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Inter: società, i tifosi chiedono rispetto e spiegazioni

Una trattativa di mercato può fallire, quante ne abbiamo viste dentro e fuori dalla società nerazzurra? Ma quanto è successo dentro l’Inter ed intorno alla trattativa per Pastore in questi ultimi giorni deve essere letta con grande attenzione per capire cosa sta bollendo in Corso Vittorio Emanuele. Partiamo da un primo assunto tecnico: Spalletti non aveva chiesto El Flaco ma un altro tipo di centrocampista. Magari meno classe cristallina ma più gamba e più personalità. D’altronde dopo l’arrivo di Rafinha l’esigenza del trequartista poteva dirsi almeno parzialmente risolta, dunque il mister cercava giustamente di coprire un ruolo che né Gagliardini né Borja Valero hanno dimostrato di poter ricoprire con risultati da quarto posto. Già questo lascia perplessi, ma da tutte le parti l’allenatore mette in campo ciò che la società fornisce.

Secondo assunto: una grande società gli affari più importanti li fa e poi lo fa sapere agli organi di informazione. Ogni altro modo di operare lascia perplessi. Annunciare, parlare, far passare voci e messaggi, far nascere illusioni, permettere di costruire castelli non è una politica di comunicazione da grande società. Anche perché il mercato è quella strana cosa in cui più si parla, più si fa sapere e più i prezzi crescono. Non proprio l’ideale per chi non ha il portafogli gonfio come l’Inter. Andiamo avanti. Se una società del blasone dell’Inter avvia una trattativa con un’ altra potenza europea come il PSG è perché si presume che ci sia un interesse concreto alla definizione e ci siano le condizioni economiche per lo meno necessarie a trattare gli ormai consuetudinari prestiti con diritto/obbligo.

Nel momento in cui l’agente del giocatore scende a Milano per tre giorni, è ipotizzabile che la società abbia lanciato messaggi di disponibilità a chiudere. Quando si lascia cadere tutto per le somme di cui si sente parlare (6-8 milioni per il prestito) è evidente che l’immagine e la credibilità della società subiscono un colpo plateale.

Qualcuno, aziendalista a prescindere, potrà avviare il ritornello della diversa cultura della proprietà cinese.

A questo riguardo, iniziamo a sfatare qualche mito. Prima Thohir, ora Zhang Jindong. La poltrona di presidente di Corso Vittorio Emanuele è vuota dai tempi di Moratti! Tante belle parole, ma da 10 mila chilometri di distanza si governa male. E si governa peggio ancora quando non si gestisce solo una azienda, una società, uno spettacolo da mandare in scena ogni settimana ma una passione, un’emozione che vive dell’amore di milioni di tifosi.

Gente con la testa sulle spalle, lucida, oltre che appassionata. E in quanto tale disposta a sentire spiegazioni ma non a farsi prendere in giro. E se una potenza come Suning non dà la disponibilità a concludere un affare che comportava circa sette milioni di euro subito e circa 25 a giugno la gente nerazzurra si sente presa in giro. Qualcuno può dargli torto? Ci fermiamo qui? Neanche per idea. Ieri sera Brozovic aveva già l’aereo pronto per andare a Siviglia. Un milione per sei mesi di prestito e 28 milioni di diritto di riscatto. Brozo era in partenza ma non altrettanto Pastore. C’è la strana sensazione che quando Spalletti ha alzato la voce dicendo che Brozovic non partiva se prima non arrivava qualcuno qualcuno ai piani alti non l’abbia presa troppo bene. I soldi spagnoli evidentemente facevano gola; i tifosi guardano con molta più attenzione al quarto posto, se gli Zhang non l’hanno capito…abbiamo un problema, tutti, noi e loro.

Qualcuno potrebbe chiedersi se siamo in presenza di inesperienza, inefficienza dell’organizzazione societaria, superficialità. Certo è che la conclusione della trattativa con il PSG per Pastore un effetto l’ha già sortito: la completa delegittimazione di Sabatini e Ausilio. Due dirigenti che hanno costruito un castello di ipotesi per un affare concreto sono stati costretti a salutare i propri interlocutori francesi dovendo ammettere di non avere le prerogative per spendere una somma pari a quanto occorre per comprare un giovane per la primavera, forse meno. Ed il fatto che la proprietà abbia permesso loro anche solo di avviare questa trattativa sapendo fin dall’inizio di non avere alcuna intenzione di chiuderla diventa ancora più colpevole e fastidioso.

Una seconda possibile lettura dell’atteggiamento di Suning potrebbe tranquillamente essere tacciata di dietrologia. Ma il calcio ci ha abituato a questo ed altro. Se Suning avesse capito che il calcio europeo è cosa ben diversa da quello cinese, potrebbe iniziare a considerare l’ipotesi di passare la mano? Se iniziasse a percepire un clima di diffusa sfiducia nei suoi confronti, vista la mancanza di volontà di mettere in circolo capitali importanti per rinforzare la squadra, potrebbero tornare a dedicarsi a televisori e frigoriferi? Cosa tra l’altro certamente gradita anche al Governo cinese. Dopo queste ore tutto è ipotizzabile.

Quello che invece è certo è che aveva ragione Spalletti quando, ai primi di gennaio intercettato vicino alla sede nerazzurra, disse “voglio nascondere il cartellino dei miei calciatori, ho paura e allora sono venuto a prenderne qualcuno e me li porto a casa”. Oggi possiamo dire che quella sera il mister scherzava meno di quanto potesse sembrare. Aveva capito tutto, aveva capito che, come nel mercato estivo, le promesse sarebbero rimaste tali. E dunque almeno “salviamo il salvabile”, prima di essere costretto a mettere in campo lavastoviglie e tostapane.