alibi ma a mettere in chiaro le cose ai giocatori (e anche e soprattutto alla società).
Quando gli viene chiesto se dire che l’Inter è da terzo posto possa aver creato un alibi, la sua risposta è tagliente quanto un coltello ben affilato. Il tecnico jesino risponde così:
“Bisogna essere realisti, noi non siamo forse neanche da terzo posto, lo abbiamo detto fin dall’inizio. Ci sono squadre più forti e più strutturate. Sempre detto che vorremmo trovarci lì fino all’ultimo, e se ci saremo ce la giochermo. Nelle ultime partite abbiamo avuto tante difficoltà, la prima è fare gol se no non vinci. Difesa sempre perfetta, ora in questo momento facciamo errori. Dobbiamo stare tranquilli, continuiamo a lavorare e cerchiamo di stare in alto”
Una richiesta d’aiuto o un modo per tranquillizzare un ambiente che sembra accusare il colpo dopo una partenza forte, tanto forte da risultare quasi inaspettata? Una cosa è certa, crederci dev’essere la parola d’ordine, soprattutto adesso che le cose non vanno come dovrebbero e l’ambiente attorno ai nerazzurri è sempre più ostile. Alcune domande, però, mi sorgono spontanee:
E’ vero che bisogna badare al bilancio, ma dov’è la società quando Mancini chiede aiuto a 10 giorni dalla chiusura del mercato? Dov’è la società quando lo stesso tecnico viene attaccato da ogni parte anche per futili e banali argomenti che esulano dal campo? Dov’è chi parla di progetto se poi c’è la paura di intervenire mettendo mano al portafogli? Dov’è la società quando in tanti, forse in troppi, si rifiutano di lasciare l’Inter bloccando il mercato di una squadra vogliosa di tornare ai vertici?
Sono passati anni, sono cambiati i giocatori, è cambiata la dirigenza, abbiamo vinto e stravinto, ma da quel 22 maggio del 2010 mi sembra di esser tornato indietro, indietro agli anni in cui guardavo l’Inter in un bar assieme a sconosciuti…ed ora che la vivo da Milano è tutto ancora più strano di allora. Una cosa è certa, la amo allo stesso modo, forse ancor di più.