Indice dei contenuti
1 Boninsegna dal Cagliari a San Siro2 L’Inter non vinceva più, lui dominava3 Episodi di vita e di campo4 Gol indimenticabiliBoninsegna dal Cagliari a San Siro
Anche nel 1969 ci fu chi storse la bocca durante il mercato estivo.
Domenghini era uno dei ragazzi di Herrera che avevano regalato agli interisti trionfi europei e mondiali fino a tre anni prima.
L’amore per quei giocatori era sconfinato e quando Domingo lasciò Milano destinazione Cagliari non tutti sorrisero.
Insieme a lui prese la via della Sardegna Sergio Gori, un altro buon giocatore. In cambio arrivò un centravanti cresciuto nelle giovanili dell’Inter poi emigrato in campi minori della B, e infine affermatosi nell’isola, Roberto Boninsegna.
Se Domenghini era uno della Grande Inter, Boninsegna negli otto anni successivi fu il simbolo della squadra e della società.
L’Inter non vinceva più, lui dominava
Non dominava più l’Inter, ma lui si. Dominava in Italia e all’estero.
Un centravanti d’altri tempi, si dice oggi, per fotografare un dominatore dell’area di rigore, uno che magari non partecipa alla manovra più di tanto.
Ma che non aveva bisogno di tanti accorgimenti tattici. Lo schema era uno, palla a Boninsegna, poi ci pensava lui. Un vero padrone dell’area di rigore (cattivo in maniera onesta) quanto bastava per vincere a sportellate ed in elevazione con gente 10 centimetri più alta di lui.
I numeri, 197 presenze e 113 gol nerazzurri non bastano a descrivere quello che fu Bonimba.
La storia del nomignolo è da raccontare. Gianni Brera scambia Roberto Boninsegna per un centravanti dalla testa grossa e dalle gambe corte. Gli ricordava Bagonghi, il nano acrobata del circo Togni. Da qui nasce Boninsegna-Bagonghi, che diventa Bonin-Bagonghi, che diventa Bonimba.
Due volte capocannoniere (lui considera tre perché il 24mo gol del 1974 fu considerato autorete), campione d’Italia nel 1971, una finale di Coppa dei Campioni l’anno dopo persa a Rotterdam con l’Ajax di Cruyff.
Episodi di vita e di campo
Un libro di episodi di vita e di calcio.
La partita a poker notturna durante un ritiro del Cagliari interrotta dal mister Scopigno che, ironicamente chiese, entrando nella stanza “disturbo se fumo?”.
Le corse con l’Alfa Romeo di Gigi Riva, con le curve prese su due ruote.
Una mattina arrivò ad un allenamento in smoking, rientrando direttamente dal Carnevale di Venezia, con il solito Scopigno che lo fulmino “almeno potevi levarti i coriandoli”.
La lattina che lo colpì a Monchengladbach, in una partita poi finita con un clamoroso 7-1 per i tedeschi che l’immenso Beppino Prisco riuscì a far annullare dall’UEFA costringendo i tedeschi alla ripetizione della gara. Ovviamente nel doppio scontro l’Inter eliminò la squadra di Netzer che ancora continua a spergiurare sulla recita attuata da Bonimba.
Gol indimenticabili
Se di questi episodi si può sorridere, alcuni dei suoi fanno ancora venire i lucciconi ai tifosi che l’hanno visto in nerazzurro.
La sforbiciata al sette della porta del Foggia nel 5-0 che sancì lo scudetto, il gesto quasi da suicida con il Napoli, con la scarpa di Panzanato a sfiorargli la tempia mentre vola per incornare uno dei gol più belli della storia nerazzurra.
E il gol di apertura della gara della nazionale più magica di sempre, il 4-3 alla Germani in Messico, e pochi giorni dopo quello del pareggio provvisorio con il Brasile, che illuse milioni di italiani che la finale di Città del Messico potesse andare in maniera diversa.
Una vita tutta all’attacco. Gli anni più belli con i nostri colori.
Oggi sono 74. Auguri Bonimba.