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Inter: Severgnini dispiaciuto per la Juve. E’ la sindrome di Stoccolma Beppe?

Indice dei contenuti

1 Inter: Severgnini massimo cantore dell’interismo2 Dispiaciuto per la Juve3 Nessuna sindrome di Stoccolma4 Quali sofferenze?5 Quanto dovranno ancora pagare?Inter: Severgnini massimo cantore dell’interismo

(Inter Severgnini) Beppe Severgnini si è guadagnato negli anni il ruolo di massimo cantore dell’interismo. I suoi libri sono veri Vangeli per chi voglia addentrarsi nella psiche dei tifosi nerazzurri, nei sentimenti tumultuosi che i colori nerazzurri hanno accesso negli animi dei tifosi nei lunghi periodi neri e nelle epopee delle vittorie.

Per cui ci rivolgiamo a Lui con il rispetto che si deve ad un padre saggio ed illuminato, ad un luminare da cui tutti noi scribacchini di cose nerazzurre abbiamo da imparare. Sempre e comunque.
La sua ultima riflessione però non ci trova d’accordo. Dunque, con il capo cosparso di cenere e con la consapevolezza della nostra condizione di semplici tifosi tentiamo di riportarlo sulla retta via.

Dispiaciuto per la Juve

Sulla sua rubrica Italians sul Corriere della Sera, Beppe ritorna sull’eliminazione della Juventus dalla Champions. Già dall’incipit si capisce che qualcosa non va:

Esultare per il passo falso dell’avversario fa parte del gioco tribale del tifo. Ma dev’essere un sentimento, non un rituale. E i sentimenti ci sorprendono sempre. Il sottoscritto, nerazzurro passionale, ci è rimasto male, mercoledì sera. Quel rigore si poteva dare o non dare”.

“Concederlo all’ultimo minuto di una partita così — la Juve in vantaggio di tre gol in casa dei campioni d’Europa — era sgradevole. Peggio: crudele. Mi sono messo nei panni degli amici juventini, ho pensato cos’avrei provato se fosse accaduto all’Inter: e mi è dispiaciuto per loro.

Nessuna sindrome di Stoccolma

No Beppe, proprio tu ci hai insegnato che, al di là del tifo passionale, occorre avere sempre riguardo all’ oggettività dei fatti. Quel rigore non era né sgradevole né crudele. Era semplicemente giusto. La difficoltà di una decisione arbitrale non può essere funzione della drammaticità o della grandezza dell’impresa sportiva cui attiene. Introdurre categorie di giudizio diverse da quelle previste dal regolamento significa iniettare un concetto di soggettività e di opportunità da applicare alla bisogna e a seconda delle circostanze. Fatto che annienterebbe il calcio.

Tutti abbiamo amici juventini e in qualche modo in quegli attimi abbiamo capito fino in fondo il loro dramma. Ma non perché non fosse giusta la decisione arbitrale. La “comprensione” del loro dolore viene da altro, è figlia dell’ enormità delle nostre sofferenze, dei mille e mille torti subiti, quasi sempre causate proprio dalle vittime dell’altra sera. Solo chi ha sofferto, può capire le sofferenze dell’altro. Ma fermiamoci qui, alla comprensione del dolore, Nessuna condivisione, nessuna sindrome di Stoccolma.

Quali sofferenze?

Prosegue Severgnini. “Non giudico gli italiani che ancora brindano per il rigore del Bernabeu. La Juventus non può essere simpatica agli altri tifosi: sa superare qualsiasi difesa e in passato ha aggirato parecchie regole (due cose difficili da perdonare, per motivi diversi). Ma i bianconeri, negli ultimi tempi, hanno sofferto almeno quanto hanno gioito: per due volte si sono visti sfuggire il Triplete in finale, ora la beffa del Bernabeu. Il calcio è una forma di allenamento alla vita. Ma nella vita ci sono sconfitte e sconfitte. Quella di Madrid è stata crudele: e festeggiare una crudeltà non si può.”

Anche qui Beppe secondo noi non cogli il punto giusto. Proprio la sindrome di Stoccolma (guarisci alla svelta Beppe, per carità di Dio) ti induce in errore. Il paragone da fare non è tra quanto gli Juventini hanno gioito e quanto hanno sofferto ma tra quanto hanno sofferto loro e quanto hanno fatto soffrire gli altri. Restiamo in casa nostra, quella nerazzurra. Non siamo  certo noi a dover ricordare ad un maestro come te i torti subiti dai sabaudi fin dagli anni ’60.

Quanto dovranno ancora pagare?

Quanto dovranno pagare ancora? Tanto Beppe, almeno 7 volte 70 come dice il Vangelo, quello vero.
Come dici? 7 volte 70 indica le volte che dobbiamo perdonare?. Ci chiedi troppo Beppe, e lo sai bene. Siamo a tre (Berlino, Cardiff e Madrid), la strada è ancora lunga. E ti assicuriamo che anche noi stiamo parlando di sentimenti. I rituali dopo un po’ vengono a noia. Le sconfitte della Juventus ancora no.
Fonte: Italians Corriere della Sera

(Inter Severgnini)