Strane cose accadono nelle famiglie di interisti

Indice dei contenuti

1 Una famiglia sana ma….interista1.1 Il figlio degenere…1.1.1 Il padre regge la parte1.1.2 La data fatidica1.1.3 Sulla via di Damasco1.1.4 All’alba della domenica più bella al Meazza, insiemeUna famiglia sana ma….interista

Un padre consapevole sa sempre, o quasi, quali sono i punti deboli e quelli di forza dei figli.
Su quelli agisce per spronarli, richiamarli, punirli, per instillare loro fiducia, autostima o per mettere un freno ad atteggiamenti sbagliati.
Ma spesso e’ vero anche il contrario. Un figlio vispo e intelligente sa quali corde toccare per suscitare l’interesse dei genitori.
Ho conosciuto bene un papa’ attento, premuroso, che conosceva l’arte di come prendere i figli.
Sapeva quando era il caso di dire loro di no, doloroso ma indispensabile per la crescita corretta dei pargoli.
Nella vita era ed è tuttora una persona di ottimo livello, umano e professionale, con un solo punto debole, ben conosciuto in famiglia: l’amore per l’Inter.
Una passione al limite dell’insano.
Tanto per inquadrare il soggetto, di lui si racconta che in gioventù fosse solito fare un complimento particolare all’allora fidanzata, poi diventata moglie.
“Sei bella” gli diceva, e mentre lei abbozzava un sorriso felice, finiva la frase “…quasi come un gol di Altobelli alla Juve…”.
Se andava bene partiva una risata.
In altre occasioni dal complimento si passava al vaffa o a minacce di ritorsioni femminili ben piu “dolorose” per un giovane focoso e innamorato.

Il figlio degenere…

Questo papa’ un giorno dovette punire il figlio, adolescente interista anche lui, per una marachella scolastica (siamo a fine 2008, i tempi sono importanti per capire bene la vicenda).
Niente di grave, ma occorreva dare un segnale forte. “Un mese senza la playstation”, fu la sentenza paterna.
Troppo per un giovanissimo dal carattere già temprato, che tutto si immaginava fuorchè un supplizio del genere.
E in quel momento scattò immediata la repressione feroce e sanguinosa del giovanissimo reo.
Guardò il padre negli occhi e con un sibilo uguale a quello del cobra, colpì a sua volta.
“Un mese senza la playstation?…E io divento per la Juve”.
Fu il gelo. Quelle mura non avevano mai dovuto sentire offesa familiare più immonda.

Il padre regge la parte

Ma il papà si rese conto che non poteva aprire uno scontro, doveva solo tenere il punto in nome dell’autorevolezza paterna.
E cosi fu. Per più di un anno padre e figlio parlarono di tutto ma quasi mai di calcio.
Il giovane cercava ogni tanto lo scontro, ma erano anni bui per la sua “asserita” squadra del cuore (rectius, dell’orgoglio ferito).
Il genitore faceva finta di non sentire.
Era chiaro tuttavia che il ragazzo era ancora preda di un attacco di orgoglio viscerale che lo spingeva a proseguire la farsa pur di reggere il punto nei confronti del padre.

La data fatidica

Si arriva cosi al pomeriggio del 22 maggio 2010.
Il papa’ in quei mesi si era fatto tutta la cavalcata; a Londra coi Blues, a Barcellona nell’apice della sofferenza, tutte le gare interne al Meazza.
Ma il biglietto per Il Bernabeu era rimasto un sogno. E cosi, smoccolando per non essere a Madrid, contava i minuti che mancavano alla finale.
L’appuntamento era per le 19 con gli amici storici, a casa di uno di loro; due stuzzichini un mojito e poi….solo il principe Milito.
Nel pomeriggio, la prima sorpresa: “babbo posso venire a vedere la finale con voi?”
Come dire di no? La parabola evangelica del figliol prodigo già risuonava nella testa del genitore insieme a Pazza Inter Amala (accostamento quasi blasfemo, ma tant’è…).
Telefonata all’amico padrone di casa, che conoscendo la storia evita il classico “fuori i gobbi da casa mia, soprattutto stasera” e annuisce.

Sulla via di Damasco

Già durante i 90′ della finale il giovinotto aveva dato chiari segni di resipiscenza, scatenando l’ilarità dei presenti .
Al triplice fischio di Webb, la folgorazione, come San Paolo sulla via di Damasco: “babbo io vado a Milano ad aspettare i ragazzi e la coppa a San Siro”.
Il padre ci ha confessato che il primo istinto fu quello di rispondergli :”ma dove c***o vai? A San Siro casomai ci vado io!!
Ma già aveva i neuroni disastrati dalla gioia, i lucciconi agli occhi per la coppiola del principe del Bernal; fu così che il “vecchio” papà interista si sciolse in un pianto infantile e dolcissimo .

All’alba della domenica più bella al Meazza, insieme

Finirono di festeggiare con gli amici e poi via a insieme a Milano.
Alle sei della domenica mattina più meravigliosa degli ultimi anni, erano al Meazza abbracciati e uniti come non mai a cantare a squarciagola “siamo noi siamo noi i campioni dell’Europa siamo noi”.
Intorno a mezzogiorno tornarono a casa.
La moglie e la mamma “piu bella di un gol di Altobelli alla Juve” almeno quella volta evitò di commiserare il coniuge.
L’unita familiare nerazzurra era stata di nuovo sancita.