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Spalletti, guarda la Spagna e copia

Quando la lotta si fa dura …

Mica troppo, dura ma non furibonda, però qualche “duro” ha ricominciato a giocare. Forse sarà una sensazione, dopo aver visto un altro calcio ieri a Torino, ma il derby me lo aspettavo più frenetico. Soprattutto negli ultimi 20 minuti, in cui sembrava che rossoneri e nerazzurri stessero per firmare un armistizio, scordandosi i bellicosi propositi del prepartita. E il punto dell’Inter non è guadagnato, quanto piuttosto sono 2 quelli persi, perchè il Maurito che ne fa 6 in due partite, ne fa uno annullato dal VAR e ne sbaglia 3. Imitando nel peggio il CR7, che però 2 ne aveva già insaccati ai gobbi, manca allo scadere il gol partita, ciccando in scivolata il pallone a 20 cm dalla porta. Ma si era già mangiato un gol molto simile poco prima, evidentemente vige la legge del “grappolo”: o l’uva tarda a maturare, o si vendemmia a sorpresa e Icardi interpreta da solo la pazza Inter, facendo il pazzo nel bene e nel male.

Si deve crescere in testa

Progressi se ne sono visti, ma non vistosi, per ora accontentiamoci di essere sulla strada giusta per il ritorno alle vittorie in serie. Serve un pò più di cattiveria dal centrocampo in su, impariamo a giocare anche di anticipo cercando di intuire prima dell’avversario dove atterra il pallone. Serve maggior determinazione, i 3 punti vanno cercati sempre e contro chiunque, lasciando da parte i calcoli spesso ingannevoli sulle prossime partite. Ma serve anche maggior entusiasmo, e Spalletti avrebbe dovuto chiedere ai ragazzi, sia dopo la cinquina alla Samp che il tris contro il Verona: vi siete divertiti? Si? Allora perchè non continuate a divertirvi? Il calcio è un gioco, nel gioco bisogna divertirsi, altrimenti si pensi ad altro. Crescere nella testa, è quello che Spalletti deve raggiungere come risultato primario. Perchè una squadra dalle potenzialità dell’Inter, lavorando di testa non solo sul pallone, il derby lo avrebbe vinto senza troppi affanni. Capire, come ha fatto ieri il Real, quando l’avversario è in affanno, e affondare i colpi, tattica di micidiale cinismo che ti fa vincere anche quando non dai il massimo.

Quando la Spagna sale in cattedra…

…noi, italiani presuntuosi con la cresta, ce la facciamo tagliare in tutti i modi, anche con la sfiga. E quanto accaduto ieri a Torino, unito a quanto visto stasera a Barcellona, sta a dimostrare che si, ci sarà pure la sfiga. Perchè a volte la palla non entra e va a sbattere dove vuole ma non in fondo al sacco, e vedi avversari che ti irridono.  Fanno la metà dei tiri, faticano la metà, ma capitalizzano in grosse percentuali, e capisci che non è solo questione di sfiga, di pali, o del vento contrario. Inutile commentare “ma se non giocasse quello là”, perchè uno di “quelli là” tu non ce l’hai, non lo puoi comperare nè inventare. La morale della favola, anche in chiave nazionale, sta tutta lì: in 24 ore, due tempi, Spagna – Italia 7-1, e sale in cattedra chi merita di salirci. Per insegnare come si interpreta un gioco che, a prescindere dal vorticoso roteare di cifre a sei zeri o più, dovrebbe sempre ispirarsi alla sua essenza: sovrastare l’avversario, non accontentarsi mai, volere la vittoria versando una goccia di sudore in più o conquistarla usando fantasia, velocità, tecnica e la voglia di fare gol prima della voglia di non subirne. In assenza di tali ingredienti, o in quantità scarsa, i risultati sono questi.