La nuova figura manageriale di Suning
L’arrivo all’Inter di Walter Sabatini apre scenari del tutto nuovi nel panorama della gestione dei club calcistici.
L’ex DS giallorosso è ora a capo dell’impero calcistico del gruppo Suning, con la mission di sviluppare sinergie tra le varie realtà (Inter, Jiangsu e le società satelliti di entrambe), far crescere la realtà cinese, ricostruire la solidità del gruppo dirigenziale nerazzurro per riportare obbiettivi ( e soprattutto risultati) di livello europeo dalli parti di Corso Vittorio Emanuele.
Un giocatore in comproprietà tra più società era normale fino a qualche anno; un dirigente di vertice con responsabilità dirette su più club era invece una figura ancora sconosciuta al calcio moderno.
E chi poteva aprire questa strada se non un gruppo globale e innovativo come Suning? E soprattutto, chi poteva essere il primo ad interpretare questa mission se non Sabatini?
Si, perché un impegno del genere non è una passeggiata di salute, c’è materia sufficiente per far tremare le vene al più scafato dei manager nostrani.
Il personaggio
Non pensiamo che il gruppo Suning si sia lasciato accecare dai circa 200 milioni di plusvalenze realizzate dal manager nel suo periodo romano con le cessioni dei vari Marquinhos, Pjanic, Benatia, Gervinho ecc.
Vogliamo piuttosto pensare che Mr.Zhang sia rimasto folgorato non solo dall’uomo di sport ma anche dal personaggio, dall’uomo. Da ex giocatore considera Liedholm il suo maestro più importante. “ Ero forse l’unico che riusciva a farlo arrabbiare, perché facevo tutto il contrario di quello che mi diceva”.
Un ribelle nella vita e nel pallone, uguale a tutti i suoi colleghi ma anche a nessuno di loro; si considera perennemente disconnesso avendo la mente di sinistra ed il corpo di destra. Legge Gabriel Garcia Marquez, dice di aver sempre avuto poco rispetto per la sua vita ma anche una sorta di adorazione delle sue capacità psicofisiche.
Conosce la mente degli uomini del calcio e anche quella delle donne, in special modo delle mamme di molti giocatori, spesso più determinanti dei procuratori nella carriera dei figli. “Pensavo di poter far tutto e lo penso ancora oggi, tant’è che sono un suicida senza successo” dice ancora oggi di sé stesso, con particolare riferimento al sesso, che considera fonte di avidità e arroganza, dunque di successo.
L’uomo di sport
Perennemente connessa, al contrario, è la sua conoscenza del calcio e di chi lo deve giocare: è lui a scoprire gioielli come Kolarov, Lichtsteiner, Ilicic, Pastore, Hernandez, Lamela, Marquinhos.
Li guarda, li squadra, li setaccia, trova la pietra preziosa, la lucida, la porta a casa e poi la rivende a prezzi iperbolici una volta che tutto il mondo si è accorto di essere arrivato secondo dopo di lui.
Uomo di mercato come pochi, con una conoscenza di migliaia di calciatori sviluppata nel corso della squalifica di circa due anni tra il 2003 ed il 2005 passata a guardare filmati di giocatori più o meno sconosciuti per 18 ore al giorno.
Considera i procuratori un male necessario, uno strumento di lavoro; sostiene di non aver mai accettato neanche un caffè da uno di loro perché “non sono una mammoletta, ma considero normale l’onestà”.
Non difetta certo di autostima, il neo manager Suining: “Non sono contro la scienza, la modernità, ammiro la logica, ma se a dettare le scelte del mio lavoro è un programma, un software che tratta gli uomini come numeri e come pezzi di ricambio non ci sto.
Non si tratta di lottare contro Big Data o il Grande Fratello, i numeri sono utili, bisogna tenerne conto, ma l’intelligenza artificiale applicata al calcio ha bisogno di mediazioni. Se devo comprare qualcuno e sbilanciarmi deve poter contare anche il mio occhio e la mia riflessione”.
Tutto si potrà dire di Sabatini ma non che non ci mette la faccia. Qualche tempo fa ha detto che “se nel calcio non si insegue l’utopia meglio cambiare lavoro”. Da quanto tempo all’Inter non si sentivano parole simili?