Non pochi tifosi nerazzurri sono già proiettati a domenica prossima con la Juve nel mirino. I più esuberanti si concentrano addirittura dello scontro al vertice di domani sera allo Stadium. Di Chievo Inter si parla poco, troppo poco. Eppure il nostro scudetto passa da lì domani alle 15,00, non da Torino, non da altri stadi.
Sottovalutazione dell’avversario? Sbagliatissimo! Massimizzazione del gufaggio sperando che la Juventus riesca a perdere anche il campionato? La Vecchia Signora ci ha già fatto sorridere pochi giorni fa a Madrid, pensiamo ai fatti nostri. La Roma è passata oggi a Ferrara, laddove l’Inter nel periodo più buio dell’anno riuscì a perdere due punti al 90mo. La Lazio non dà segni di cedimento. Domani mancherà Gagliardini e, secondo le ultime news, anche Rafinha potrebbe non essere della partita fin dall’inizio.
Non vincere a Verona significherebbe con molta probabilità sotterrare ogni speranza di quarto posto, con tutte le polemiche conseguenti. Polemiche che, in larga misura, sarebbero sollevate da chi oggi scrive che tutto era già deciso fin dallo scorso mercato, che occorre l’ennesima rivoluzione, #Spallettiout e #Suningout e via dicendo.Pronti il giorno dopo a riprendere a smoccolare perché tutti incompetenti in Corso Vittorio Emanuele, tutti senza la grana, mica come la Juve, mica come i cugini…
Soffrire è nel DNA nerazzurro. Non è uno slogan, è la nostra storia che lo racconta con dovizia di particolari.
La speranza è l’altra faccia della sofferenza, l’unico appiglio cui aggrapparsi quando tutto gira contro. Se oggi siamo costretti a soffrire e sperare la colpa non è di Roma e Lazio, è solo nostra per gli assurdi mesi invernali vissuti in campo e fuori. Ma gli scienziati del piagnisteo o peggio ancora quelli del tafazzismo stiano alla larga per favore.
Ieri in molti hanno celebrato sui social il ricordo del 20 aprile di otto anni fa con la straordinaria vittoria sul Barcellona di Pep Guardiola. Da li iniziò un mese incredibile, che solo a ricordarlo fa venire i brividi. Ecco, davanti all’Inter, a questa Inter, c’è un mese da vivere con la stessa intensità, con la stessa coesione tra società, squadra e tifosi che nel 2010 ci portarono in cima al mondo. Chievo non è Barcellona, non è Roma, non è Bayern. Ma dovrà esserlo, necessariamente, se solo vogliamo sperare di tornare a vivere emozioni come quelle.
Il carro è quello che è. Se qualcuno non se la sente e vuole scendere, prego si accomodi fuori. Noi vogliamo vivere questo mese come una lunga volata, in apnea, sapendo che i nostri avversari sono di gran livello ma possono cedere. E se Lazio Inter del 20 maggio dovrà essere decisiva, che arrivi alla svelta questa occasione per chiudere una ferita di tanti anni fa e per dimostrare che l’Inter può tornare a giocarsi la propria storia in 90 minuti.
Solo dopo quella sera si faranno i conti. Per chi teme la sofferenza non c’è posto sul carro. Ci sono le gite fuori porta con gli amici, le domeniche all’Ikea o al centro commerciale più vicino a correre dietro alle mogli. Auguri.