La Gazzetta dello Sport non le manda a dire, che stoccate all’Inter
L’Inter punzecchiata sulla rosea
Nell’edizione odierna della Gazzetta dello Sport, il giornalista Luigi Garlando, parla e commenta le gare e l’inizio stagionale delle milanesi.
Si potrebbero condividere alcuni pensieri, ma sicuramente il fatto che il giocar bene porti sempre ad una vittoria è discutibile. La Juventus non esprime un bel gioco come il Napoli, che infatti non ha vinto nulla, così come la Roma. Le grandi squadre devono anche vincere giocando male, aver un bel gioco non dovrebbe essere una condicio sine qua non. E’ vero che i nerazzurri non hanno ancora giocato bene, ma si evince una compattezza di squadra che mancava da molto. Garalando cita l’Inter di Mancini, ma in quella squadra il migliore in campo era sempre Handanovic, con la più alta percentuale di parate e tiri in porta della Serie A. Ora i nerazzurri hanno subito soltanto due gol e sono la migliore difesa.
Ecco quanto riportato dalla Gazzetta dello Sport:
“Nella settimana milanese della moda, Inter e Milan sfilano brutte da far paura. Però i nerazzurri rimediano 3 punti con un calcio d’angolo allo scadere e si appuntano al petto una classifica che abbaglia come un gioiello: terzi da soli a meno 2 da Juve e Napoli. Così alla fine sembra bello anche il vestito. Ma non lo è. Se il vestito è il gioco, ieri le milanesi avevano addosso capi da discount.
Il Milan ha subìto e non ha fatto un tiro in tutto il primo tempo, l’ Inter ha camminato e rovesciato solo cross in area. Azioni sgorgate naturali da una logica di gioco: quasi nulla. Cominciamo dai rifornitori di tessuti. Il gioco si confeziona a centrocampo e questo reparto è stato trascurato sul mercato. I primi due cambi di Montella ieri sono stati Bonaventura e Suso, cioè due ideologi di fascia riadattati in mezzo. Con Kessie in giornata buia, il Milan si è ritrovato incapace di rialzare la palla e farla uscire pulita dalla difesa. È stato messo in scatola dalla Samp e ha dovuto ricorrere alla catapulta di Bonucci. Al posto di spese superflue, serviva terribilmente un’altra mezz’ala di lotta e governo.
Così come serve a Spalletti, che giura di costruirsi in casa il Vidal–Nainggolanpromesso e mai arrivato, ma intanto ruota i suoi interni come il cubo di Rubik senza trovare la combinazione giusta. Tutti troppo uguali, nessuno con il cambio di passo e la giocata letale per creare superiorità al limite. Borja è il play che mancava, ma forse è arrivato troppo tardi, a declino atletico già avviato. Visto che fosforo e che corsa il doriano Torreira? Per dire. È lì, a centrocampo, dove il Napoli ha costruito un’università e dove la Juve ha trovato la giusta linfa per rigenerarsi (Bentancur, Matuidi) che Milano rischia di bruciare i sogni estivi. Passiamo ai sarti. Montella, che dopo la Lazio si è schiantato al secondo vero crashtest, non può più sbagliare contro Roma e Inter. Ha l’alibi dei tanti giocatori nuovi, ma resta il sospetto di un ritardo nel lavoro sulla difesa a 3 e sulle due punte che hanno orientato le scelte societarie. Il baratro di organizzazione tra la Samp del sottovalutato Giampaolo e il Milan di ieri era imbarazzante.
Anche da Spalletti, dopo tre mesi di lavoro senza coppe, era lecito attendersi uno spartito più evoluto. Il record di cross nasconde la difficoltà di arrivare in area in altro modo. Soprattutto perché l’Inter cammina. Come il Milan a Marassi. Perché le milanesi appaiono sempre sotto ritmo? Anche di questo dovrebbero rispondere i sarti. Che sono bravi e qualcosa hanno già fatto, sia chiaro. Nella stagione scorsa Montellaha posto buone basi e ottenuto il massimo; Spalletti ha già imposto una nuova solidità che consente all’Inter di restare compatta nelle difficoltà fino al calcio d’angolo di Skriniar o di D’Ambrosio.
Ma serve un’accelerata nel cantiere perché la Juve feroce del derby ha dato la sensazione di voler dare il primo strappo forte. Gli innamorati di Milan e Inter che si abbonano e riempiono San Siro meritano altro spettacolo e altro furore da parte dei giocatori. L’entusiasmo con cui è stato festeggiato ieri l’esordio di Karamoh spiega bene cosa chieda il popolo: gioia, coraggio, fantasia, voglia di stupire. Pericoloso accontentarsi della bella classifica chiosando «pensa quando giocheremo bene…». Lo si diceva anche per l’ Inter 2015-16 che aveva 15 punti dopo 6 giornate e vinceva solo con un gol di scarto. Poi Mancini arrivò a 24 punti dalla Juve. Meglio trovarlo in fretta il vestito buono. L’abito non fa il monaco, ma il bel gioco fa vincere”.
Fonte: Gazzetta dello Sport