Julio Cesar dice basta
Julio Cesar si toglie i guantoni per l’ultima volta e dice basta. All’età di 39 anni, il leggendario portiere di Brasile e Inter chiude la sua carriera costellata da numerosi successi. Su tutti, il Triplete conquistato in maglia nerazzurra nel 2010 agli ordini di Josè Mourinho.
Per salutare i suoi tifosi, parla in esclusiva alla Gazzetta dello Sport in edicola oggi. Ecco le sue parole: «L’ultima partita, sì: sarà meraviglioso, ma finisce un pezzo della mia vita». Con queste parole commosse saluta l’Acchiappasogni. Proprio così lo chiamano i tifosi nerazzurri, poiché capace di prendere qualsiasi cosa, anche quelle più inafferrabili, come i sogni.
Non ha rimpianti Julio, anzi: «Questi venti anni: più di un sogno. Mai, neanche quando da ragazzino fantasticavo, avrei potuto immaginare una carriera così». E poi ancora, sulla sua partita d’addio che si disputerà sabato dice: «Un omaggio: non a me, ma a chi ha permesso che succedesse tutto questo. Il Flamengo, i suoi tifosi: mi hanno preso che ero un bambino e mi hanno accompagnato finché sono diventato un uomo, pronto per il calcio europeo. Sarò io che ringrazierò loro». Parole straordinariamente umili di un ragazzo ormai uomo, che ha fatto dell’umiltà, oltre alle straordinarie doti fisiche e tecniche, la sua bandiera.
Il ricordo della notte di Madrid
Julio Cesar è stato uno dei protagonisti del Triplete del 2010. Tutti ricordano la sua parata a Messi nel ritorno della semifinale contro il Barcellona dei marziani. Ma quella parata non è stata l’unica: anche in finale ha avuto il suo bel daffare andando a prendere, con la mano di richiamo, il classico tiro a giro di Arjen Robben.
Quando racconta i momenti più emozionanti della sua carriera, la notte di Madrid, ovviamente, c’è. Ma non è l’unica. Ecco cosa racconta alla Gazzetta dello Sport: ««La prima, Campeonato Carioca 2001, Flamengo-Vasco: dovevamo vincere con due gol di scarto, Dejan Petkovic segnò il 3-1 su punizione a due minuti dalla fine. La seconda è ovviamente Madrid, la Champions: di sicuro il punto più alto della mia carriera. La terza, Mondiale 2014: i due rigori parati contro il Cile negli ottavi di finale». Infine, un pensiero su come vuole essere ricordato: «Con il mio sorriso, il sorriso di uno che ha cercato di essere amico di tutti. Un buon compagno di squadra. Anzi, ex compagno. Purtroppo».