Indice dei contenuti
1 Prandelli ricorda il 2014, l’ultimo ct a giocare il mondiale con l’Italia2 Dopo quattro anni cosa non ha funzionato?3 Il calcio Italiano è in ritardo rispetto al resto d’Europa4 Prandelli e la sua carriera5 Mancini nuovo ct della Nazionale6 La Nazionale azzurra e le altre Nazionali, le differenzePrandelli ricorda il 2014, l’ultimo ct a giocare il mondiale con l’Italia
Prandelli nella lunga intervista concessa al Corriere dello Sport, ricorda come il suo sia stato l’ultimo mondiale con gli Azzurri.
Ecco l’intervista completa all’ex allenatore della Nazionale:
Prandelli, torniamo a Natal? «Preferirei di no».
Natal, le ore 13 del 24 giugno 2014. E’ l’ultima partita del girone di qualificazione dell’Italia, sarà anche l’ultima partita di un Mondiale dell’Italia. Se ci riusciremo, faremo la prossima in Qatar, otto anni dopo Natal. Il ct di quella Nazionale era Cesare Prandelli, ultimo ct a giocare un Mondiale.
Anche per noi è doloroso tornare a quel pomeriggio. A lei il primo ricordo che viene in mente qual è? «Tutti viviamo col proprio passato, ma se mi chiede il primo ricordo rispondo Manaus, piena Amazzonia, non Natal. La prima partita l’abbiamo giocata benissimo e vinta contro l’Inghilterra. Poi è arrivata la seconda giocata non bene e persa contro il Costa Rica, che è stato eliminato ai quarti di finale solo ai rigori dall’Olanda e che quest’anno si è qualificato di nuovo per il Mondiale in Russia. Questo per dire che il calcio va avanti in ogni angolo del mondo, solo noi pensiamo di essere i più bravi di tutti».
E poi Italia-Uruguay 0-1, quando sarebbe bastato un pareggio... «Cerco di cancellarla, ma non ci riesco. Siamo rimasti in 10 per l’espulsione di Marchisio e la partita è stata quella lì. Il rammarico grande è stato finire in un girone con tre nazionali che nella loro storia hanno vinto il Mondiale».
Dopo quattro anni cosa non ha funzionato?
Se pensa al ritiro di Mangaratiba, a distanza di 4 anni può dire cosa non ha funzionato? «Ci sono state polemiche perché in Italia piace farne di ogni tipo. Non bastavano le mie dimissioni, non bastava che dicessi “è colpa mia”. Il ritiro lo avevamo concordato un anno prima, quando abbiamo giocato la Confederations Cup. Con i dirigenti e i giocatori abbiamo deciso per un posto non lontano da Rio, non troppo isolato, ma che ci desse la possibilità di vivere il Mondiale con le nostre famiglie. Durante la Confederations erano emerse delle storie che poi sono rimaste un po’ sotto traccia, si parlava di giocatori di alcune nazionali beccati in camera con delle prostitute. Io mai avrei voluto trovarmi in una situazione del genere. Allora ho deciso di andare con le famiglie e con i bambini, che creano sempre un clima sereno e gioioso e a Mangaratiba il clima era così, sereno e gioioso. Poi i risultati…».
Lei a Natal disse: “E’ colpa mia perché sono io il responsabile del progetto tecnico” e si dimise. Ma all’interno di quel progetto, qual è stato lo sbaglio più grosso? «Contro il Costa Rica nel secondo tempo siamo andati in fuorigioco 14 volte, vuol dire che qualcosa sui tempi non è andata bene. Ma era anche una questione di esperienza: abbiamo portato dei giocatori che sono ancora in Nazionale, allora erano molto giovani».
Il calcio Italiano è in ritardo rispetto al resto d’Europa
Già alla sua epoca, e anche prima, si discuteva sul ritardo del calcio italiano rispetto al resto d’Europa. «Otto anni fa avevamo fatto delle proposte, per esempio iscrivere una nazionale Under 21 al campionato di Serie B, fare in modo che, una volta usciti da Coverciano, i migliori allenatori venissero impiegati per due anni nel settore giovanile. Provi a immaginare Allegri, Conte e Ancelotti che dedicano due anni al sistema calcio. Ma alla base dovrebbe esserci l’interesse della Nazionale: basterebbe che i presidenti e la Lega pensassero per un minuto al mese alla Nazionale. E’ un bene comune e quando fallisce è tutto il sistema a fallire. Ma la federazione è stata commissariata, stiamo parlando di un calcio che ha mille problemi».
Si parla sempre dei troppi stranieri in Serie A e in Primavera. «Fino a 17-18 anni siamo competitivi, poi non abbiamo il coraggio di farli giocare in prima squadra. E allora meglio che accada delil contrario: dovrebbero essere i nostri giovani a trovare il coraggio di andare all’estero. Non gioco in Serie A perché ci sono troppi stranieri? Bene, allora vado anch’io all’estero. L’esempio è Cristante: è stato in Portogallo, è tornato ed è uno dei centrocampisti più interessanti».
Prandelli e la sua carriera
Ha mai pensato a come sarebbe stata questa seconda parte della sua carriera se si fosse fermato, come ct, all’Europeo? «Ogni tanto, quando sono un po’ malinconico, ci penso, sì. Ma non è giusto. Perché quando ho preso la decisione di continuare è stato perché c’era un ambiente particolare, tutti mi volevano in quel ruolo, c’era un movimento che andava oltre il calcio. Come ho sempre detto, non si può dire di no alla Nazionale».
E’ probabile però che le sue scelte successicordo ve alla Nazionale siano state determinate da quanto era accaduto in Brasile. «Sicuramente sì. E’ stato un errore buttarsi subito a capofitto nel Galatasaray, dove fra l’altro mi hanno esonerato quando ero secondo. Sono scelte dettate dalla voglia di rimettersi subito in gioco».
Mancini nuovo ct della Nazionale
Lei e Mancini siete legati da un intreccio curioso. Mancio è stato allenatore della Fiorentina e del Galatasaray prima di lei e lei è stato ct prima di lui. La Nazionale è in buone mani? «Quando è diventato ct, gli ho mandato un messaggio per ringraziarlo. Sì, lo ringraziavo perché, accettando la Nazionale e lasciando ingaggi molto più robusti, ha fatto una scelta coraggiosa, una bella scelta. Ha voluto la Nazionale, per me è un bel valore. Mi piace pensare che ci siano ancora delle persone così».
A proposito di Mancini, dopo di lei è stato il ct che ha dato fiducia a Balotelli. Lei era stato l’ultimo. «Sono stato anche il primo, se è per questo».
Vero. Lei è stato anche il primo e come ricompensa Balotelli l’ha lasciato in mezzo a una strada, ma questa è storia vecchia. La domanda è: Mancini riuscirà a rilanciarlo? «Lo conosce molto bene, e poi mi sembra che ora Mario sia una persona diversa, più maturo, ha due figlie. Dipenderà tutto da lui, anche se avrà sempre addosso la lente d’ingrandimento di tutti. Il profilo che sta mantenendo è buono».
Cosa le disse quel giorno sulla pista di Malpensa quando atterrammo da Rio de Janeiro con quel fallimento addosso? «E’ stato un momento particolare. Gli dissi che avrebbe dovuto fare tesoro di quanto era appena successo, come tutti noi. Non ricordo esattamente le parole ma il concetto era questo: in una squadra bisogna mettere da parte l’io e pensare al noi».
La Nazionale azzurra e le altre Nazionali, le differenze
Ha visto le ultime partite della Nazionale? «Sì».
Quanto siamo distanti dalle grandi? «Molto. Le nazionali che stanno andando veloci, come la Germania e la Francia, basano la loro vera qualità sulla fisicità che noi italiani non abbiamo. Abbiamo sempre avuto i talenti, ma mai giocatori di potenza ed esplosività. Il nostro problema sono le fibre, abbiamo bisogno di innesti come fanno i tedeschi, i francesi e gli inglesi. I talenti non ci mancano: Chiesa, Insigne, Bernardeschi».
Come vede il prossimo Mondiale? «Sono curioso. Da allenatore mi auguro di vedere qualcosa di nuovo, ma se sarà difficile».
Sempre Germania favorita? «Germania, Argentina, Brasile, spero anche in qualche sorpresa, magari un’africana, come il Marocco di Benatia o l’Egitto di Salah se recupererà per tempo».
La Spagna senza Xavi? «Spagna e Francia potrebbero fare un grande Mondiale. La Spagna ha un concetto di gioco che tutti gli interpreti conoscono a memoria. La Francia è ricca di giocatori giovani, con grande entusiasmo e con una potenzialità enorme nelle ripartenze: se danno spazio a Mbappé, può diventare un bel Mondiale per Deschamps».
Il talento della Croazia non la stuzzica? «Sì, è una squadra che mi intriga. Come la Colombia