Inter: non siamo belli, ma siamo lassù e con un diamante purissimo tra le mani
Indice dei contenuti
1 Altri tre punti, difficili, ma tre punti2 Una squadra scolastica3 Rispetto a Juve e Napoli, Inter “operaia”4 Karamoh: un bagliore nel cielo di San Siro5 Guai a farne il salvatore della patriaAltri tre punti, difficili, ma tre punti
Anche con il Genoa un’altra vittoria “sporca”, arrivata dopo mille sofferenze, in extremis, su una palla da fermo e via dicendo.
Se qualcuno pensa che i tifosi interisti siano delusi si sbaglia di grosso.
Ma una volta per tutte dobbiamo chiarirci: vogliamo vedere un calcio scintillante e funambolico? Allora guardiamo il Napoli o il Barcellona.
L’Inter non è fatta di questa pasta, non ha le qualità per accontentare questi esteti del calcio.
Ci sono squadre che nascono con un DNA diverso perché diverso è l’impasto di talento, dinamicità, capacità di imporre il proprio calcio.
L’Inter è un’altra cosa, ed è tuttora una squadra in via di completamento della propria fisionomia.
Con queste premesse, oggi potevamo avere 10/12 punti, invece siamo lì, 16 punti in sei partite, appena due punti sotto la nobiltà del calcio italiano.
E di ciò non possiamo che godere, godiamo come ricci in calore.
Godiamo ancor di più quando sentiamo (e quanti ne sentiremo stasera) i soloni dei commenti parlare di fato, fortuna, lato B del calcio e chi più ne ha più ne metta.
E’ la logica dei tifosi, non può essere che così.
Una squadra scolastica
Ciò detto, l’oggettività vuole che si vedano le cose anche da un’ottica diversa.
Anche oggi l’Inter in molte fasi di gioco non ha giocato a calcio, ha ruminato calcio.
Una squadra scolastica la definiscono alcuni, ma non da superiori, da quarta elementare.
E’ inutile avere quasi il 65% di possesso palla se non sai cosa fartene.
L’interminabile serie di passaggi in orizzontale alla ricerca di un varco che non si è mai trovato, dà il sintomo di quanto questa squadra fatichi a verticalizzare.
E per verticalizzare intendiamo sia nella zona centrale che sulle fasce.
Con grande lucidità Spalletti ha puntato molto, tutto potremmo dire sulle fasce, ben sapendo di non avere un centrocampista con le caratteristiche tecniche e di fantasia per inventare lanci continui e precisi per mettere Icardi in condizione di battere a rete
Rispetto a Juve e Napoli, Inter “operaia”
La brutta prova di Candreva e gli zero tiri in porta di Maurito di oggi sono strettamente collegati.
Per 70 minuti San Siro e i tifosi alla TV hanno rivissuto le stesse sensazioni di Crotone e Bologna.
Mettiamoci anche oggi la compostezza della squadra, intesa come scarsa propensione all’aggressività e il gioco è fatto.
Spalletti ha molto su cui lavorare; la rosa è questa, il cane non c’è (trequartista-incursore, chiamatelo come vi pare) quindi bisogna far abbaiare il gatto.
La disponibilità ad aggredire invece dovrebbe essere l’atteggiamento normale di una squadra che sa di non avere talenti dati dal Cielo e dunque cerca di porre rimedio con altre doti.
Una volta si parlava di squadra “operaia” per identificare gente con piedi non eccelsi ma con cuore e polmoni da vendere.
Rispetto a Napoli e Juve, siamo ancora degli operai da questo punto di vista, senza che ciò debba crearci vergogne o sensi di inferiorità.
E i giocatori per primi devono sentirsi operai, non mega manager, perché in quasi tutti manca la materia prima.
Siamo una squadra di lotta, non ancora di governo, ci arriveremo, ma finchè siamo questi occorre che l’approccio alle gare sia conseguente.
Karamoh: un bagliore nel cielo di San Siro
L’ultima riflessione non può che riguardare la vera, splendida novità dell’Inter di oggi, quel Karamoh che nei pochi spiccioli di partita che ha avuto a disposizione (insieme ad un ottimo Eder per la verità), ha rivoltato le sorti della gara.
Il gol nasce da un suo tiro deviato in corner da Perin; ha fatto alcune giocate sulla fascia ex Candreva che hanno fatto incrociare gli occhi ai laterali rossoblu.
Ha preso una valanga di falli (qualcuno anche cattivo) ed ha massacrato il Genoa costringendo l’arbitro Guida a tirar fuori i cartellini di tutti i colori.
Gol a parte, il ragazzino classe ’98 ha fatto uscire i 55 mila da San Siro con la convinzione di non aver buttato i soldi del biglietto perché hanno visto qualcosa di davvero speciale.
Guai a farne il salvatore della patria
Ora fermi tutti.
Nessuno pensi di aver trovato il salvatore della Patria, nessuno si azzardi a pensare a doti miracolistiche di un giovanotto francese arrivato a Milano nell’ultimo giorno di mercato.
Sarebbe il miglior modo per rovinarlo.
Il ragazzo c’è, ha i colpi e la velocità che il genio del calcio regala a pochi.
Ma ha 19 anni, e vanno gestiti nella maniera migliore.
Caricare sulle sue spalle fardelli di responsabilità fin da stasera sarebbe l’inizio della fine, come già successo tante altre volte dalle nostre parti.
Sappiamo di avere alla mani di diamante dalla luce purissima ma ancora grezzo.
Lasciamolo lavorare, lasciamolo crescere; Spalletti lo segua con attenzione e gli dia il minutaggio necessario a far crescere la sua consapevolezza di poter recitare un ruolo da protagonista in questa squadra.
Solo così le soddisfazioni non mancheranno, né per lui, né per l’Inter né per i tifosi.