Corsera: ”Thohir potrebbe abbandonare Mancini. Filotto? Come riuscirci se..”
Il Corriere della Sera attraverso le sue colonne ha provato a tracciare e delineare i prossimi movimenti dell’Inter nel futuro alla luce dei recenti risultati.
Ecco l’analisi: “Dallo scudetto alla Champions, ai preliminari di Champions, all’Europa League, al preliminare di Europa League: la prossima tappa rischia di essere il sorpasso del Milan e un’Europa League da affrontare a luglio. La caduta, insomma, procede clamorosa ma a questo punto, con lo schianto vicino, sarebbe bene aprire il paracadute. Se c’è.
Esaurite ormai le analisi tecnico-tattiche sul perché l’Inter sia riuscita nell’impresa, a suo modo spettacolare, di fare 12 punti in 11 giornate (da quando era prima con 4 punti su Fiorentina e Napoli) perdendone 19 dalla Juve, 14 dal Napoli, 12 dalla Roma, 10 dal Milan, 9 dalla Fiorentina, e guadagnandone ben uno su Carpi e Verona, ci si chiede che fare adesso per salvare il salvabile.
Il presidente Thohir, seguito da Giacarta con orientale rassegnazione il crollo contro la Juve, ripete che i conti si faranno a fine stagione ma non è stato felice di vedere vanificata la sua ultima visita «motivazionale» a Milano. La situazione è al limite e per capirlo bastava ascoltare Piero Ausilio domenica. Il d.s. era furente, ha accusato la squadra di mancanza di personalità e ha fatto capire che il vaso è colmo, chiedendo ai giocatori un’assunzione di responsabilità.
Colpa solo loro? Pubblicamente si dice così, e infatti Ausilio ribadisce che «Mancini resta al centro del nostro progetto». Tuttavia è chiaro che da qualcun altro questo fiasco dovrà pur dipendere, almeno com’era dipeso il grande avvio di stagione. A proposito di personalità, per esempio, come chiederla a un gruppo — già con tanti giovani — in cui le rotazioni folli hanno trasformato molti giocatori in smarriti freelance (giochi oggi, poi se capita ti richiamo tra un mese)? E come non pensare che disporsi così spesso con lo stesso modulo degli avversari sia il segno di una mancanza di identità tattica e di fiducia nella squadra, forse di paura?
Domenica sera Mancini, influenzato e deluso, ha disertato volentieri la conferenza stampa. Ieri, volutamente, è stata la dirigenza a disertare la Pinetina. Segni di una lontananza reciproca mai stata così forte fino ad oggi. Così, prima dell’allenamento, Mancini ha tenuto a rapporto da solo la squadra per mezz’ora, chiedendo una reazione forte. L’ennesimo confronto di una lunga serie: nei giorni scorsi erano stati i giocatori a chiudersi nello stanzone, ma l’autoanalisi di gruppo è servita a poco. E siccome a poco è servito anche il ritiro post-Firenze, per il ritorno della semifinale di Coppa Italia domani a San Siro con la Juventus la squadra si ritroverà solo domattina, cercando di ricaricare le pile a casa. Lo 0-3 dell’andata e il precario stato di forma nerazzurro non legittimano illusioni, ma una risposta dignitosa davanti a un pubblico da tempo insofferente è obbligatoria, anche se la squalifica di Miranda e Murillo aggiunge guai a guai.
Dopo, resteranno 11 partite che definiranno non solo la classifica e le finanze dell’Inter ma anche i contorni del rapporto fra Mancini e la società. L’allenatore ha ancora un anno di contratto ma sembra palesemente disamorato del progetto nonché poco fiducioso nelle finanze di Thohir, e potrebbe volere il divorzio. Se le cose dovessero continuare così male, tuttavia, anche la società potrebbe cominciare a chiedere chiarimenti al Mancio: per esempio, risultati e confusione a parte, sulla bocciatura senza appello di Jovetic, sul flop di Kondogbia, Perisic e Melo (da lui voluti) o sulla scelta di prendere Eder a gennaio accettando di restare con cinque centrocampisti di cui tre nello stesso ruolo.
In tutto ciò, comunque, Ausilio si dice ancora convinto che il terzo posto sia possibile. Fondamentale sarà fare 6 punti con Palermo e Bologna a San Siro per arrivare alla sfida in casa della Roma con una parvenza di chance. «Basta vincerne tre di fila per cambiare ancora tutto», dicono all’Inter. Ma pensare ai filotti quando anche rinviare un cross innocuo è diventata un’impresa assomiglia a un sogno. Mentre qui, invece, è tutto un incubo”.