Indice dei contenuti
1 Inter, quando le figurine segnavano un’epoca2 Ogni bustina un sogno3 Maledette celline4 Le feste natalizie: l’apoteosi5 I nerazzurri delle Panini di allora6 Gli eroi della grande Inter7 Si affacciava Lele Oriali8 Si diventa uomini, ma le Panini restano9 Con le Panini non si invecchia maiInter, quando le figurine segnavano un’epoca
Inter e figurine Panini: chi non ha vissuto l’epopea di questo binomio assai difficilmente potrà capire questo articolo.
Per cui non gliene vogliamo se lo salta a piè pari e passa a quello successivo. Ma forse leggerlo potrà aiutarlo a capire quali erano le emozioni che il l’amore per calcio poteva dare a coloro che erano ragazzini a cavallo tra gli anni ‘60 e ’70. Il clima delle festività non può non riportare alla memoria degli appassionati “diversamente giovani” quei momenti. L’album veniva pubblicato all’apertura delle scuole. In diverse parti d’Italia i distributori organizzavano la consegna dell’album gratuitamente davanti agli istituti. Suonata la campanella, infuriava una calca dantesca. Quel signore che regalava l’album ai bimbi e una o due bustine di figurine era visto come un benefattore dell’umanità. Non c’era genitore che se la potesse con quel tipo: l’album diventava un trofeo da conquistare, solo dopo ci si ricordava di mamma e babbo in attesa. Una volta spacciavano album e figurine davanti alle scuole, oggi…
Ogni bustina un sogno
A quell’epoca le Panini costavano 10 lire a bustina e ogni confezione conteneva 4 o 5 sogni. Ogni apertura di una bustina corrispondeva a quello che si può definire un micro-orgasmo. Non c’era solo una soddisfazione infantile c’era vera libidine in quel gesto. C’erano ragazzini che con una bustina facevano addirittura i preliminari. Aprendola piano piano, come a gustare fino in fondo l’attesa di quello che sarebbe saltato fuori, Del Sol o Leoncini, Suarez o Pascutti, Cinesinho o Oscar Massei (un bravo a chi ricorda Oscar Massei a memoria senza andare a sbirciare su Wikipedia). E lo scudetto… quello si che era una goduria vera, trovare lo scudetto che ti mancava era come trovare un piccolo tesoro di cui solo tu conoscevi l’esistenza e quando l’avevi finalmente in mano potevi annunciare trionfante “ora ce l’ho, ora è mio”.
Maledette celline
La colla era l’amica di milioni di bambini. Quel barattolino grigio con il suo profumo chimico-dolciastro e con il suo pennellino, era come il complice più fidato. Le dita inesperte combinavano guai indicibili per attaccare quei rettangoli. Spesso era più quella che finiva sopra le figurine che quella che era correttamente posizionata per l’attaccatura. Il risultato drammatico era chiaro poche ore dopo, quando le pagine si attaccavano l’una con l’altra e i genitori erano costretti a lunghe e meticolose opere di salvataggio. Poi vennero le celline adesive. Se oggi molti tifosi sono soliti tirar giù tutti i Santi del Paradiso in certe occasioni, hanno di certo avuto a che fare in quegli anni con le celline, una vera scuola di vita per smoccolatori. Già trovarle era un dramma, perché voleva dire una figurina in meno nella bustina. Poi iniziava l’odissea di staccarle e riattaccarle sull’album, in modo poi da posizionarvi la figurina. Qualche bambino preferiva il problema di matematica o i pensierini piuttosto che quel supplizio.
Le feste natalizie: l’apoteosi
L’abolizione delle celline e l’arrivo delle figurine autoadesive fu salutato da milioni di bambini come una vera liberazione dall’oppressore, il 25 aprile più atteso dai marmocchi di ogni dove. Natale e la Befana segnavano una apoteosi. I nonni andavano a colpo sicuro. Quelli che potevano permetterselo con cinquecento o mille lire di allora facevano felice un nipote molto più di quanto possa farlo oggi con l’ultimo Iphone da 2000 euro. Trovare sul camino cinquanta o cento bustine di Panini era già di per sé una emozione incontrollabile; aprirle una dietro l’altra era un’ estasi. Tutto passava in secondo piano,anche i parenti di vario ordine e grado natura. O avevano altre bustine come lascia passare o rischiavano di non beccarsi neanche un bacetto. Quei pomeriggi passavano così, fra decine di delusioni per gli ennesimi doppioni e i palpiti di gioia per la “figu” mancante o meglio ancora lo scudetto laminato oro.
Quelle della serie B, con le immagini dei giocatori a coppie, valevano non una emozione intera ma un breve sorriso, a metà tra la soddisfazione ed il vaffa per non aver trovato un mancante di maggior pregio.
I nerazzurri delle Panini di allora
Per quei giovincelli che già si avvicinavano ai nerazzurri o che già li amavano, fulminati dalle vittorie a raffica dell’Inter di Herrera di pochi anni prima, trovare una maglia nerazzurra era uno sballo. A mano che non si trattasse di qualche reprobo dell’Atalanta. E poi c’erano i personaggi che non dimenticheremo mai. Mario Giubertoni non rideva quasi mai nel suo rettangolino. Già non aveva il fascino degli eroi di HH, e poi era un moro con uno sguardo torvo come se invece di un marmocchio stesse guardando Gigi Riva che lo aveva appena uccellato. E Miniussi? Chi era Miniussi ? E’ vero il calcio andava poco in TV a quell’epoca, ma molti sono pronti a giurare che Ferdinando Miniussi esistesse solo nell’album Panini visto che la riserva di Sarti non si vedeva mai giocare.
Gli eroi della grande Inter
Anche Burgnich non era un gran che amato. Già quel nome strano, non parliamo poi del cognome che lo faceva somigliare più ad uno straniero mancato. E anche lui che ti guardava sempre in cagnesco come a dire “o bimbo attaccami per bene altrimenti esco e ti faccio un mazzo tanto”. Gli eroi dell’Inter erano sempre loro, Facchetti, che anche dalla sua figu lasciava trasparire la sua bontà, il baffo scanzonato e irridente di Mazzola, il faccione simpatico di Bertini, uno dei primi ad essere raffigurato con i capelli lunghi, stile beat si diceva allora.
Si affacciava Lele Oriali
Corso aveva ancora qualche capello, pochi per la verità. Lui e Goran Pandev dovevano avere lo stesso parrucchiere. Ma era quello coi calzettoni a cacaiola, impossibile non volergli bene. Giancarlo Cella, Mario Frustalupi oggi sono nomi sconosciuti alla maggior parte dei tifosi nerazzurri. A quell’epoca erano onesti pedalatori del centrocampo, che non eccitavano le folle ma diventavano preziosi come il Cuchu Cambiasso quando erano gli unici che mancavo per finire le pagine dell’Inter. Iniziava ad affacciarsi all’album Lele Oriali, poi arrivò Boninsegna a illuminare le fantasie dei giovincelli nerazzurri. Poi arrivava l’età in cui gli ormoni prendono il sopravvento, le Panini passavano in secondo piano ma senza mai essere dimenticate fino in fondo. Almeno quelle degli eroi nerazzurri. Questi ricordi escono tutti gli anni per le feste per molti di noi, e chi lo nega sa di essere un po’ bugiardo.
Si diventa uomini, ma le Panini restano
Tempis fugit, e quando abbiamo avuto i nostri figli in età scolare non c’è stato anno in cui, aspettandoli all’uscita della scuola, non ci siamo guardati intorno per scorgere l’omino distributore degli album Panini. Inutilmente. Ma da bravi guerrieri, senza rassegnarci, abbiamo violentato i nostri figli andando a comprare album e le prime bustine di figurine. Con il risultato di uscire dalla cartoleria nove volte su dieci con il bimbo indiavolato e in lacrime perché a lui delle Panini non fregava una mazza e voleva Jeeg robot d’acciaio.
Con le Panini non si invecchia mai
E al rientro a casa tua moglie che ti guardava con aria feroce e iniziava il terzo grado “che gli hai fatto al bambino eh, perché lo hai fatto piangere?” E quando provavi a spiegargli, con una bugia invereconda, che volevi solo fargli un regalo, lei ti guardava e sorrideva pietosa pensando “ ‘sto deficiente, a 40 anni ancora non ha finito di giocare con le figurine”. “Va bene cara, oggi vado a prendergli Jeeg robot” era la risposta, falsa come una moneta da tre euro. Quella vera era “finalmente è uscito l’album, anche quest’anno si inizia finalmente…”. Vai a spiegarlo ad un bimbo di oggi o ad una moglie quanti sogni escono da una bustina di figurine Panini…