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1 Intervista ad Andre Villas Boas su Repubblica2 L’Intervista di Villas Boas3 Il calcio dall’altra parte del mondo4 Mourinho e l’InterIntervista ad Andre Villas Boas su Repubblica
Andrè Villas Boas, ex conoscenza nerazzurra e vice di Josè Mourniho all’Inter, con il quale ha condiviso tanta strada nel mondo del calcio si è raccontanto a Repubblica. Dalle colonne del quotidiano nazionale L’ex tecnico di Porto e Chelsea ha parlato del suo rapporto con lo special One, dei giorni trascorsi all’Inter e della sua passione per le auto. Un intervista davvero piacevole, dopo il tecnico portoghese racconta e si racconta attraverso la sua carriera.
L’Intervista di Villas Boas
Dicono abbia lasciato la sua ultima squadra, lo Shanghai, solo per questa folle avventura. “Una leggenda. Ho chiuso con la Cina perché si è messa di mezzo la politica: per costruire una nazionale vincente all’improvviso hanno cambiato le regole, riducendo il numero degli stranieri. Laggiù stavo benissimo, avevamo fatto una squadra per vincere: ma a quelle condizioni ho preferito dire basta”. E si è ricordato di un altro sogno da realizzare. “I motori, passione di famiglia. Zio Pedro ha corso la Dakar 2 volte: ha esordito a 40 anni, io li ho appena compiuti e allora mi è sembrato un segno. Volevo provarci con la moto, ma serviva una preparazione di 12 mesi. Mi sono allenato duro lo stesso, corro con Ruben Faria che ha esperienza. Ne approfitteremo per fare pubblicità a tre enti di beneficenza. Correre qui sarà come affrontare il Barcellona: difficilissimo, emozionante. L’obiettivo è arrivare in fondo, ma temo che a ogni tappa chiuderò verso mezzanotte”.
Tagliato il traguardo di Cordoba, tra 2 settimane torna ad allenare. “Farò un paio d’anni in Europa, prima di cambiare ancora: mi piacerebbe l’esperienza del Giappone, mi affascinano il rigore e l’etica di quel paese. O il Brasile, per la creatività e il talento naturale”.
Il calcio dall’altra parte del mondo
Come cambia il calcio da una parte all’altra del mondo? Umanamente, però. “In Russia e Cina la vita sociale è molto interessante: la gente esce di casa, ha voglia di vivere, comunicare. Paesi generosi, giovani. C’è tanto da imparare. I cinesi poi hanno delle possibilità economiche incredibili, coi loro investimenti stanno stravolgendo l’economia mondiale. Compreso il calcio. Il problema è che hanno finito per drogare i prezzi, in Premier qualsiasi giocatore si paga non meno di 60 milioni di euro: una pazzia”. Il Pallone d’Oro lo vincono sempre quei 2, Messi e Ronaldo. Qualcosa non va? “Il destino li ha fatti nascere nello stesso periodo. Straordinari. Messi è più giovane, forse avrà il tempo di vincerne più dell’altro”. Da portoghese: meglio Eusebio o Ronaldo? “Ronaldo. Non ho conosciuto Eusebio, ma il livello cui è arrivato Cristiano è incredibile: per talento, sacrificio, professionalità”.
Mourinho e l’Inter
E’ meglio lo Special One o il Two? “Con Mourinho stavo bene all’Inter: volevo dargli di più, cominciare la mia carriera. Non mi bastava curare l’aspetto tattico, osservare gli avversari: desideravo il campo, le responsabilità. José invece pensava di tenermi lì altri 10 anni, mi vedeva solo come tattico. C’è stata una chiacchierata un po’ “forte”, e abbiamo preso strade diverse”. Quanto è stato difficile lavorarci insieme?
“Gli devo tantissimo, gliene sarò sempre grato. Resta unico, formidabile, un vincitore. Uno dei migliori tre al mondo. Non rimpiango niente di allora. Adesso le nostre concezioni del calcio sono diverse. Alcuni allenatori sono più – diciamo – dittatoriali: io preferisco essere democratico, dialogare”.La bellezza viene prima del risultato? “Quasi sempre. Ma non sono un purista come Pep Guardiola. Mi piace attaccare e divertire, però non posso dire che le mie squadre abbiano sempre giocato in modo aperto: perché quando conosci l’avversario, e sai che è migliore di te, devi adattarti”.
Chi sono gli altri due migliori del mondo?
“Oltre a José? Pep. Poi penso a Cruijff, a Rinus Michels. E a sir Alex Ferguson, che magari ha lasciato un po’ da parte la tattica ma ha vinto un’enormità di titoli”.
Nessun italiano. Certo, non Ventura… “Ma a me il Torino di Ventura aveva impressionato, quando l’ho affrontato con lo Zenit. Anche io, come tutti, non mi sono stupito il giorno che è diventato allenatore degli azzurri. Dopo, è facile criticare. Sembra impossibile un Mondiale senza l’Italia, che delitto. Non è un momento fortunato: sono cambiati molti dirigenti, i nuovi investitori non sono uomini di calcio, i risultati di Milan e Inter non aiutano. L’eterno dubbio: attacco o difesa? Personalmente, mi piacciono Sarri e Gasperini. Tanto. E mi piace sognare. Fatelo anche voi. Perché se ci credete, alla fine si avvera tutto”.