In una lunga intervista a Gianlucadimarzio.com, l’ex allenatore dell’Inter, Gigi Simoni si e’ confessato a 360 gradi, parlando di tanti dei suoi ex calciatori.
“Alla prima di campionato Recoba fece due gol al Brescia, evitando il mio esonero. Perdevamo 1-0 a 20’ dalla fine e se non avessimo rimontato… il mio licenziamento sarebbe stato immediato. Recoba andava preso per quello che era: un talento infinito con una limitata dedizione al lavoro e all’ordine in campo. Per questo motivo la sua carriera è stata grande solo in Nazionale e giocando nella sua terra: fuori dal suo Paese ha fatto fatica”.
Non solo Recoba, perché in quella Inter c’era un certo Ronaldo: “Penso di essere stato un privilegiato. Ho avuto la fortuna di conoscere e allenare il più grande. Abbiamo sempre avuto un bellissimo rapporto di amicizia: per me Ronaldo è il centravanti della storia del calcio. E la mia Inter giocava in contropiede con l’obiettivo servirlo il più rapidamente possibile. Simeone? S’interessava di tutto quello che facevo e mi raccontava tutto quello che aveva già imparato dai suoi allenatori precedenti. Da giocatore era di un’altra categoria: un allenatore in potenza. Una volta decisi di lasciarlo fuori, dovevamo giocare una partita di Coppa UEFA in Francia. La sera della vigilia gli parlai per motivare l’esclusione e lui mi disse che non dovevo dirgli proprio niente, che lui era solo un giocatore e rispettava le mie scelte. Credo che oggi pretenda lo stesso dai suoi giocatori”.
Un altro allenatore oggi è Paulo Sousa, che indossò all’epoca la maglia nerazzurra: “Sono molto contento che Sousa stia facendo bene con la Fiorentina. Da giocatore forse l’ho trattato male. Non l’ho fatto giocare spesso perché avevo già grandi dei centrocampisti: Simeone, Winter, Zanetti e Djorkaeff. Sousa era un buonissimo giocatore, ma aveva molta concorrenza davanti, a me servivano giocatori più veloci di lui per servire subito Ronaldo. Fu solo molto sfortunato con me”.
Dopo aver ricordato con la consueta amarezza l’episodio del rigore negato a Ronaldo in Juventus-Inter, Simoni parla dell’amicizia con l’allenatore bianconero dimquel perioso, Marcello Lippi: “All’inizio degli anni ’70 giocavamo entrambi a Genova, eravamo amici fraterni. Lui era il capitano della Sampdoria, io del Genoa. Mangiavamo spesso assieme la sera nei ristoranti della zona. Quel giorno a Torino ci siamo beccati perché lui aveva detto qualcosa che non mi era piaciuto. Lippi sosteneva che la Juventus aveva fatto una grande partita meritando di vincere: io non ero d’accordo. Il nostro rapporto comunque non è stato rovinato da quell’episodio. Siamo amici, tutt’ora”.
La più grande gioia resta la Coppa UEFA conquistata al termine di quella stagione: “Fu splendido vincere quella Coppa UEFA contro la Lazio, a Parigi. Ricordo il gol di Zamorano su lancio di Simeone dopo appena 4’ di gioco. Poi nel secondo tempo la sassata di Zanetti su assist di Zamorano e infine il terzo goal di Ronaldo che segnò per conto suo, saltando il portiere Marchegiani. Fu bellissimo”. Però in quella successiva arrivò l’esonero, pochi giorni dopo il 3-1 al Real Madrid: “Nella gara di andata in Spagna avevo lasciato fuori Baggio, preferendogli Milanese per una questione tattica. La cosa fece scalpore. Perdemmo 2-0 e la stampa mi fece nero per quella scelta. Evidentemente anche al mio presidente non deve essere andata giù”.
Ma nonostante quell’esonero il rapporto tra Simoni e Massimo Moratti non è cambiato e mai cambierà: “Ci telefoniamo spesso. Tutti gli anni mi manda il regalo di Natale e mi invita spesso quando c’è qualcosa da festeggiare. Io non ho portato rancore per quel momento in cui ha pensato di cambiarmi. Aveva apprezzato comunque il mio lavoro per un anno e mezzo. Io stimavo Moratti perché era sinceramente appassionato alla sua squadra. Il suo amore per l’Inter a volte gli ha fatto fare qualche errore. Recentemente mi ha spiegato perché ha deciso di cedere la società: cercava un acquirente che avesse nuovo entusiasmo e risorse. Mi ha detto anche di essere ancora giovane, che eventualmente sarebbe anche potuto ritornare sui suoi passi. Poi invece ha mollato davvero”.