Nazionale in attesa del dissolvimento della nube tossica delle polemiche…
Non ho mai avuto grande interesse per gli editoriali di Sconcerti, ma qualche volta vale la pena di farci una riflessione. Più che farla io, dovrebbero farla in luogo delle polemiche gli addetti ai lavori in nazionale, ai piani alti, dalle parti di Malagò. E tenere presente un sottile quanto ovvio concetto espresso tra le righe di Sconcerti:
“Ventura e Tavecchio, devono andarsene ma non sono il Male. Cacciati loro non hai la soluzione. Resta il poco del calcio italiano, è quello il vero problema. Io penso che
se da vent’anni non troviamo giocatori di qualità diversa vuol dire che in questo Paese, ma anche in molti altri, si è cambiato il modo di giocare e intendere il calcio…”
Le cause, da leggere nella serie A degli ultimi 20 anni
Non è la scoperta dell’acqua calda, probabilmente anche solo di passaggio era venuto in mente ad altri, ma sarà bene non dimenticarlo.
Quando si chiama in causa il “poco che resta del calcio italiano”, si tocca un tasto dolente che vibra al ricordo di quanto accaduto dopo l’infausto europeo del 2012, quando la Spagna ci fece vedere i sorci verdi con un secco 4-0, solo parzialmente riscattato nel 2016 (2-0 con la nazionale di Conte).
Da allora, una serie di piccole e grandi delusioni hanno afflitto quasi tutte le maggiori formazioni della serie A, e non solo la nazionale, nonostante le conferme che sul piano del gioco hanno promosso specie il Napoli, oltre la solita Juventus che comunque dispone potenzialmente ancora del miglior organico del campionato.
Nell’ultimo decennio, è da ricordare con immutata emozione solamente il triplete dell’Inter nel 2010, unica perla continentale di una squadra che comunque in finale non schierava un solo italiano: Toldo e Balotelli in panchina, e Materazzi che entrava al 92′ a coppa già acquisita.
Carenze strutturali nella cura dei nostri vivai
Le delusioni sono dovute ai risultati di un percorso europeo che alla conclusione, a dispetto di diverse buonissime prestazioni, non sono arrivate al dunque. Le sconfitte in finale della Juventus pesano ai loro tifosi, ma anche sul ranking internazionale e, di riflesso, inevitabilmente, anche sulla nazionale.
La passata edizione della Champions con il Napoli che si, gioca e diverte, ma quando ospita il Real becca due sconfitte in fotocopia e va fuori, e in conclusione nessuna delle italiane, Juve a parte, raggiunge nemmeno una semifinale, rende l’idea della (in)consistenza delle nostre squadre nel panorama internazionale.
Le cause di questi percorsi incompiuti sono diverse, ma tra le prime sono da intendere di certo la non eccelsa qualità e magari la mancata maturazione agonistica ad alti livelli dei nostri calciatori i quali, pur cresciuti nelle loro migliori intenzioni all’interno dei vivai nostrani (es. Atalanta) e integrati in organici con stranieri di ottimo o almeno buon livello mostrato nelle squadre da cui provengono, non hanno forse incontrato un management tecnico adatto a creare condizioni in cui tutti ne giovassero fino a raggiungere intesa, schemi e rendimento in grado di portare al top internazionale le nostre squadre.
Le cause di Sconcerti, scritte sul Corriere della Sera di ieri a pagina 54, non sono campate in aria e meritano riflessioni che non spetta a noi tramutare in provvedimenti, ma che è lecito comunque sollecitare a gran voce attraverso tutti gli organi di informazione sportiva.