Un coro diviso a metà
Quando ieri sera Nagatomo si è avvicinato al dischetto del rigore, dagli spalti si è alzato il coro “Yuto, Yuto” .
Un urlo di cuori spaccati da due sentimenti contrastanti. L’incitamento al nerazzurro per il rigore decisivo e il timore sulla sua effettiva capacità di chiudere l’incontro e porre fine alle sofferenze. Se sia stato un coro più sincero che sofferto o viceversa è difficile da dire. Ma i tanti tifosi che hanno oggi confessato di non aver guardato il rigore decisivo confermano lo scetticismo che, nonostante tutto, aleggia ancora nei confronti di Nagatomo. Non sappiamo se Yuto abbia avuto questa sensazione. Probabilmente no, l’adrenalina di quei momenti non permette di filosofeggiare. Vero, davanti c’era il Pordenone non il Real, ma proprio la brutta figura che impelleva rendeva quel pallone incredibilmente difficile, quel rigore pesante come un macigno.
Freddo, modesto, leader nello spogliatoio
Yuto non si è scomposto, ha avuto addirittura la freddezza di rallentare la corsa “alla Balotelli” per piazzare in rete il pallone decisivo di una partita che non passerà agli annali solo per merito suo (e di Padelli). Yuto, un ragazzo di grande intelligenza, che conosce i suoi limiti, che non si è mai dato arie da primattore, che ha messo i suoi mezzi a disposizione dei vari tecnici e della squadra, è diventato l’eroe della serata più brutta della stagione nerazzurra.
Quello stesso Yuto per il quale tanti la scorsa estate speravano nel miracolo di vederlo lasciare l’Inter per qualsiasi destinazione possibile.
Oggi tutti con lui
Spalletti ha badato alla sostanza e ne ha fatto uno dei “suoi” fin dal ritiro di Brunico, un elemento di stabilità in uno spogliatoio che poteva riservare brutte sorprese e anche per quello che poteva dargli in campo. Stamani i social sono stati riempiti di messaggi di affetto per Nagatomo e noi non possiamo che essere felici per lui. Al di là di tutte le facili e inutili ironie, Yuto resta uno dei leader silenziosi dello spogliatoio, un cuore nerazzurro di quelli veri.
Come suole ripetere Caressa quasi ogni domenica “il calcio è strano, Beppe…”