Perché il mercato dell’Inter non è stato scoppiettante?
Il mercato dell’Inter analizzato tenendo conto del Fair play Finanziario e delle richieste della Uefa.
Il calciomercato ha lasciato a tutti, persino al più inguaribile degli ottimisti, un po’ di amaro in bocca. Si è parlato di Pastore, di Gaitan, di Correa, di Ramires. Sono arrivati “solo” Rafinha e Lisandro Lopez, mentre sono partiti Joao Mario e Nagatomo. Ci si aspettava di più, si aspettava quel colpo ad effetto che potesse rivitalizzare un ambiente depresso dai (quasi) due mesi senza vittorie. Ma c’è un motivo se l’Inter non ha potuto portare a termine alcune operazioni. Quel motivo può essere riassunto in tre letterine: Fpf, in inglese Financial Fair Play. In italiano Fair Play Finanziario, da qualche anno l’incubo di noi tifosi nerazzurri.
Facciamo un breve recap: l’Fpf viene istituito dalla UEFA nel 2009 ed entra in vigore nel 2011. L’obiettivo è di ridurre i debiti delle società calcistiche ed evitare che si creino voragini all’interno dei bilanci societari. Il deficit massimo consentito, nei tre anni che vanno dal 2011 al 2014, è di 45 milioni di euro. Una cifra che l’Inter è consapevole di non poter mai raggiungere.
L’Inter viene dalla stagione del triplete che, fortunatamente, ha portato a un miglioramento dei numeri del bilancio. La gestione post-Mourinho, però, è tutt’altro che rose e fiori. Vengono rinnovati contratti pesanti di giocatori in là con gli anni (Milito e Zanetti, per fare due esempi), la rosa resta quella del magico 2010, ma i risultati sono differenti e gli introiti calano vertiginosamente. Moratti chiude i rubinetti e, da quel momento, cambia tutto. Vengono ceduti, ad uno ad uno, tutti i giocatori più rappresentativi, al fine di alleggerire il monte ingaggi e di portare la società il più vicino possibile ad un pareggio di bilancio.
Nel 2013, arriva la svolta: Massimo Moratti cede la maggioranza dell’Inter al magnate indonesiano Erick Thohir, che ha come obiettivo quello di mettere a posto i conti della società. Per ovviare ai problemi derivanti dal Fpf, Erick Thohir decide di stipulare con la Uefa un Settlement Agreement, con cui si impegna ad annullare totalmente il passivo di bilancio dell’Inter entro il termine della stagione sportiva 2017/2018. Sulla panchina dell’Inter arriva Mancini, che chiede investimenti per vincere subito (o almeno per tornare in Champion’s), Viene accontentato e l’Inter spende circa 100 milioni. La squadra termina il campionato al quarto posto e, per via di un girone di ritorno sottotono, manca la qualificazione alla Coppa dei Campioni.
A giugno, cambia di nuovo tutto: il colosso cinese Suning, tramite la sua holding Suning Sports International, acquista le quote di maggioranza della società. Si presenta con tre acquisti da capogiro, arrivano a Milano Candreva, Joao Mario e Gabriel Barbosa per circa 100 milioni: sembra che l’Inter possa sfidare le big per la conquista del campionato. Purtroppo, non andrà così e l’Inter disputa una delle peggiori stagioni della sua storia, che lascia strascichi sia dal punto di vista sportivo, sia dal punto di vista finanziario. La mancata qualificazione alle coppe europee e il settimo posto finale portano alla consapevolezza che il progetto tecnico non è così solido e che tanti investimenti, anche onerosi, sono stati sbagliati.
Quest’anno, con Luciano Spalletti alla guida, la stessa squadra dello scorso anno, con l’aggiunta di Skriniar, Vecino e Cancelo, è in corsa per la qualificazione alla Champion’s League. Che permetterebbe all’Inter di migliorare la propria posizione economica e di “rischiare” qualche investimento in più.
Come abbiamo visto, al termine di questa stagione sportiva, l’Inter non dovrà avere passività di bilancio. E riuscirci non sarà facile. Mancheranno sia i premi UEFA, derivanti dalla partecipazione all’Europa League, sia i capitali che Suning aveva gentilmente fornito all’Inter, come una tantum, sotto forma di sponsorizzazioni varie. Bisognerà trovare altre strade per aumentare i ricavi e ridurre i costi.
L’acquisto di Pastore, che il PSG NON voleva cedere a cifre basse (si parla addirittura di una richiesta di 35 milioni), avrebbe portato l’Inter ad avere un netto aumento dei costi. Strategia che sarebbe stata in controtendenza con la linea societaria. Si è preferito rimanere così, per evitare di ritrovarsi a giugno nella stessa situazione in cui si è trovata la Roma nello scorso giugno. Per essere in linea con le richieste della Uefa, i capitolini han dovuto privarsi di Salah, Rudiger e Paredes, rimpiazzandoli con giocatori sì buoni, ma di livello inferiore.
Fortunatamente, abbiamo dei dirigenti (non solo Ausilio e Sabatini, ma anche tanta gente che lavora dietro le quinte), che sanno come muoversi in questo ambiente e che sono consapevoli che non sempre è saggio fare il passo più lungo della gamba. Si è deciso di rimanere così e di evitare l’affondo per Pastore, soprattutto per ragioni di bilancio: è stato valutato che il gioco Pastore non valeva la candela di un’eventuale cessione di Skriniar o Icardi a giugno per mettere a posto il bilancio e soddisfare i parametri della UEFA.
Le regole sono chiare e valgono per tutti. Inutile cadere in tentazione, pensando che il Fpf sia stato istituito solo per punire l’Inter: è una regola valida per tutte le squadre. E chi non lo rispetta, rischia sanzioni che vanno fino all’esclusione dalle coppe europee. Uno scenario che, per l’Inter, avrebbe tutti i contorni della catastrofe: una situazione che nessuno di noi si augura.