Inter: nessuno parli di beffa, anche Spalletti dovrà spiegare
Parlare di beffa non ha senso. La beffa è uno scherzo del destino che di solito punisce chi merita di più. Questa Inter non ha meritato oggi niente di più della Spal e non merita niente più dei suoi avversari da tempo. Non c’è nessun merito in questo pareggio anzi, una lettura corretta porta ad un passo indietro rispetto alle partite di Firenze e con la Roma. In primis per la diversa caratura tecnica degli avversari. Ma per lo meno contro viola e giallorossi la squadra aveva dato l’impressione che, pur soffrendo le pene dell’inferno, qualche lampo per arrivare al risultato importante fosse in grado di costruirlo.
Solo nebbia. Questa è stata l’Inter di oggi, e non solo in campo. Nebbia come quella che pervade queste zone emiliane in questi periodi dell’anno. Una coltre che ha condizionato anche la proverbiale lucidità di Spalletti; la scelta di cambiare la fascia a Cancelo dopo che nelle ultime prove il portoghese era stato una delle poche note positive è tutta da capire. Gli errori in fase di impostazione continuano a moltiplicarsi domenica dopo domenica, in una escalation che non trova fine. Per non parlare dei pochi tentativi di verticalizzazione. Su Perisic e Candreva occorrerà fare un discorso approfondito. Il luogo comune gli avversari hanno capito il gioco dell’Inter regge nei discorsi da bar. Se c’è la volontà, il talento e la forza nelle gambe l’avversario lo salti, eccome se lo salti. Sul campo questi due signori che tre mesi fa saltavano il diretto avversario almeno nella metà dei tentativi oggi non provano più neanche a farlo. E siccome il talento non evapora, Spalletti valuti cosa succede nelle gambe e nella testa di questi due signori. E se è il caso, la panchina e la tribuna sono sempre state ottime medicine per gli altezzosi.
Da qui al misero conteggio delle palle gol il passo è breve. Una sola limpida, il rigore in movimento calciato da Vecino come peggio non poteva avendo tutto lo specchio libero. E da qui all’inutilità di avere un bomber come Icardi il tragitto è altrettanto breve. In questa situazione Maurito non è l’unica punta avanzata in attesa di rifornimenti che non arrivano più, è una boa ancorata in area senza alcuna utilità, a meno che qualche pallone vagante non capiti dalle sue parti anche senza dolo da parte dei nostri, anche solo per semplice colpa dei difensori avversari.
Colpa anche sua, di sicuro, ma dall’inizio della stagione il giochino è stato quello. Finchè ha retto Maurito ha segnato a valanga, ora forse lui e Spalletti dovrebbero spiegarsi su come evitare di fare scena muta per 90 minuti con questa regolarità disarmante.
Dopodichè il mister di Certaldo dovrebbe anche spiegare il senso della sostituzione di Brozovic con Gagliardini. Non che il croato abbia fatto scintille, ma di fronte ad una provinciale che gioca con il coltello tra i denti, il messaggio che passa è di paura, di tentativo di mera conservazione dell’autogol regalato dalla sorte. Non proprio il massimo per diffondere fiducia, per continuare a parlare di crescita di mentalità,
Spalletti potrebbe rispondere che siamo tutti allenatori da divano, ed avrebbe ragione lui. Ma le parole che si vanno a declamare in conferenza stampa dovrebbero essere frutto dei comportamenti nei 90 minuti. E che senso ha Rafinha nel recupero? Se il ragazzo fisicamente c’è, come ha ripetutamente detto in questi giorni, perché non inserirlo prima, tentando di rovesciare un andazzo ormai fastidiosamente ripetitivo? Passano le domeniche, passano anche le avversarie, e le occasioni per rincorrere il quarto posto diventano sempre minori. E in queste condizioni, neanche un mercato scintillante potrà offrire soluzioni rivoluzionarie.