Massimo Moratti : quando la passione conta più dei bilanci

Indice dei contenuti

1 Massimo Moratti : una famiglia tra amore per l’Inter e per Milano1.1 La passione al di là delle teorie aziendali1.1.1 L’Inter non è mai stata un’azienda1.1.2 Un tempo che resterà indimenticabile, nelle luci e nelle ombre1.1.3 Ora è il tempo di bilanci e programmazione1.1.4 Un ricordo personaleMassimo Moratti : una famiglia tra amore per l’Inter e per Milano

Un momento di vita familiare descrive con una sola pennellata la filosofia di Massimo Moratti presidente dell’Inter.
Giusto vent’anni fa, nell’estate del 1997 stava comprando il Fenomeno Ronaldo.
Milano era in subbuglio, quella sportiva e quella dell’economia.
50 miliardi delle vecchie lire (oggi non bastano per tale Schick) facevano scalpore.
Moratti si era ripreso l’Inter da Pellegrini due anni prima; i risultati del primo biennio erano stati a dir poco deludenti.

Non si può dimenticare che la storia di Massimo Moratti e della sua famiglia è quella di una dinastia che si riallaccia profondamente alla vita della sua città.
Moratti non è Agnelli perché Milano non è Torino.
A Torino tutto gira intorno al mondo FIAT; a Milano la ricca borghesia è pluricentrica e diversificata.
E la borghesia milanese, almeno quella fetta nella quale i Moratti si riconoscono più da vicino, ha sempre avuto un grande animo solidale.
Chiusa parentesi.

La passione al di là delle teorie aziendali

La moglie di Massimo Moratti, Milly, percepiva il mix di entusiasmo e timore del coniuge per l’operazione di mercato forse più clamorosa fino a quei tempi.

La leggenda nerazzurra narra di un brevissimo scambio di battute tra il Presidente e la moglie prima dell’ufficializzazione dell’acquisto del Fenomeno:
“Massimo, 50 miliardi per un giocatore, non ti sembrano esagerati? Con tanta gente sfortunata che c’è in giro…
“ E chi è più sfortunato degli interisti in questo periodo?” la fulminò il Presidente.
La moglie capì che ormai il dado era tratto.
In queste poche parole a nostro avviso sta tutta la grandezza (per molti altri il limite) di un Presidente che ha fatto la storia dell’Inter.
L’amore sconfinato per quei colori che induce a scelte coraggiose, dettate dall’entusiasmo del tifoso, con la razionalità aziendalistica dell’imprenditore lasciata dietro la porta.

L’Inter non è mai stata un’azienda

Piaccia non piaccia, questo è stato il Moratti presidente, che non ha mai considerato il calcio un’azienda, tantomeno nel caso dell’Inter.
Nel calcio di Moratti non c’è stato tempo per i bilanci, solo per l’entusiasmo di essere il Massimo rappresentante di quei colori.
Per lui ogni settimana o addirittura ogni tre giorni, c’era una verifica e il risultato di una partita contava quanto un’analisi dei conti.
Non esisteva la programmazione a medio o lungo termine.
E poi c’erano i tifosi, con i loro sogni, le loro speranze, le loro aspettative.
Moratti era solito dire che fossero loro i veri padroni dell’Inter.
Per questo anche ai tempi di Angelo Moratti, per tutta la famiglia l’Inter è sempre stata soltanto una passione.
E proprio per questo guidarla è stata per lui anche una grande sofferenza, che andava al di là di quella del tifoso, perché ne aveva la piena responsabilità.

Un tempo che resterà indimenticabile, nelle luci e nelle ombre

Anche per i tifosi il tempo di Massimo Moratti è stato un tempo magnifico, nei giorni bui e in quelli illuminati dalla luce accecante dei trionfi.
Sono stati proprio i giorni tristi delle sconfitte meritate e soprattutto di quelle che poi i tribunali hanno riconosciuto immeritate, che hanno fatto capire quanto sarebbe stato bello il momento della riscossa, quando sarebbe arrivato (cit.Beppe Severgnini).
Con il Triplete Massimo coronava il sogno di raggiungere le vette del padre Angelo.
Il post 2010 lo conosciamo tutti.

Ora è il tempo di bilanci e programmazione

Ora il calcio è cambiato, ora c’è il FFP e l’esigenza di dare priorità ai bilanci, alla programmazione, alla pianificazione di ogni movimento economico.
E’ giusto così, dato il mutare dei tempi.
Ci auguriamo solo che i teorici della partita doppia sappiano dare al popolo nerazzurro le stesse emozioni che ci ha regalato la famiglia Moratti.
Qualcuno pensa che la storia nerazzurra, ineluttabilmente, porterà ad un giorno in cui un Moratti ritornerà a guidare l’Inter.
Magari si chiamerà Angelo Mario o come sarà.
Potremo tacciarlo di essere fuori dal tempo, inguaribilmente nostalgico e antiaziendalista; ma questo qualcuno avrebbe dalla sua tante buone ragioni, visto il passato recente e quello più lontano.

Un ricordo personale

Non possiamo chiudere questa riflessione senza un ricordo personale.
Chi scrive era a Stamford Bridge la sera del trionfo sul Chelsea nella Champions del Triplete. In curva ma vicinissimo al rettangolo, appena dietro la porta dove Eto’o la mise all’angolino.
Al termine della gara Moratti, con gli altri dirigenti, fece il semigiro del campo per rientrare negli spogliatoi.
Giunto sotto la curva nerazzurra (pazza di gioia è riduttivo), si fermò ed iniziò a saltare e a festeggiare come uno di noi.
La distanza non era proibitiva, si potevano intravedere i suoi occhi.
Non erano solo gli occhi di un Presidente felice, erano soprattutto quelli di un uomo felice.
E la differenza non è da poco.