Calcio italiano: la triste “normalita” dei giocatori a fine carriera…si lamentano pure!

Indice dei contenuti

1 Il convegno dell’AIC2 Parlano gli ex giocatori3 Problemi di salute e pensioni stringate4 Un po’ di buon senso, per favore5 Perché pretendere una normalità diversa?Il convegno dell’AIC

Calcio Italiano: il sito Calcio e Finanza.it propone un interessante articolo sulla vita dei calciatori una volta appese le scarpette al chiodo.
“Quanto guadagna un calciatore dopo il ritiro? Quali prospettive si aprono per coloro che hanno praticato il calcio da professionisti, non solo in Serie A, al termine della carriera?” è la domanda cui dare risposte.
Un recente convegno organizzato a Udine dall’Aic, Associazione italiana calciatori, intitolato «Tempi supplementari, Aspetti traumatici e psicologici del dopo carriera» ha analizzato queste problematiche.

Parlano gli ex giocatori

«Il problema del calciatore moderno, sarà il post carriera» ha detto Damiano Tommasi, Presidente dell’AIC.
Le relazioni durante il convegno hanno evidenziato che “l’ottanta per cento dice di rimanere nel calcio, ma la maggior parte di costoro ricopre incarichi su base volontaria, non remunerata”.
«Io da calciatore spendevo… Ho però avuto la fortuna di essere indirizzato bene dall’Udinese per il dopo. Ho girato il mondo come osservatore, mi sono specializzato. Ragazzi, divertitevi, ma pensate al futuro», ha spiegato Gerolin.
«Viene il giorno in cui si passa dalla bolla dorata alla dura realtà della vita normale», ha osservato Bertotto.

Problemi di salute e pensioni stringate

Durante la giornata “è’ stato messo altresì in rilievo che oltre il 40 per cento degli ex giocatori ha seri problemi di salute, con invalidità per lo più a ginocchia e caviglie. Ci sono quarantenni con problemi da settantenni e le cure costano.
Le regole della pensione sono cambiate, i calciatori professionisti post 1996 andranno in pensione a 66-¬67 anni come i comuni mortali e percepiranno un assegno in base al versato.
«In media sarà di 1500 euro per chi avrà 16 anni e 8mesi di contributi, quota non facile da raggiungere per tutti», spiegano all’Aic. Chi smette oggi, diciamo a 35 anni, e non ha accantonato un patrimonio milionario, deve prepararsi a trent’anni da “uomo normale
”.

Un po’ di buon senso, per favore

Nessuno mette in dubbio le analisi presentate nel corso della giornata di studi, anche perché confermano dati già presentati in altre analoghe occasioni negli scorsi anni.
Tutti sappiamo che la carriera dei giocatori è intensa ma breve.
Suonano però almeno “strane” alle orecchie della gran parte dei tifosi, parole come quelle di Bertotto.
La gente che viene allo stadio, nella stragrande maggioranza, in vita sua non ha mai avuto neanche l’idea di un periodo di “bolla dorata”.
Eppure mandano avanti famiglie e aziende con serietà, grande dignità e attenzione ai conti.
Cure e medicine costano per tutti i cristiani, ed i loro malanni, assai spesso, sono nella media ben più gravi di quelli a ginocchia e caviglie dei giocatori.

Perché pretendere una normalità diversa?

E anche il richiamo alla “normalità” degli anni post sportivi suona non bene.
Perche questi signori penserebbero di meritare un trattamento anormale? Perché hanno calcato campi da calcio di fronte a milioni di spettatori?
E non sarebbe da considerare già questa una grazia del Cielo rispetto a chi vive la sua normalità fatta di giornate in fabbrica, nella scuola, nell’opificio o nello studio?
Insomma, cari signori dell’AIC, studiare e analizzare va bene…lamentarsi un po’ meno.
Fonte:Calcio e Finanza.it