Come vivere felici amando l’Inter (nonostante Zapata e Orsato)
Uno scrittore contemporaneo spagnolo, Javier Marías, ha detto che “ L’ideologia, la religione, la moglie o il marito, il partito politico, il voto, le amicizie, le inimicizie, la casa, le auto, i gusti letterari, cinematografici o gastronomici, le abitudini, le passioni, gli orari, tutto è soggetto a cambiamento e anche più di uno. La sola cosa che non sembra negoziabile è la squadra di calcio per cui si tifa.”
Parole che fanno Cassazione sulla illogicità dei comportamenti umani, anche di persone di alto rango, quando si parla di calcio e della squadra amata, mondo regolato da consapevole infantilismo e da una logica illogicità. Il mondo interista ed i suoi tifosi sono talmente consapevoli di questa irrazionalità dominante da aver condensato il suo significato nell’inno ufficiale della squadra.
Dentro questo universo nerazzurro si muove un manipolo di tifosi che vivono in Toscana, individui ora diversamente giovani, nati e cresciuti con il virus nerazzurro, convinti assertori delle parole di George B.Shaw secondo cui “l’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare”. Le fonti dicono che i loro comportamenti sociali sono sempre stati caratterizzati da correttezza e raziocinio, ma con la vecchiaia incipiente, con la devastante (per loro) scoperta dei social media, con l’aumento degli effetti diretti e collaterali della suddetta malattia virale, hanno individuato nelle parole di George B.Shaw un antidoto naturale ai reumatismi ed al catetere.
Hanno così iniziato ad esternare i già pesanti effetti del tifo nerazzurro a mò di gioco, da giocare in ogni momento libero della giornata, in un mirabile quanto folle tentativo di fermare l’arrivo della vecchiaia. Una vera sindrome di Peter Pan, vissuta quotidianamente attraverso scaramanzie infantili, parole d’ordine ripetute come le filastrocche per individui problematici, preghiere rivolte a Santi (Beppino e Giacinto) che la Chiesa non ha mai riconosciuto tali, pochi e scarni richiami alla realtà della vita regolarmente sbeffeggiati. Chi li frequenta, per amicizia o per parentela, se dapprima pensava di avere a che fare con una progressiva degenerazione geriatrica dei pochi neuroni loro rimasti, col passare del tempo se ne è fatto una ragione, anche in considerazione della dimostrata assenza di elementi di pericolosità.
Chi scrive può in qualche modo asserire di conoscerli abbastanza bene; e la conclusione, strana ma entusiasmante, cui si perviene frequentandoli è che ha ragione G.Bernard Shaw ed hanno ragione loro! Il gioco allunga la loro giovinezza, stimola (anche troppo) una creatività intellettuale che altrimenti andrebbe dispersa, sviluppa il senso dell’amicizia e il senso critico (ove mai i tifosi nerazzurri ne avessero bisogno), anche in un fase della vita in cui di solito dominano interrogativi sugli effetti del Viagra o se veramente il lato B della Boschi sia da tutela del patrimonio dell’umanità. In buona sostanza, li aiuta a sentirsi felici con poco. Avendo chiaro il contesto di cui discutiamo, viene naturale chiedersi: esiste ricchezza più grande al mondo d’oggi?
di Mario Spolverini