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Spalletti: un leone solo contro tutti, depressi, stampa, dirigenti. E chiede aiuto ai tifosi

Indice dei contenuti

1 Spalletti, un leone accerchiato2 No ai depressi ed alla stampa del gossip3 L’attacco alla dirigenza4 C’è un talpa in sede?5 I tifosi si dissocino, per la squadra6 La chiamata alle armiSpalletti, un leone accerchiato

Esplosiva si, è il termine giusto. Non scorgere questo carattere vuol dire mettere la testa sotto la sabbia o non interpretare correttamente quello che il mister ha riferito. E’ un leone che deve tenere a bada un numero incredibile di domatori che tentano di frustare lui e la squadra. Il risultato finale è che il mister strappa la frusta a tutti e la rivolta contro di loro. L’inizio è perfino soft, quando gli chiedono della depressione dell’ambiente nerazzurro. Già parlare di depressione per una squadra che pur fra mille difficoltà è terza in classifica fa veramente riflettere sulla volontà dei media di girare il coltello nella piaga fino in fondo, o forse, riprendendo le parole del mister di voler far comunque male all’Inter .

No ai depressi ed alla stampa del gossip

Spalletti se ne è uscito alla sua maniera, tra filosofia e concretezza: “I depressi teneteceli lontano, non c’è depressione per noi. Noi siamo cittadini del cielo che abitano sulla terra, non c’è depressione per noi. Non buttiamo via niente perchè quello che abbiamo fatto è il tragitto per arrivare alla terza posizione, poi è chiaro che ci sono cose che dobbiamo fare ancora meglio.” Il clima si fa più caldo quando a Spalletti chiedono del mercato che non finisce mai e di quanto lo divertano queste voci: “Non mi fa sorridere perchè mi crea problemi soprattutto se si parla di rivoluzione. I giornali li leggono tutti e stamani quando sono arrivato erano già li a commentare quello che viene fuori”. La stampa è nel mirino del mister, soprattutto quella che parla sempre per titoli roboanti come il titolo ‘Inter Revolution’ apparso stamattina, riferito ai calciatori che potrebbero arrivare all’Inter in estate”.
Non dimentica neanche l’articolo del Corriere della Sera di qualche giorno fa. Lo fa ironicamente, parlando dell’intervista rilasciata da Skriniar che secondo lui potrebbe “essere stata tradotta all’una di notte davanti ad un ristorante”.

L’attacco alla dirigenza

E proprio nel discorso sull’atteggiamento dell’informazione con queste continue voci di mercato che destabilizzano l’ambiente, Spalletti esplode nella considerazione che farà parlare a lungo. “Sto pensando di suggerire al presidente di creare una terza squadra, la nostra, la femminile e quella virtuale con le decine di giocatori che virtualmente sono in arrivo. In quel caso la terza squadra la allenerebbe qualcuno dei dirigenti. Io non la alleno e a me interessa quelli che ci sono. Si è parlato di Sturridge e di Eder via. Sturridge ha giocato due minuti, si è infortunato e starà due mesi fuori. Se non restava Eder a toglierci le castagne dal fuoco non so cosa si mangiava. Su questa cosa non ci sto, non mi garba. E da qui in avanti prenderemo provvedimenti, perché se fate nomi qualcuno ve li darà, non saranno campati per aria di continuo per cui parlerà con il presidente. Noi siamo terzi ma manca ancora metà campionato e si parla già di rivoluzione, di nomi che devono arrivare. La terza squadra, quella l’allena uno di loro, io non l’alleno, perché questi discorsi vengono da loro, non ti preoccupare si arriva subito al nocciolo della questione”.

C’è un talpa in sede?

L’attacco alla dirigenza nerazzurra, o meglio ad un parte di essa, non potrebbe essere più esplicito. A chi si rivolga il mister non è dato ovviamente sapere ma è probabile che l’accusa sia rivolta alle stesse persone che citò pochi giorni fa parlando della notizia dell’annullamento della tournee in Cina uscita da una riunione riservata.
La frattura, se prima era restata sotto traccia, da oggi è alla luce del sole. Spalletti sente e dice che in Corso Vittorio Emanuele c’è una “talpa”, c’è qualcuno che rema contro. Da ora in poi si gioca a carte scoperte, si parlerà con il Presidente e con l’atteggiamento di chi sa di andare verso uno scontro finale, di quelli da cui si esce vivi o morti. Questo il senso di arrivare subito al nocciolo della questione. Evidentemente sa di avere nemici in società, Spalletti, magari per logiche che non lo riguardano direttamente bensì legate all’assetto societario attuale, a quelli futuri, magari a quelli che qualcuno auspica.

I tifosi si dissocino, per la squadra

Quando un generale si sente accerchiato va a cercare aiuto tra i fedelissimi. Spalletti cerca alleati laddove la passione per il nerazzurro è più forte, tra coloro che non hanno tanto riguardo alle vicende “politiche”, a quelli che hanno un’unica aspettativa, quella di vedere l’Inter tornare laddove gli compete: i tifosi. E dunque si rivolge a loro, direttamente e con parole inequivocabili: “I tifosi non devono andare ad applaudire questa squadra qui (la terza quella virtuale). A Eder hanno detto che devi andar via perché deve venire Sturridge. I tifosi non devono partecipare a fare il tifo per questa squadra. Lo devono fare per noi, per i giocatori, non per me, ma loro ne hanno bisogno. Se ci danno una mano è più facile diventare quelli che siano impossibili da ignorare. L’erba del vicino non è più verde, per me è verdissima la mia.

La chiamata alle armi

Se non si tratta di una chiamata alle armi poco ci manca. Spalletti sa cosa bolle nella pancia del tifo nerazzurro, soprattutto in questi momenti in cui un risultato positivo o negativo può essere decisivo per il quarto posto che vuol dire tornare a sentire la musichetta della Champions il mercoledì. E chiede ai tifosi di estraniarsi dal gioco al massacro del gossip del mercato, sia perché è strumentale solo agli interessi di qualcuno, sia perché c’è bisogno di loro a San Siro, a Marassi domani sera, nel derby tra quindici giorni. Lui ha bisogno di loro. La squadra ha bisogno di loro. Non di panzane sparate per destabilizzare un ambiente già di per sé non proprio paradisiaco.
Domani si gioca. L’ambiente nerazzurro è questo, ma domani si gioca. L’unica cosa che deve contare, alla fine, è questa.