Joao Mario: il problema è lui o chi lo ha voluto?

Indice dei contenuti

1 Mercato 2016: una società senza guida certa2 Entra in scena Kia3 Le conseguenze4 Era un prospetto di top player5 Oggi naviga nel grigiore totaleMercato 2016: una società senza guida certa

La storia di Joao Mario in nerazzurro ha vissuto ieri a Firenze un’altra tappa della crisi nera in cui questo ragazzo naviga da tempo. Era arrivato nell’estate 2016 dallo Sporting Lisbona, reduce da un Europeo vittorioso con il suo Portogallo in cui era stato assoluto protagonista.
Da un punto di vista societario era l’Inter nel momento più debole della sua storia recente. Il closing tra Thohir e il gruppo Suning era stato perfezionato da pochi giorni. I cinesi non erano ancora al timone della società, Thohir restava Presidente ma sostanzialmente depotenziato. Non un punto di riferimento societario, nessuno che dettasse la linea. Mancini, esautorato da ogni scelta tecnica, cercava di richiamare tutti all’ordine, con il risultato di rendersi inviso a tutti e scavarsi la fossa con le sue stesse mani.

Entra in scena Kia

Come nella fisica e nella politica, quando si crea un vuoto qualcosa o qualcuno lo riempie. Uscì così d’improvviso la figura di Kia Joorabchian. La Gazzetta dello Sport del 9 agosto 2016 recitava testualmente: “In questo vuoto di potere si è inserito Kia Joorabchian, potente e chiacchierato agente di origini iraniane che si è conquistato la fiducia di Suning portando al Jiangsu i brasiliani Texeira, Ramires e Jô e il colombiano Martinez. Joorabchian sta esercitando una simile influenza sul mercato dell’Inter, come dimostrano l’ingaggio del suo assistito De Boer, che piaceva pure a Thohir, e il ritorno di fiamma per Joao Mario, di cui l’iraniano ha ottenuto la procura dopo l’Europeo.”

Le conseguenze

L’arrivo di Kia ebbe una ulteriore conseguenza. Quella di emarginare nella sostanza la struttura societaria dell’Inter competente a definire le compravendite il mercato. Piero Ausilio ed il suo staff furono in pratica estromessi dalla gestione delle operazioni più importanti. La storia di quel mercato potrebbe chiudersi qui. Mancini se ne va, arriva De Boer spinto da Kia ed arriva pure Joao Mario, senza che nessuno ne avesse valutato l’opportunità dell’acquisto. E non si tratta di noccioline: 45 milioni di euro per il cartellino, quasi 6 milioni di euro lordi di ingaggio al giocatore per un contatto quinquennale.
E nelle settimane immediatamente successive, esattamente il 4 ottobre 2016, il sito Calcio e Finanza.it, dopo aver analizzato la complessa situazione economica dello Sporting Lisbona, chiudeva con una osservazione proprio sul ricavato della cessione di Joao Mario, per evidenziare il complesso giro di soldi divisi tra società, fondi comproprietari del cartellino, banche e procuratori vari.

Era un prospetto di top player

Ripercorsa la storia di come Joao Mario arriva all’Inter, non si può non riflettere sulla sua involuzione. Il ragazzo aveva dimostrato in Portogallo e nella sua nazionale doti notevolissime di adattabilità a tutti i ruoli del centrocampo. Il dinamismo, la capacità negli inserimenti e la tecnica individuale ne facevano uno dei talenti più appetiti sul mercato di due anni fa. Capire cosa sia successo, di quale meccanismo psicologico sia preda non è facile. Il talento o c’è o non c’è, lui ha dato dimostrazione di averne, dunque il problema sta nella testa. Chiunque l’abbia visto giocare nelle ultime occasioni non può che essere stato colpito dalla abulia, dalla superficialità, dalla mancanza di quel minimo di capacità di sacrificio che è lecito attendersi da un giocatore di 25 anni.

Oggi naviga nel grigiore totale

Il lavoro di Spalletti è riuscito a recuperare nel’autostima e nella convinzione gente come Nagatomo, Santon e soprattutto Ranocchia. Giocatori che San Siro ormai fischiava anche se si legavano le scarpe. Con il portoghese ogni stimolo del mister pare invece andare a vuoto continuamente. Se il suo intento è quello di lasciare Milano, continuare in questo atteggiamento non può che penalizzarlo, lo ha detto chiaramente Spalletti a nome della società. E d’altro canto il suo rendimento non favorisce di certo l’appeal che altri club europei potrebbero dimostrare. La situazione pare dunque avvitarsi su sé stessa, chiusa in in cul de sac che non favorisce nessuno, né il giocatore, né la squadra, né la società.
Solo Joao può dare una sterzata a questa situazione. O se ne rende conto alla svelta o rischia di mandare a ramengo una carriera nata sotto una stella meravigliosa ma che rischia di annegare in un triste dimenticatoio.