Inter: Fassone ha ragione, l’Inter ha bisogno di “uomini forti”. Di certo non lo fu lui

Indice dei contenuti

1 Fassone continua a guardare in casa d’altri2 Tre anni grigi3 Risultati sportivi ed economici da dimenticare4 Troppo facile gestire il quotidiano5 Magari fosse stato lui l’uomo forte, ma non fu cosìFassone continua a guardare in casa d’altri

Il DG del Milan continua ad avere un sacco di tempo per parlare dei problemi dell’Inter invece di guardare quello che succede in casa rossonera.
L’ultima uscita, sulla asserita disorganizzazione della società nerazzurra e sulla necessità di uomini forti, somiglia però ad un autogol clamoroso.
Moratti chiamò l’ex dirigente bianconero (e qui ne avremmo da dire di cotte e di crude al Presidente del Triplete) nel 2012.
L’effetto 2010 era svanito, affioravano le difficoltà economiche, quelle legate ai rapporti con l’UEFA per il FFP, l’impossibilità di rinforzare la squadra per permetterle di restare ai vertici.

Tre anni grigi

Nel maggio del 2012 dunque arriva Fassone, al posto di Paolillo.
Probabilmente in quel momento Moratti stava già pensando di lasciare la società ed aveva bisogno di una figura che sapesse gestire una fase di transizione estremamente delicata come quella che si stava prospettando.
Ciò contemporaneamente alla gestione della squadra, a quella economica, a quella internazionale, senza tralasciare i primi approcci con le istituzioni per il discorso stadio.
Fassone resta in società fino al settembre 2015, quando la gestione Thohir lo sostituisce, anche perché i rapporti con il suo plenipotenzario Michael Bolingbroke, a quanto risultava dalle fonti di informazione, non erano idilliaci.
Qualcuno dei tifosi ha memoria di un risultato positivo raggiunto da Fassone nel triennio del suo “regno”?

Risultati sportivi ed economici da dimenticare

Vediamo i risultati sportivi:
2012-13 Inter nona (nona!!) con 54 punti, due in meno del Catania.
2013-14: Inter quinta a 42 punti dalla Juventus campione d’Italia.
2014-15: Inter ottava, e tanto basta.
Per quanto riguarda i risultati economici, dire che rispecchiano quelli sportivi è forse poco, tanto è vero che a cavallo tra 2014 e 2015 Thohir è costretto a firmare l’agreement con l’UEFA che diventa una vera tagliola per il potenziamento della squadra e che inonda dei propri effetti il futuro nerazzurro fino ad arrivare anche a quest’anno ed al prossimo.
Ad onor del vero la colpa della precarietà economica nerazzurra di quegli anni non è imputabile alla gestione Fassone.
Troppo evidenti i disequilibri finanziari degli anni precedenti e troppo grandi per non ripercuotersi pesantemente sulle gestioni annuali successive.

Troppo facile gestire il quotidiano

Ma ciò detto, al di là della gestione dell’esistente, la direzione generale di Fassone non lasciò segni per la costruzione di una nuova dimensione societaria.
Si prese atto dei limiti imposti dall’UEFA, si firmarono gli accordi e poco altro.
Un top manager di una azienda di altissimo livello che attraversa un momento di difficoltà, come era l’Inter in quel momento, emerge per fantasia, spirito di innovazione, capacità di rivitalizzazione del brand.
Limitarsi a gestire il quotidiano è troppo semplice e troppo riduttivo quando ti trovi una società di prestigio globale come quella nerazzurra.
Sia nei confronti della società stressa che, soprattutto, dei veri azionisti di essa, i tifosi.

Magari fosse stato lui l’uomo forte, ma non fu così

Se Thohir prese la decisione di avvicendarlo con un altro DG, probabilmente avrà avuto le sue buone ragioni, che non possono limitarsi alla difficoltà di rapporti con gli altri dirigenti.
E anche questa non pare cosa da poco per top manager.
Ecco dunque la verità nelle parole di Fassone: l’Inter, soprattutto in quegli anni, avrebbe avuto proprio bisogno di un uomo forte.
La proprietà nerazzurra valutò che Fassone non avesse caratteristiche tali per rivestire quel ruolo così importante e Thohir decise di interrompere il rapporto con il DG.
Un ultima osservazione, da tifosi e per i tifosi: il passato bianconero di Fassone sicuramente non lo aiutò in quegli anni.
L’ennesima dimostrazione che tutto che quello che ha vissuto l’aria della Juventus molto difficilmente fa fortuna alla Pinetina ed in Corso Vittorio Emanuele.
Ricordiamocelo per il futuro.