In ricordo di Giacinto Facchetti: uomo, capitano, ultimo signore del calcio italiano
Indice dei contenuti
1 Facchetti, uomo e capitano di un altro stile2 In campo e nella vita, nessuna arroganza nessun compromesso3 Il dolore ancora vivo dei tifosi4 Insieme a Scirea, due gigantiFacchetti, uomo e capitano di un altro stile
Oggi dovremo scrivere anche di calcio, di giocatori, di risultati.
E’ la sete di informazione che lo richiede.
E invece in questa giornata vorremmo scrivere solo di Lui che chiuse gli occhi per sempre undici anni fa .
Giacinto Facchetti ci lasciò dopo aver giocato con grande determinazione e umanità anche l’ultima partita.
Lui che aveva calcato e dominato i campi di tutto il mondo, si trovò all’improvviso costretto da un destino infame a scendere nel campo della sofferenza e del dolore.
In campo e nella vita, nessuna arroganza nessun compromesso
Capitano di un Inter meravigliosa e indimenticabile.
Inventore di un modo di interpretare il suo ruolo che cambiò la storia del calcio.
Capitano di onestà e di valore, sempre a testa alta nel campo e nella vita, capitano modesto e generoso, mai arrogante.
Fece appena in tempo a vedere lo scudetto dell’onestà cucito sulle maglie nerazzurre.
Nella sua lettera di ricordo a Giacinto, Massimo Moratti scriveva –“ ti chiedevo un po’ scherzando un po’ sul serio come mai non riuscivamo ad avere un arbitro amico, tanto da sentirci almeno una volta protetti.
E tu, con uno sguardo fra il dolce e il severo, mi rispondesti che questa cosa non potevo chiedertela, non ne eri capace”.
Questo era Facchetti.
E Dio solo sa quanto siamo orgogliosi di lui ancora oggi.
Il destino cinico e baro gli ha impedito di essere protagonista degli anni della rinascita.
Il dolore ancora vivo dei tifosi
C’è un ricordo che ancora, a distanza di tanto tempo, fa venire i lucciconi agli occhi a chi scrive e a tutti i nerazzurri.
La sera del Triplete sarebbe stata anche la sua sera, quella del suo tripudio, delle sue lacrime nascoste con eleganza e signorilità, perché anche le grandi emozioni per lui dovevano essere vissute con modestia e pacatezza.
Massimo Marianella, nella telecronaca della finale del Bernabeu del 2010, disse che “lassù anche Facchetti sta festeggiando…”; in campo c’era il Cuchu Cambiasso con la sua numero tre sulle spalle.
Quanto l’avremmo voluto con noi quella sera, e quella dopo, e quella dopo ancora, e ancora, ancora…!!
I tifosi più attempati ricordano tutto di lui, un bronzo di Riace che viaggiava sulla fascia alto ed elegante come una divinità antica.
Quelli più giovani lo ricordano magari nelle vesti di collaboratore di Moratti, di Presidente dell’Inter.
Insieme a Scirea, due giganti
Tutti però ricordiamo, e ci ricordiamo bene, le parole irrisorie ed infamanti del sig. Luciano Moggi in una famosa telefonata oggetto dei processi di Calciopoli.
Noi che non siamo della pasta di questo signore, vogliamo invece accomunare nel ricordo di Facchetti un’altra bandiera del calcio italiano, scomparso anche lui il 3 settembre del 1989.
Gaetano Scirea, un altro totem del calcio italiano, un altro uomo di campo dalla classe enorme, un altro uomo vero anche fuori dal rettangolo.
Due giganti di cui il calcio italiano di oggi, popolato da schiere di nani e ballerine, avrebbe un gran bisogno.