Diciamolo subito, gol a parte i momenti emotivamente più forti della serata di San Siro sono stati il ricordo di Azeglio Vicini ed il saluto tributato dal suo stadio a Walter Zenga. Per il resto il pubblico immerso nel gelo milanese ha avuto grandi occasioni per riscaldarsi solo con i fischi. Chi sperava di vedere l’Inter perlomeno convalescente è rimasto deluso. I nerazzurri sono nel pieno del virus, non c’è antibiotico, non c’è cura che tenga. Almeno per ora.
Caressa ce la metta tutta per far sembrare il Crotone il Real Madrid (fosse solo per il completo bianco) e alla fine i nerazzurri rischiano persino di fargli aver ragione. La squadra di Zenga è quello che è. Tanta corsa, tanta aggressività e poco più. Ma anche solo corsa ed aggressività, se portate con lucidità, bastano per mettere in ambasce l’Inter di questo periodo.
Inizio illogicoLa differenza tra Eder e Icardi è evidente, solo Candreva e Perisic nel primo quarto d’ora non se ne accorgono, continuando a cercare pervicacemente il cross dal fondo. Solo che non c’è Icardi in area e qualche volta non c’è neanche Eder, che svaria per non dare punti di riferimento. Almeno nei primi 15 minuti l’equivoco è evidente.
Eder ha buone qualità acrobatiche e ne dà conferma nell’occasione del gol, ma nessuno può chiedergli di fare il mattatore a tre metri da terra come riesce a fare l’argentino. Il mezzo gol del brasiliano (la sua capocciata su Faraoni prima di infilarsi alle spalle di Cordaz) è tutto quello che l’Inter riesce a produrre nella prima metà della gara.
La ripresa è da tregenda. Non è più neanche l’Inter che teme l’avversario. Teme prima di tutto sé stessa. La paura attanaglia i muscoli e spenge le idee, il Crotone padroneggia in lungo ed in largo. Il gol del pareggio è conseguenza meritata. Entra Rafinha, volesse il cielo che dopo tante polemiche il mercato regalasse una gioia. Niente, qualche buona giocata dell’ex Barca non basta a ritemprare una squadra ormai terrorizzata. San Siro, come è giusto, rumoreggia, Brozovic ha pure il coraggio di arrabbiarsi (con sé stesso ci auguriamo) quando Spalletti lo richiama in panca . Karamoh è la mossa della disperazione. L’Inter è disperata davvero e rimane tale fino al 95mo.
Poco altro da dire. Sarebbe interessante contare i palloni giocati (in orizzontale s’intende) da Skriniar e Miranda. Di certo più di quelli toccati da Vecino o da Borja Valero, segno della immane fatica che la squadra fa a far ripartire l’azione, essendo costretta a tornare indietro una, due, infinite volte prima di cercare ( e quasi mai trovare) pertugi in verticale sulle fasce.
I vecchi padroni di queste zolle, Candreva e Perisic non danno segni di ritorno dal passato in cui sembrano essersi confinati. Il croato mette una buona palla per Eder nella ripresa ma la sua partita in fase offensiva è tutta qui, a parte una ciabattata alta some al solito. Vecino gioca la solita partita grigia, Brozovic incide come un grissino su una lastra di marmo, Dalbert conferma di essere parte integrante dei soldi da rimpiangere insieme a Gabigol e Joao Mario, D’Ambrosio corre tanto e sbaglia ancor di più. Eder si salva per il mezzo gol e per la generosità. San Siro ulula alla fine ed ha ragione da vendere. Anche quest’anno il Crotone fa festa con i nerazzurri e Zenga alla fine si commuove. I tifosi nerazzurri non hanno niente per cui commuoversi. E domani niente di nuovo, continuerà a dominare la domanda che ormai si protrae da metà dicembre: perché si è spenta la luce? Non c’è salvavita, non c’è elettricista in grado di riparare il corto circuito. Il black out è totale, il quarto posto si allontana sempre di più.