Psicologia calcistica per l’Inter
Indice dei contenuti
1 Per l’Inter, uno psicologo o uno psichiatra?2 Un fenomeno per il salto di qualità3 Ibrahimovic, top player della svolta4 Mancano fantasia e colpi di ingegno calcistico5 Grandi giocatori, tifosi in campo6 Se tu cammini e l’avversario corre…7 Gli ingredienti della vittoriaPer l’Inter, uno psicologo o uno psichiatra?
Nel pieno diritto ognuno è libero di esprimere opinioni, critiche, appunti, idee che possono essere esattamente l’opposto delle nostre. E tante ne ho lette, sentite e discusse tentando di analizzarle dal mio punto di vista, simile a quello di tanti e diverso da altrettanti. Però mi si consenta di non condividere quanto non ritengo condivisibile, come tutti fanno. Parliamo di Inter? Bene, svestendo gli abiti del tifoso, a volte mi immedesimo in quelli di uno psicologo, benchè a molti venga da correggere in “psichiatra”, visto che il soggetto è la pazza Inter. Anche se in fondo l’amiamo tanto da sperare di rivederla, quella fama di pazza dovrebbe essere corretta in psicopatica, alla luce delle ultime prestazioni. Ma questo non è sufficiente per bombardare di insulti squadra, tecnico e dirigenza in seconda battuta, anche se la sequenza imbarazzante è arrivata a 7.
Un fenomeno per il salto di qualità
Ho sempre pensato che una squadra normale, pur buona o anche ottima in 3-4 elementi, non ha generalmente nel DNA la prospettiva di diventare una grande. Il salto di qualità può avvenire però in breve tempo, se la società riesce ad aggiungere altri 2-3 giocatori di caratura tecnica e carisma superiore al resto dell’organico. Oppure, anche con l’arrivo di un solo top player assoluto, ma che oltre al livello tecnico mostri un forte ascendente sulla squadra che quindi si metterà al suo servizio. Complessivamente, il tasso tecnico della formazione titolare deve assestarsi decisamente oltre la media, concentrato in un numero di giocatori da 2 a 6. Quando questo si verifica, si innesca un processo di osmosi che trascinerà verso i livelli migliori il resto della squadra, anche se composto da buoni giocatori e non fenomeni. Purtroppo, occorre riconoscerlo, Juve docet.
Ibrahimovic, top player della svolta
Un caso del genere si è concretizzato quando all’Inter è arrivato uno “zingaro”, Ibrahimovic. Il suo carisma, consolidato da una caratura tecnica superiore, da vero campione, ha di colpo incrementato il potenziale d’attacco dell’Inter del 50%, e i risultati si sono visti subito. Oltre la prestanza fisica, un attaccante che ha portato conseguenze di diverso tipo nel campionato dei nerazzurri. I suoi colpi d’estro, la fantasia con cui inventava calcio e realizzava gol impensabili per altri, aveva galvanizzato la squadra intera. Il rendimento generale era cresciuto, l’autostima pure, e cresceva parallelamente l’ansia e l’insicurezza dell’avversario di turno nel trovarselo di fronte. In pratica, il suo valore aggiunto sottraeva valore potenziale all’avversario, indebolendolo in partenza.
Mancano fantasia e colpi di ingegno calcistico
Allo stato attuale, l’Inter non dispone (purtroppo) di top players, e anche se Icardi lo è dal punto di vista realizzativo, non è sufficiente a fare la differenza sul piano del gioco. Mancano in organico altri giocatori che mostrino con una certa frequenza di poter risolvere una partita con colpi di ingegno, di fantasia, d’effetto, di acrobazia calcistica. La memoria più recente rievoca appunto Ibrahimovic, del quale si registrano parole di ammirazione per un altro formidabile centravanti con cui aveva giocato nell’Inter, Adriano Leite Ribeiro, detto l’Imperatore. Di lui, Ibra disse:
“Era un animale, poteva tirare da ogni posizione, nessuno poteva fermarlo, nessuno poteva togliergli il pallone. Era un vero animale. Ma è durato troppo poco. Non so perché, alla fine il 50% di quello che puoi fare risiede nella mente. Se non hai la testa giusta è difficile…”
Grandi giocatori, tifosi in campo
Ma c’erano anche grandi giocatori come Cambiasso, come Zanetti, capaci di sgroppate travolgenti a tutto campo. C’era Maicon che sfoggiava tiro e potenza, nonostante fosse spesso in alterazione alcoolica agli allenamenti. Di lui, Mourinho disse: http://www.gazzetta.it/Calcio/SerieA/Inter/27-05-2010/mourinho-voglio-maicon-604139816353.shtml . Stankovic inventava gol da metà campo, poi arrivarono Milito, Thiago Motta, EtòO, Schnejder, mica quaquaraquà.. Se andiamo più indietro troviamo i Recoba, i Ronaldo, giocatori in grado di esaltare il pubblico con la loro fantasia e tecnica. Ed esaltavano di riflesso anche i compagni di squadra, che tiravano fuori il meglio dalle proprie capacità per sentirsi degni e grandi a loro volta. Molti di loro erano diventati i primi tifosi sul campo, assieme a Mourinho (altro leader), e lo sono tutt’ora anche da ex calciatori. Una caratteristica che è garanzia di sacrificio e dedizione alla squadra, nel bene e nel male. Altra storia, altra Inter, oggi non abbiamo emuli di quei campioni e dobbiamo affidarci alla condizione psicofisica ottimale di tutta la squadra per ottenere risultati, spesso faticando oltremodo. Condizione che non c’è più, e i numeri lo dimostrano impetosamente.
Se tu cammini e l’avversario corre…
Quando si entra in un tunnel negativo la luce si affievolisce, aumenta il disorientamento, aumenta l’ansia e scompare la sicurezza, la baldanza lascia il posto alla titubanza. Il timore di perdere ulteriore terreno sotto i piedi irrigidisce i muscoli, la mente non riesce a mantenere il dominio, la lucidità e i riflessi si annebbiano. Per contro, questa condizione viene percepita dall’avversario di turno che, anche se di livello tecnico e categoria inferiore, ne trae vantaggio. Inevitabilmente cercherà di sfruttare l’opportunità per portare a casa il risultato di prestigio e i punti, mettendo in difficoltà l’avversario blasonato con la corsa, il pressing e l’agonismo. E’ quanto accaduto ultimamente, all’Inter, contro Udinese, Sassuolo, Pordenone e ieri contro la Spal. Partite che una squadra delle potenzialità dell’Inter in condizioni psicofisiche ottimali, difficilmente può fallire.
Gli ingredienti della vittoria
Invece accade, non solo all’Inter della quale oggi si parla di crisi. Guardiamo al Milan, e alla sua disastrosa prima parte di campionato, con media punti da retrocessione: la sequenza di componenti negative, dalla fatalità alla sfortuna, alla depressione, allo shock del cambio in panchina, sembrava non avere fine, eppure la lanciatissima Lazio è uscita sconfitta. Un mix di componenti che apparentemente sembrano non potersi integrare in un unico amalgama, possono trovare all’improvviso una formula in grado di assemblare gli ingredienti della vittoria. Il primo di questi deve scaturire sempre e comunque da una predisposizione mentale idonea a far scattare la molla dell’orgoglio, del riscatto, della rivincita. Si chiama spirito unitario, cooperazione, autostima, di solito arriva con la volontà e si mantiene con i risultati.