Ultras: “i ribelli degli stadi”, un fenomeno che supera il tempo

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1 Ultras, “I ribelli degli stadi”2 Una storia di passione e di pregiudizi3 I lati negativi4 E’ un fatto culturale, trasversaleUltras, “I ribelli degli stadi”

La rivista “Undici” propone una bella presentazione della realtà degli ultras, fenomeno di aggregazione sociale in ogni parte del mondo. Il brano trae spunto da un libro recentemente pubblicato dal giornalista della Gazzetta dello Sport Pierluigi Spagnolo, “I ribelli degli stadi”.

La riflessione dell’autore parta da una frase “Ogni volta che un bambino sventola una bandiera allo stadio, lì rinasce il Commando Ultrà” che da sola racconta quanto sia forte il legame del tifo organizzato con il calcio.

Una storia di passione e di pregiudizi

Il libro di Spagnolo è un’accurata storia del movimento ultras italiano: le origini, gli anni d’oro, fino a quelli attuali. Ma non solo: è una riflessione sul senso, anche sociale, degli ultras, e anche un modo per restituire un’immagine scevra di pregiudizi di chi popola la curva. «L’approccio dominante della società, se c’è un episodio di violenza, o un caso di razzismo, è: chiudiamo le curve. Questo è un modo di affrontare la violenza che non ha nessun senso. Se a scuola c’è un bullo, non viene punita tutta la classe. Allo stesso modo, se in cento fanno buu razzisti, perché chiudere tutto lo stadio? Questo fa capire quanta generalizzazione e approssimazione ci sia sul tema».

Gli ultras degli stadi non sono né dei santi, né dei criminali. Né buoni e belli, né sempre e solo dei teppisti. L’analisi del fenomeno è ben più complessa e non può ridursi a una semplice generalizzazione».

I lati negativi

Ma il libro non vuole essere una strenua difesa degli ultras: vengono ricordate anche le storture, gli episodi di violenza, i morti, soprattutto. Piuttosto, I ribelli degli stadi è un appassionato viaggio nella storia dei gruppi di tifo organizzato, da Nord a Sud: la Fossa dei Leoni del Milan, i Boys dell’Inter, fino alle realtà provinciali ma non per questo meno significative. Una lettura che entusiasma per le chicche che si ritrovano, e da cui si impara anche molto”.

Il libro ricorda anche come molti dei gruppi storici che hanno fatto la storia del fenomeno ultras in Italia non esistano più (ad es. La fossa dei leoni del Milan o le Brigate veronesi dell’Hellas Verona), a causa soprattutto dell’avvento di Sky e di eventi luttuosi come la morte di Vincenzo Spagnolo a Genova.

E’ un fatto culturale, trasversale

È una sottocultura a tutti gli effetti, perché si fonda su valori riconosciuti da chi fa parte di quel movimento. Ed è anche la più longeva. Faccio un esempio. Nel 1977, a Parma, quando sono nati i Boys, le occasioni di aggregazione erano i partiti politici dell’epoca, come Dc e Pci, le parrocchie, certi sindacati, certi cinema, certe discoteche. Oggi, di tutto quello non vi è più traccia. L’unica cosa immutata è la Curva Nord».

Secondo l’autore, questo esempio fa capire il perché il fenomeno ultras è destinato a vincere la sfida del tempo “perché continuerà a esistere la tendenza ad aggregarsi attorno a una passione popolare”. In tribuna se non in curva, perché ultras è sinonimo di quella trasversalità che mette insieme sugli spalti, uno accanto all’altro, l’operaio ed il notaio, il giovane e l’attempato.
Fonte: rivista Undici