Protesta silenziosa della NordPremessa: non ho visto la vittoria dell’Inter contro lo Sparta Praga. Credo di essermi perso l’equivalente di un comizio di Adinolfi: quindi niente. Mentre ero al lavoro in redazione, però, ho visto nella chat di Interdipendenza una fotografia: quella relativa alla contestazione della Nord. Uno striscione (4 sconfitte in 5 partite: questo è quello che vi meritate per il vostro impegno indecoroso… Vergognatevi!) e una curva vuota. Mi sono fermato un attimo. Ho guardato e riguardato i seggiolini spogli di tifosi e ho avvertito una morsa allo stomaco: come se mi avesse appena dato un pugno Mike Tyson, il primo Tyson (ovviamente) non quello in versione “Rocky Balboa”. Questa squadra ha perso la dignità contro l’Hapoel, facendosi rimontare da una formazione che in serie B inglese lotterebbe per salvarsi. Si è fatta spazzare via dal campo in sei minuti, l’equivalente di una partita alla PlayStation, dal Napoli del ‘Comandante’ Sarri. Prima ancora si era fatta travolgere proprio a Praga e aveva accuratamente evitato di impegnarsi per mandare via Frank ‘eratuttacolpasua’ De Boer contro la Sampdoria. Pensavo, fino a giovedì sera, che avessi già dovuto patire le peggiori sconfitte di questa stagione già maledetta. Invece no. Il peggior modo di contestareLa più tremenda si è materializzata davanti ai miei occhi quando ho visto quella fotografia. La fotografia di una partita senza i tifosi “più caldi”. Riuscire a tenere lontano dallo stadio la seconda componente fondamentale del calcio, dopo quel pallone che rotola, è il peggiore dei ko per questo gruppo, che verrà fortunatamente ricordato quanto un comizio di Gasparri: quindi non verrà ricordato. Perché un calcio senza tifosi è come la musica senza le note. Due mesi e mezzo fa – non una vita fa, eh – questi giocatori ci avevano fatto esaltare, sì ora non facciamo i finti tonti perché quella sera eravamo tutti esaltati, battendo la Juventus. Poi? Poi hanno iniziato a darci schiaffoni che ne bastavano la metà. Se c’è stato questo decadimento della luna di miele è colpa loro. Perché non è tanto il 3-0 di Napoli, il 3-2 rimediato in Israele che deve far riflettere questo gruppo: è vedere quella curva vuota.“Guarda che abbiamo vinto con la Fiorentina, sei il solito catastrofista” mi fa notare un mio collega impiccione, che sta leggendo mentre scrivo. E’ vero. Ma è anche vera un’altra cosa: abbiamo giocato venti minuti (i primi) irripetibili, poi nuovamente siamo scomparsi dal campo. E complici una squadra votata più di noi al martirio e un arbitro distratto siamo riusciti a sfangarla. Ed è per questo che la vittoria contro la Fiorentina ha lo stesso spazio nella mia memoria dell’ultimo album di Gigi d’Alessio: quindi non ha spazio. Se anche la Nord gli ha voltato le spalle non c’è da stupirsi. Vuol dire che in questi due mesi e mezzo quella grinta non l’abbiamo più vista.“Il Meazza è il mio stadio preferito perché tifo l’Inter, un’emozione indescrivibile, sono contento per la fiducia che mi ha dato il mister e la società. Se avrò altre opportunità? Non lo so, io cercherò di essere pronto, quello che deciderà la società per me andrà bene, ci fossero occasioni come queste sarei contento, ma va bene cosi. Un centravanti deve fare gol, ma capita di non segnare e ci si mette a disposizione della squadra. Oggi non mi aspettavo nemmeno di giocare, mi è sempre piaciuto aiutare la squadra e io cercherò sempre di migliorare. Palacio? Un giocatore fantastico, dentro e fuori dal campo, ma come tutti gli altri, ma tutti i giocatori mi hanno dato una grande mano e tanti consigli e questo mi ha fatto piacere. A chi mi ispiro? Il mio idolo è Mauro Icardi. Quando mi hanno detto che avrei giocato? Prima di salire sul pullman, un’ora prima della gara”. Queste sono le parole di un ragazzo dal talento cristallino che, in quella che è stata la “sconfitta più amara”, una partita senza tifosi, ha esordito con i colori dell’Inter. C’è più interismo in queste dichiarazioni che negli ultimi quattro campionati della prima squadra. Imparate. Imparate da Andrea Pinamonti. Ah, un avvertimento: vediamo di non venderlo come abbiamo fatto con Pirlo e Seedorf. Ricominciate a portare i tifosi allo stadio, tenendo stretti chi tifoso lo è per davvero. Come Andrea Pinamonti. E non solo. Mercoledì sera ho partecipato alla cena di Natale dell’Inter Club Grange Neroazzurre, il club della mia città. Quando sono arrivato, ho sentito qualcuno dire: “Vado a San Siro, domani”. L’ho guardato con gli stessi occhi con cui guarderei Scarlett Johanson, vestita da vedova nera degli Avengers, che mi fa l’occhiolino e mi invita a bere un paio di pinte. Perché la curva vuota è una sconfitta per tutti, ma quei tifosi che non mollano mi (e ci) ricordano che c’è sempre speranza.Matteo Gardelli