Moratti: “Bisogna dare certezze a chi investe. Che fatica con Thohir”

L’ex patron dell’Inter, Massimo Moratti, artefice di tanti successi con il club nerazzurro, ha parlato della sua esperienza anche come socio di Erick Thohir, oltre a parlare dell’ingresso in società di Suning, in una lunga intervista a Il Corriere della Sera:

Presidente Moratti, l’Inter è dei cinesi: un tifoso nerazzurro può essere ottimista?
«Direi fiducioso».

 Ottimista è troppo? Una sensazione esagerata?
«Dico la verità: mi hanno regalato un’impressione di serietà. Non è detto che la prima impressione sia sempre quella giusta, ma quando i nuovi proprietari dell’Inter vennero a Milano, tempo fa, facemmo un incontro a Imbersago, in campagna. Notai in Zhang Jindong concretezza, un uomo che non ha bisogno di recite, nessuna voglia di apparire. Così anche il figlio, educato, abituato ad ascoltare. La delegazione rispettosa del proprio leader. Da questo, e da altro ancora, ne ho tratto un giudizio positivo».

Com’è stato il suo primo giorno senza Inter? Si è tolto un peso? Si sente più leggero?
«La mia vera uscita è stata quando ho ceduto l’Inter a Thohir. La tappa odierna fa parte di un cammino, di un processo, di una costruzione. Nel tempo mi sono preparato psicologicamente, quindi nessun trauma».

Le è costato di più quindi cedere nel novembre 2013 il 70 per cento a Thohir? Non si è mai pentito? Lei e Thohir rappresentate due mondi diversi, opposti di vivere l’Inter.
«Non sono confronti da fare. Ognuno vive secondo la propria cultura, il modo di essere, il proprio carattere».

Com’è stato vivere l’Inter in minoranza accanto a una dirigenza nuova, con modi e metodi diversi dai suoi?
«Ammetto che ho fatto fatica, malgrado l’infinita cortesia di Erick Thohir. E in questa mia confidenza non c’entra proprio niente l’imprenditore indonesiano, disponibilissimo nei miei confronti, sensibilissimo verso di me».

«Posizione faticosa» perché avrebbe voluto intervenire e per eleganza, rispetto, cultura si frenava sempre?
«Massì, le responsabilità erano di Thohir, la gestione era la sua, quindi ogni mio intervento avrebbe potuto creare imbarazzi ed equivoci».

Una vita, la sua, colorata di nerazzurro: cosa significa essere presidente dell’Inter?
«L’ultima cosa che intendo fare è salire in cattedra e impartire lezioni».

Ci spieghi solo come ha fatto il presidente dell’Inter dopo aver visto all’opera suo papà Angelo? Una eredità pesante…
«Mai voluto inseguire mio padre, ma sicuramente un insegnamento l’ho assorbito: il senso del dovere».

Sarebbe a dire?
«Papà interpretava benissimo questo valore: guidare una grande squadra, l’Inter, vuol dire sentirsi responsabile del sentimento di centinaia di migliaia di tifosi sparsi in tutto il mondo. Ecco, io ho sempre pensato che fosse la cosa più importante, ho creduto in questo valore e mi sono comportato di conseguenza».

Curiosando nell’ufficio di Massimo Moratti si percepiscono i sentimenti di una vita da interista. Coppe Campioni, foto che raccontano vittorie, descrivono fuoriclasse, giocatori che hanno regalato una testimonianza del loro affetto per il presidente, una lettera scritta dal subcomandante Marcos che rivela meglio di qualsiasi altra cosa il tesoro degli Inter campus sparsi in tutto il mondo. Anche a casa Moratti c’è un tavolone colmo di ricordi, di lettere, di foto:
«Due miei amici interisti una sera non staccavano gli occhi da quelle foto, io stesso non sapevo di avere tutto quel materiale: ci siamo divertiti». La passione a volte può diventare pericolosa, portare a gesti esagerati, ad acquisti milionari, a realizzare sogni unici al mondo (Ronaldo 48 miliardi di lire nel ’97). «Non è solo la passione. Sì, ovvio quella c’è, ma c’è dell’altro: capire che quel giocatore, che hai visto giocare, ti è piaciuto, ti ha emozionato, può interpretare il calcio che hai in mente, non solo risolvere i problemi del momento. Poi pensi ai tifosi, a quella gente, ed è tanta, che vuol bene alla tua squadra. È questo insieme di sensazioni-situazioni-problemi che ti consentono certe operazioni, che ti spingono a osare. A volte è come fare un bel regalo ai propri figli».

Lontani dal metodo e dalla presidenza Thohir.
«Ma Thohir non doveva nemmeno farlo. Ognuno ha il proprio carattere. Ho sempre ritenuto che sia importante nella vita non recitare».

Le piace ancora questo calcio?
«È cambiato com’è giusto. È lo specchio dei tempi».

Dove deve cambiare il calcio italiano?
«Bisogna dare certezze a chi investe. La cosa peggiore che possa capitare è non avere davanti a sé una strada certa. Da noi manca qualcosa di definitivo per il futuro».

I presidenti non pagano troppo i giocatori?
«È sempre stato così: anche una volta i campioni erano molto ben pagati. Adesso, oltre all’ingaggio, godono di altre entrate».

Scelga tre campioni da Moratti?
«Ronaldo, Ibrahimovic e Recoba».

Su Recoba ha avuto un attimo di tentennamento: sa che sarà criticato per questa scelta?
«Ne sono consapevole, ma Recoba è quel tipo di giocatore che regala colpi pregiatissimi, inattesi, che emozionano. Poi, sono il primo a sapere che mancava assolutamente di continuità».

Su Mourinho non si possono fare classifiche: è il migliore dei suoi tecnici.
«È stato bravissimo, ha vinto tutto. Ma anche qui me ne faccia dire tre…»

Molto volentieri.
«Mancini è stato fondamentale per riportare l’Inter alla vittoria, ha rotto un periodo di astinenza. E Leonardo per la sua intelligenza».

L’allenatore che non ha potuto prendere?
«Zeman. E sa perché?»

No.
«Lo cercai al telefono, non rispose, temendo uno scherzo. La situazione poi cambiò, sa quelle cose improvvise, e il suo arrivo non poté concretizzarsi. Ma lo stimo molto, ha delle idee rivoluzionarie».

La nuova proprietà dell’Inter deve confermare Mancini?
«Credo proprio di sì: è stata una stagione difficile, tormentata per Mancini. Troppi problemi, troppe situazioni poco chiare. In un’Inter radicalmente cambiata a livello societario, Mancini può rappresentare un punto fermo a livello tecnico. Certo che la prossima stagione deve rappresentare una svolta anche nei risultati».

Valutazione sull’Italia?
«Conte è bravo. C’è tanto scetticismo sulla squadra che, oggettivamente, non è fortissima. Ma in un torneo breve, la squadra azzurra può trovare risorse impreviste».

Su Ventura nuovo c.t.:
«Mi piace, le sue squadre giocano un buon calcio».

La prima mossa della proprietà cinese dell’Inter?
«Affidare la responsabilità dirigenziale a un uomo collaudato, di esperienza, che conosca non solo il calcio italiano, ma anche il territorio, Milano, i tifosi. Oltre non vado».

In futuro un terzo Moratti alla guida dell’Inter?
«Nessuno avrebbe detto che io avrei preso l’Inter da Pellegrini nel ’95. Nemmeno mia moglie. Il futuro? Perché no? Ho cinque figli innamorati dell’Inter».