Il “Bel Gioco” in Italia. Diamo a Cesare quel che è di Cesare, per favore.
Indice dei contenuti
1 Bel Gioco, partita, incontro … e Trofei?2 Il Tiki Taka (visto dai miei occhi)3 “Che vada a quel paese!” (non il nostro)4 E’ successo anche a noi5 Mourinho: pragmatismo in carne ed ossaBel Gioco, partita, incontro … e Trofei?
Da quando nell’orizzonte calcistico è apparso Pep Guardiola non si parla d’altro che di bel gioco. La sua filosofia calcistica ha ammaliato anche i più scettici. Lo si trova ovunque – il bel giuoco; in un discorso al chiosco delle salamelle fuori San Siro, tra un boccone e una macchia di maionese; alla fermata del bus, nei banchi di scuola, blog, siti, giornali. L’Italia in particolare, sempre avvezza ad esaltare l’erba del vicino, ha finito per esserne contagiata. Almeno a parole, con salotti sportivi rifioriti di esteti del pallone senza alcuna esperienza di gioco.
Il Tiki Taka (visto dai miei occhi)
Per quanto mi riguarda, trovo il “Tiki Taka” – nome ufficiale del ‘Guardiolesimo’ – come un prurito eterno a cui non si può porre fine. Decine e decine di minuti di gioco fatte di passaggi elementari, senza acuti né colpi di scena, con gli avversari costretti a rincorrere la palla come cani ai parchi pubblici. Un torello che irrita l’avversario e lo porta allo sfinimento. Stessa sorte tocca al telespettatore. Con qualche birra in circolo, tra una sonnecchiata e l’altra non capisce in che fase della partita si trova. Palla al mediano che la gira in fascia e si torna indietro. Calci piazzati mai sfruttati, mai un tiro dalla lunga distanza. Una ragnatela infinita di passaggi in cui se non si ha Messi il risultato è ‘incartarsi’ da soli.
“Che vada a quel paese!” (non il nostro)
Non è per tutti (fortunatamente). Specie per la Serie A, terra di difesa e contropiede. Tutto d’un tratto la nostra caratteristica più marcata – il gioco di rapina, fisico e tattico – viene malvista da tutti. Snobbata dai tifosi. Per di più vogliamo far bel gioco con interpreti assolutamente inadatti. Un po’ come andare a Masterchef perché si sanno tagliare le cipolle.
Dopo il sesto (SESTO!) scudetto di fila della Juventus ho sentito dire che però, d’altro canto, è il Napoli la squadra che meglio gioca in Serie A. Nonostante definire brutto il gioco della Juve sia qualcosa di opinabile, vorrei sottolineare quanto aggrapparsi al bel gioco sia l’alibi dei perdenti. Arrivare secondi, terzi o tutto ciò che non sia primi è come la famosa Volpe che non arriva all’uva. Pur non giocando “bene” la Juve ha ‘piallato’ chiunque. Il numero di passaggi non porta sempre (Barcellona a parte) a trofei.
E’ successo anche a noi
Il miraggio del bel gioco ha abbagliato anche la dirigenza interista, contrattando Frank de Boer ad Agosto. Con epilogo che tutti conosciamo. E’ un calcio che nello Stivale nessuno comprende, se non con anni di purgatorio ed esperimenti falliti. Dovremmo metterci in testa che si possono avere interpreti più estrosi e creativi, ma la palla va comunque buttata dentro; la difesa deve difendere, e i centrocampisti trovare il taglio velenoso, non di certo il passaggio da lato a lato. E un ‘di più’ che ci si può permettere, ma non la conditio sine qua non di una squadra vincente.
Mourinho: pragmatismo in carne ed ossa
Mi ricordo Mou che fece del pragmatismo la filosofia del Triplete: Eto’o galoppava in fascia, Samuel e Lucio mordevano le caviglie e spazzare. E il gol di Eto’o – sempre lui – a Londra, contro il Chelsea, a dimostrazione. Due passaggi: palla sontuosa di Snejider e gol del camerunese. Partita vinta.
Se si vuole fermare il dominio bianconero si deve tornare allo spirito pratico che sempre ci ha caratterizzati. Ed è un monito rivolto a tutte le società che stanno rendendo la Serie A un campionato noiosissimo. A tutte quelle squadre che nell’ostinata ricerca del bel gioco (Fiorentina, Napoli, Lazio, Inter e Milan) hanno perso pragmatismo calcistico. Alle dirigenze poco ambiziose ed interessate al fatturato, che vendono i propri campioni alla big di turno – la Juve.
I tifosi, d’ogni fede calcistica, si aspettano un campionato aperto fino alla fine. E quello di quest’anno, con coppe varie, salvezza e retrocessione decretate già ad Aprile, è stato uno scempio per chi, oltre che parlare di calcio, vuole emozionarsi ancora.