L’interista Cottarelli: “Icardi mai alla Juve. Noi nerazzurri siamo orgogliosamente diversi”

Carlo Cottarelli è stato intervistato dalla Gazzetta dello Sport

Per il bene dell’Inter, invece, Icardi deve restare? Lo ha chiesto la Gazzetta dello Sport al professor Carlo Cottarelli, tornato alla ribalta sui giornali nelle ultime settimane per le note vicende politiche. “Non sono particolarmente innamorato di lui, ma direi di sì. Certamente, mai alla Juve”, risponde lui che è un interista doc.

Lei è un interista anti-juventino?
“Le potrei rispondere con la famosa battuta dell’avvocato Prisco che corre a contarsi le dita dopo aver stretto la mano a… Vabbé, lasciamo perdere, non mi piace che lo sfottò diventi volgarità. Agli juventini dico solo che una società che ha vinto tanto deve anche accettare di essere contestata ogni tanto”.

Ma perché vince sempre la Juventus?
“Io mi farei un’altra domanda: perché in Europa da anni vincono sempre le solite note?”.

Ce lo dica lei…
“Perché c’è il fair play finanziario. Ci faccia caso, da quando la Uefa lo ha introdotto, vincono solo le più ricche, che si sono ulteriormente rafforzate. Mentre le meno ricche non hanno colmato il gap, anzi lo hanno aumentato”.

Lo dice perché l’Inter deve incassare circa 40 milioni entro la fine del mese per rientrare nel fair play Uefa?
“Lo dico perché dopo anni ancora non riesco a capire il meccanismo per cui talune società possono fare le operazioni che vogliono, mentre altre devono pareggiare entrate e uscite”.

A proposito, cosa manca all’Inter per fare il salto di qualità?
“Un centrocampo forte. Con tutto il rispetto, se prendi Borja Valero e Vecino dalla Fiorentina, non puoi pensare di lottare per lo scudetto. Con uno come Strootman, magari sì”.

Ha più fiducia nell’allenatore o nella proprietà?
“Senza dubbio in Luciano Spalletti. Un tecnico preparato e intelligente. Se fosse arrivato un paio di stagioni prima, avremmo già vinto qualcosa”.

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I cinesi non la convincono?
“Ho il massimo rispetto per quello che sta facendo Zhang, ma in generale non mi affascinano le proprietà straniere”.

Detto da uno come lei…
“Lo so, è una visione romantica e forse anacronistica, ma io dopo aver avuto i Moratti vorrei un azionariato diffuso di grandi interisti. Sarei il primo a dare il mio contributo. Non si diventa dell’Inter se si compra l’Inter, non è automatico”.

Siamo alla diversità dell’interismo?
“Sì, siamo orgogliosamente diversi. Innanzitutto, non siamo mai andati in Serie B”.

La Juve, ci risiamo…
“Ma no, cosa devo dirle? La storia per me inizia nel 1961, lo scudetto della Caf. Vuole sapere dell’ultimo Inter-Juve? L’ho visto in una pizzeria di Londra con moglie e figlia e quando hanno espulso Vecino me ne sono andato imbufalito”.

Scelga cinque grandi giocatori che le sono rimasti nel cuore.
“Non facile. Al primo posto Corso, un mito vero. Il suo calcio era poesia. Poi Facchetti, quando è morto ho pianto come un bambino. Rummenigge, era davvero un’ira di Dio. Nel corso degli anni mi sono affezionato a Bergomi e Zenga. Devo arrivare a sei, non posso tenere fuori Cambiasso: è stato ingiusto e prematuro lasciarlo andar via dall’Inter”.