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Meteore Nerazzurre: Darko Pancev, da scarpa d’oro a bluff nell’Inter

Il macedone che sembrava brasilianoPossono dei fischi riscrivere in negativo la storia di un calciatore che ha appena vinto la Coppa dei Campioni, la Scarpa d’Oro ed è arrivato secondo nella classifica del Pallone d’Oro? Possono. Possono soprattutto se i fischi sono della San Siro nerazzurra e il protagonista di questa storia è Darko Pančev, macedone di Skopje, classe 1965, che con la maglia dell’Inter passerà dall’essere ‘Cobra’ a essere ‘Ramarro’. E’ il 13 settembre 1992. Al Giuseppe Meazza si sta giocando Inter-Cagliari: ‘Il Cobra’, perché fino a quel momento Darko Pančev, grazie ai suoi 84 gol in 92 presenze con la maglia della Stella Rossa, era ancora ‘Il Cobra’, si divora un gol fatto dopo esser stato splendidamente servito da Nicola Berti. San Siro – a volte troppo frettolosamente pretenzioso – non gradisce. Eppure Pančev, in quella partita, dà pure l’assist a Bergomi per la rete del provvisorio 2-0 (finirà 3-1, a segno anche Bianchi e Shalimov e super gol di Olivera per i sardi).Fermiamoci un attimo, però. E’ doveroso. Perché la carriera del centravanti macedone va giustamente divisa in due parti: la prima, ricca di successi, la seconda tutt’altro. Furono davvero così tanti i dispiaceri raccolti da Pančev che, alla fine, disse: <>.Il Mondo cambia assieme al calcioFermiamoci, dicevamo, e torniamo indietro. E’ un mondo che ha iniziato un lungo processo di trasformazione, forse non ancora concluso ancora oggi, quello che accoglie Darko Pančev il 7 settembre 1965. A gennaio gli americani paracadutano le prime bombe sul Vietnam del Nord e a inizio marzo inviano poi le prime truppe nel Vietnam del Sud. Il presidente Johnson le incrementerà ulteriormente nei mesi successivi. Alla fine del conflitto, dieci anni più tardi, la conta dei morti supererà tristemente il milione. Ma gli Stati Uniti, a febbraio, fanno i conti con un omicidio “diverso dagli altri”: a New York viene assassinato Malcolm X, il leader dei musulmani neri. “I diritti umani sono qualcosa che avete dalla nascita. I diritti umani vi sono dati da Dio. I diritti umani sono quelli che tutte le nazioni della Terra riconoscono” è il suo testamento che, ancora oggi, non tutti (purtroppo) condividono alla lettera. E proprio con una lettera, a settembre, Fidel Castro annuncia che chiunque voglia può emigrare da Cuba agli Stati Uniti. E nel settembre del 1965 Skopje fa parte della Repubblica Socialista Federale di Yugoslavia agli ordini del maresciallo Josip Broz Tito. Proprio a Skopje, Pančev inizia a muovere i suoi primi passi su un campo da calcio e proprio a Skopje ottiene il suo primo contratto importante: è il 1982 e il giovane Darko firma con il Fudbalski Klub Vardar 1947 (attualmente la società più titolata con nove campionati e cinque coppe di Macedonia). Fra il 1982 e il 1988 totalizzerà 151 partite, segnando 84 gol. Numeri che impressionano tutta la Jugoslavia. E da Belgrado arriva l’offerta che farà di Pancev un giocatore di livello europeo: lo vuole la Crvena Zvezda (la Stella Rossa). Ma non è una Crvena Zvezda come le altre: perché è quella che sta allevando una generazione di fenomeni del calcio slavo, una generazione composta dai Savićević, dai Mihajlović, dai Prosinečki e dagli Jugovic. Secondo molti esperti del calcio balcanico, quella è una generazione irripetibile: proprio come quella dei Ferenc Puskás in Ungheria. Una generazione che, mentre il loro paese si avvia verso una delle più sanguinarie guerre che la storia recente dell’uomo ricordi, scrive una pagina indimenticabile: il 29 maggio, a Bari, dopo aver battuto in finale l’Olympique de Marseille, alza infatti al cielo la Coppa dei Campioni. Non è stata sicuramente la più bella finale che la manifestazione ricordi, visto che termina 0-0 e si decide ai calci di rigore, ma non importa. Proprio Pančev (che intanto aveva già segnato buona parte dei suoi 84 gol con la maglia della Stella Rossa) realizza il penalty decisivo. Il giocatore del momento, per il Presidente dell’InterE’ il giocatore del momento. Così il presidente Ernesto Pellegrini, nell’estate del 1992, come detto, decide di regalarlo al nuovo tecnico dell’Inter, Osvaldo Bagnoli: che, dopo aver vinto lo Scudetto con il Verona, aver portato il Genoa a una storica semifinale di Coppa Uefa (espugnando durante il percorso, prima squadra italiana a farlo, l’Anfield Road di Liverpool). Purtroppo nè lui, nè Darko ripeteranno le imprese con i colori nerazzurri. Tanto è vero che l’attaccante di Skopje non riesce proprio a giocare come faceva con la maglia della Crvena Zvezda: segna il suo primo gol solo il 31 gennaio 1993 contro l’Udinese. Resterà l’unico con la maglia dell’Inter. Dopo una stagione 1993-1994 incolore e un inizio di successiva non ancora all’altezza, viene mandato in prestito al Lipsia, in Germania, dove realizza 2 gol in 10 partite. Ritorna a Milano, ma è ancora un fallimento: 7 presenze e 2 gol. Si trasferisce di nuovo in Germania al Fortuna Düsseldorf e poi chiude la carriera nel Sion. Chissà come sarebbe andata senza quei fischi…Matteo Gardelli