Da 110 anni la nostra stella. Buon compleanno mia, nostra Inter

Indice dei contenuti

1 Inter: un compleanno triste2 Il calcio unisce, il messaggio dei padri fondatori2.1 Fratelle del mondo, fratelli nel mondo2.2 L’Inter, un atto d’amore, la nostra storiaInter: un compleanno triste

Scrivere di calcio oggi non è proprio semplice, neanche per celebrare un bel giorno, il compleanno della nostra Inter. La Piazza Santa Croce che ha tributato il saluto di Firenze a Davide Astori invade gli occhi, il cuore, l’anima di chiunque ami il calcio, fino far sembrare che non ci sia posto per altro.Qualsiasi parola sembra fuori luogo, talmente banale da apparire quasi offensiva rispetto alla morte, alla sacralità pagana con cui il popolo viola in lacrime ha salutato il suo capitano.

Il calcio dà, il calcio toglie, come la vita. Le emozioni e la sofferenza che la passione instilla nei calciofili a molti sembrano irrazionali e infantili. Poi, d’un tratto scopri che quella gente che sugli spalti sembra così strana è capace di manifestazioni di umanità che tanti grandi si sognano.

Il calcio unisce, il messaggio dei padri fondatori

Il calcio divide e unisce. In campo e sugli spalti la rivalità è pane quotidiano per atteggiamenti che spesso sfociano nella peggiore cialtroneria umana. Ma quando il momento lo richiede non c’è maglia che tenga, non c’è tifo pro o contro, le maglie dei tifosi sanno stringersi in un abbraccio di fratellanza dal calore indescrivibile. Chi cerca conferme di ciò chieda ad Allegri a Buffon ed agli altri juventini presenti in Santa Croce, accolti dal popolo viola da un uragano di applausi a significare che il calcio può unire ciò che per storia è separato.

E’ questo, in fin dei conti, il concetto che i 15 soci fondatori dell’Inter, il 9 marzo 1908, espressero nell’atto di nascita della società:
Nascerà qui, al ristorante L’Orologio di Milano, in Via Mengoni, ritrovo di artisti,
il club FC internazionale e sarà per sempre una squadra di grande talento.
Questa notte splendida darà i colori al nostro stemma:
il nero e l’azzurro sullo sfondo d’oro delle stelle.
Si chiamerà Internazionale perché noi siamo fratelli del mondo
”.

Fratelle del mondo, fratelli nel mondo

Erano loro i primi fratelli del mondo, non c’erano confini né nazionalismi tra quelle persone. Gli stranieri erano più di uno, il primo Presidente nerazzurro Giovanni Paramithiotti era svizzero. Il mondo e la fratellanza sono nel Dna dell’Inter. Quel mondo che non ha avuto confini nelle vittorie di questi 110 anni, quel mondo dalle cui parti più lontane vengono oggi proprietario e presidente dell’Inter.

Quella fratellanza che spinge la società ad investire risorse non irrisorie nel progetto di Inter Campus prima e Inter Academy oggi, per regalare un sogno ai giovani dei paesi meno fortunati della terra. Laddove miseria e guerre tolgono ai ragazzi ogni visione del mondo e della pietas umana l’Inter, per quanto possibile, c’è.
C’è per dire “alzati bambino. Non farti rubare né il presente né il futuro. Oggi hai diritto di giocare, metti questa maglia, corri dietro a questa palla e sogna, sogna la pace, sogna la libertà, sogna di essere anche tu un fratello libero in un mondo libero.”

L’Inter, un atto d’amore, la nostra storia

L’Inter nasce come un atto d’amore per il calcio e per la vita, rivolto a quella globalità che molti hanno scoperto in economia ed in politica da poco. L’orizzonte segnato dai padri fondatori al ristorante l’Orologio non poteva essere più ambizioso, il loro sguardo seppe andare al di là del particolare, del recinto tranquillo e sicuro del conosciuto. Se in quegli anni di inizio del secolo scorso le colonne d’Ercole separavano ancora il reale dall’avventura, i 15 padri fondatori seppero attraversarle senza paura.

La navigazione dell’Inter in questi 110 anni, come quella di Ulisse, è stata un’avventura ricca di periodi insidiati dalle tempeste ed altri di grande bonaccia.
E’ l’ avventura di tutti noi, la nostra storia, quella di cui è giusto non rinnegare né un atto né un momento. Quella di ieri ha posto le basi per quella di oggi. Quella di domani sarà come sempre a testa alta, con lo sguardo rivolto al futuro, alla vittoria, non per affermare un potere ma per perpetuare il messaggio dei 15 visionari che 110 anni fa ci regalarono il nero e l’azzurro in mezzo alle stelle.