Indice dei contenuti
1 L’ex centrocampista nerazzurro, chiusa la carriera da calciatore si appresta ad iniziare una nuova pagina come allenatore, dopo tante vittorie è il momento di una nuova sfida2 Carriera da allenatore3 Perché non dirigente?4 Il suo ruolo, centrocampista difensivo col vizio del gol5 I suoi “mestri” del calcio?6 I ricordi legati all’Inter ed al triplete7 La differenza tra i veri campionati in cui ha giocatoL’ex centrocampista nerazzurro, chiusa la carriera da calciatore si appresta ad iniziare una nuova pagina come allenatore, dopo tante vittorie è il momento di una nuova sfida
Esteban Cambiasso, amatissimo eroe del triplete nerazzurro si è ritirato dal calcio giocato, ora intraprenderà la carriera da allenatore.
Cambiasso si è raccontato “Al Nuovo Calcio”, parlando della sua prossima sfida come allenatore, tornando anche agli anni del triplete.
Carriera da allenatore
“Ho sempre pensato con la testa da allenatore anche quando giocavo. E ora credo che il passaggio alla panchina per me sia una cosa naturale”.
“Da giovane quando ero in Argentina e avevo vent’anni ho provato ad allenare insieme a un amico una squadra di calcio a 5”.
Perché non dirigente?
“Io sono un uomo di campo. Il passaggio da campo a panchina non è immediato, devi ragionarci sopra. Ho fatto il corso Uefa B tre anni fa. Bisogna sempre lavorare e aggiornarsi, quello che conosci non è sufficiente”.
“Le esperienze da calciatore, ovviamente, sono un vantaggio che noi calciatori di alto livello abbiamo rispetto agli altri. Durante la carriera puoi cogliere tante informazioni che poi ti serviranno in futuro”.
Il suo ruolo, centrocampista difensivo col vizio del gol
“In Argentina ho giocato anche da trequartista, al Real mi sono abbassato un po’. C’erano Figo, Zidane, Ronaldo, Raul più Roberto Carlos che saliva sempre”.
“Dovevo rimanere più dietro, ma non mi ha creato problemi”.
“Leadership? E’ qualcosa di innato, non decidi di essere leader, sono i compagni che lo riconoscono. Devi essere un esempio, una persona che mette l’interesse collettivo davanti al proprio”.
I suoi “mestri” del calcio?
“Quali allenatori mi hanno trasmesso di più? Quelli che mi hanno seguito da piccolo, non me ne vogliano gli altri, sono stati determinanti”.
“L’età che va dai 6 ai 12 anni è quella di massimo apprendimento. Non ti accordi neanche di cosa impari di nuovo ogni giorno”.
“Lì servono le persone giuste. Tutto si può allenare e migliorare, il giocatore deve essere bravo a immagazzinare e tirare fuori le cose al momento giusto”.
“Anche guardare partite su partite aiuta: vedi delle giocate che potresti fare anche tu. L’esperienza è importante: più giochi, più allenamenti fai, più familiarizzi con certe soluzioni”.
I ricordi legati all’Inter ed al triplete
“L’anno del Triplete è stato il quinto di successi importanti in campo nazionale. Eravamo un gruppo di giocatori validi, che aveva già fatto un percorso insieme”.
Poi, si sono aggiunti altri calciatori arrivati, diciamo, a fari spenti”.
“Elementi di grandissima qualità, che avevamo voglia di rivincita. E c’era la giusta mentalità”.
“Ogni calciatore, a suo modo, aveva una sua mentalità vincente, fatta di spirito di sacrificio, di determinazione, di abnegazione. Siamo stati bravi a metterle insieme”.
La differenza tra i veri campionati in cui ha giocato
“Ho giocato in diversi Paesi, qualcosa cambia, ma sono sempre i giocatori a fare la differenza”.
“Ronaldo è di scuola portoghese, ma ha giocato in Inghilterra, in Spagna e interpreta il gioco non in base al Paese, ma secondo le sue caratteristiche, che sono uniche”.
Buena suerte Esteban.
Ci aspettiamo presto, sulla nostra panchina.