Je suis Davide Santon

Santon: il titolo riporta alla mente fatti ben più aberranti di quello successo oggi. Ma se un ragazzo che fa il suo lavoro, per colpa di un errore, mettiamo pure di diversi errori, è costretto a spengere una delle sue finestre sul mondo vuol dire che la malattia è grave. Santon costretto a chiudere il suo sito Instagram a causa delle offese e delle minacce ricevute dopo l’errore di ieri sera con la Roma non è un fatto sportivo, diventa un caso da analizzare sotto l’aspetto sociale. Forse anche sotto quello medico, ma in questo non ci addentriamo per evidenti carenze di preparazione. E questo dopo essere uscito dal Meazza ieri sera con un gesto di evidente di rammarico verso il pubblico. Santon sapeva di aver sbagliato, sapeva che quella sua goffa “non testata” era costata forse la vittoria. Probabilmente aveva gli occhi ed il cuore intrisi di lacrime in quel momento. Il fatto sportivo si chiude li, con un (giustificato) “vaffa” rivolto al giocatore da ogni tifoso deluso.

Quello che succede da lì in poi esula dallo sport per sfociare nella patologia dei rapporti umani all’interno di un quadro di regole culturali e di educazione sempre più evanescente. Attenzione: rapporti umani falsati dal mondo dei social. Scommetteremmo uno stipendio intero che tutti quelli che hanno offeso o minacciato Santon da ieri sera, non l’avrebbero fatto di persona, con lui davanti. Prima di tutto perché solo a vederlo Davide incute soggezione con quel fisico da bronzo di Riace. In secondo luogo perché ad un pavido, ad una persona piccola, queste cose non riescono neanche quando hanno la ragione dalla loro. Figuriamoci in questi casi.

Ecco dunque che il mondo dei social diventa l’ambiente adatto per questi leoni da tastiera per dimostrare a tutti quello che sono, quello che valgono. Quel mondo dove tutti si sentono autorizzati a dire tutto a tutti, senza ritegno, senza alcun freno. Una libertà che diventa schiavitù dal mezzo stesso. Una schiavitù inconsapevole, che si realizza nel momento in cui si pensa che la distanza di sicurezza che il social mette tra chi scrive ed il destinatario dell’offesa possa offrire quel po’ di visibilità altrimenti negata di fronte al mondo di riferimento, ricevendone il plauso. L’unica forma per far sapere a tutti “ehi, esisto anch’io”.

Per chi non ha altro modo di emergere anche questo può diventare un successo, da condividere con gli altri pavidi che hanno fatto altrettanto. E’ un problema della società in cui viviamo perché un ambiente senza regole, senza limiti, nel quale molti si rifugiano sempre più a lungo nell’arco della giornata porta a infischiarsi delle norme più basilari di convivenza anche nella vita reale. Ed è un problema anche per il nostro calcio. Perché fin che ci saranno tifosi di questa fatta, costruire qualcosa di positivo sarà sempre più difficile. Dispiace non poco che frange del tifo interista siano arrivate a questi livelli. Nel frattempo, per quanto possa essere importante, Santon sappia che la gente nerazzurra che ragiona sta tutta con lui.