Juve Inter -3: quando tutto lo Stadium dovette inchinarsi davanti ai nerazzurri
Indice dei contenuti
1 Juve Inter: tutti lo presero per folle2 Tagliavento, sempre lui, ancora lui3 Milito sconvolse lo Stadium4 La fine di un’eraJuve Inter: tutti lo presero per folle
Novembre 2012, l’Inter stava facendo miracoli. Un filotto di sei vittorie dopo un avvio balbettante, poi lo scoglio Juventus, prima in classifica con quattro punti di vantaggio. Tifosi e addetti ai lavori strabuzzarono occhi e orecchie quando appresero che il giovane mister Stramaccioni andava a giocarsela con Palacio, Milito e Cassano là davanti.
Sembrava un suicidio in piena regola, ma non solo un affronto alle regole del calcio, c’era di più. Tanta sfrontatezza non era ammissibile, chi andava allo Stadium sapeva quale destino lo attende. 42 partite dall’inaugurazione a quella sera, tutte immacolate, qualche pareggio e quasi solo vittorie bianconere. Insomma un campo da guerra, dove solo per entrare bisognava chiedere permesso e da cui si usciva solo con le ossa rotte . Che senso ha tutto questo coraggio? si chiedevano tanti pennivendoli ormai ammansiti dalla macchina da guerra bianconera . Mancava solo che qualcuno parlasse di oltraggio a Sua Maestà poi l’assortimento delle fesserie sarebbe stato al completo.
Tagliavento, sempre lui, ancora lui
Pronti, via… anzi, un attimo di rewind. Solo per ricordare che arbitrava Tagliavento, quello delle manette di Mourinho in Inter Sampdoria di due anni prima, quello del gol fantasma di Muntari a Buffon. Dicevamo, pronti, via, 18 secondi e Tagliavento va in gol… no, in gol ci andò Vidal, ma su un passaggio di Asamoah in fuorigioco di diversi metri. Che naturalmente Tagliavento non aveva visto. La reazione del tifoso medio, chiamiamolo Alberto per comodità, di solito anche alquanto compassato, fu quella di salutare la compagnia e andarsene a letto smoccolando, magari dopo aver schiantato per terra il cellulare appena comprato o dopo aver attentato alla funzionalità del megaschermo tirandogli contro sigarette, accendino, bicchiere di birra e quant’altro gli passasse per le mani. Nella speranza , ovviamente inutile, di riuscire a centrare l’arbitro di Terni. Come non comprenderlo? Nei 30 minuti successivi, Lichtsteiner prima rimediò un giallo per una entrata delle sue, poi non fece un altro fallo su Palacio, quello fu un intervento da codice penale. Ma Tagliavento era girato da un’altra parte, forse stava pensando alle lasagne fumanti che il giorno dopo avrebbe trovato scodellate a tavola.
Milito sconvolse lo Stadium
Il manuale delle ingiustizie nel calcio racconta di queste cose nel capitolo “Come passare da un giusto zero a zero con gli avversari in 10 per oltre un’ora ad essere sotto di un gol in undici contro undici” a pagina 67. Chi sopravvisse a quei 18 secondi e ai 30 minuti immediatamente successivi può raccontare ancora oggi di come la sofferenza possa trasformarsi quasi per incanto in estasi, il dolore più profondo in libidine goduriosa, le invettive più invereconde in odi di gioia. A patto di avere uno come Milito. Il Principe spiattellò nella porta di Buffon un rigore e il tap in sulla respinta dopo la sassata di un Guarin che, da subentrato a Cassano, spaccò la Juve come un melone. Il sigillo finale lo mise El Trenza Palacio, con uno scherzo di tiro che lemme lemme entrò in porta e chiuse ogni discorso.
La fine di un’era
Lo Stadium era stato deflorato, i pollici versi dei 40 mila spettatori nel novello Colosseo vennero presto riposti in angusti pertugi caldi e oscuri. Il giovane Strama, con il suo coraggio, aveva dominato lo Stadium. Da li a poco la sfortuna gli avrebbe presentato un prezzo salato, davvero improbo per le sue ancora deboli spalle. Come nelle antiche favole greche, violare l’Olimpo costò caro a lui e all’Inter.