Indice dei contenuti
1 Un coniglietto si arrampica sul tavolo, annusando la copertina del libro.2 Capitolo esonero, una ferita ancora aperta3 Il periodo più felice della mia vita, forse l’adolescenza4 La Pazzia in Erasmo è un tema ricorrente nel libro5 Il punto di vista di Capello6 La Serie A, il Napoli e la Juventus campione d’Italia7 Il MondialeUn coniglietto si arrampica sul tavolo, annusando la copertina del libro.
«Elogio della Follia» di Erasmo da Rotterdam, Vincenzo Montella si racconta alla Gazzetta dello Sport, parlando del suo esonero, del suo futuro.
Perché ama questo libro? «Perché tratta argomenti seri in modo ironico. Credo che rispecchi un po’ il mio carattere».
Lo sa che è il libro preferito di Silvio Berlusconi? «No, non lo sapevo. Allora abbiamo qualcosa in comune…».
Se è per questo anche il Milan. A proposito, Erasmo si dedica molto alle menzogne: lei pensa di esserne stato vittima? «Sicuramente. A volte con una cattiveria non necessaria».
È inevitabile che i giocatori esaltino il nuovo allenatore e parlino male dell’esonerato? «Guardi, io sono stato calciatore. A volte si cercano alibi per motivare le proprie scarse prestazioni. Ai miei tempi, invece, la vivevo sempre come una sconfitta e quindi pensavo di dover fare qualcosa in più».
Capitolo esonero, una ferita ancora aperta
Quanto l’ha ferita l’esonero? «Ovvio che ci sia rimasto male. Era iniziato un progetto ed è stato interrotto in maniera poco giusta. Dove c’è un cambio di società e una rivoluzione di calciatori – noi avevamo più di 10 nuovi e di tante nazionalità – di cui solo uno con una storia da Champions (Bonucci, ndr). La società non ha avuto pazienza. Credo invece che avrei meritato un po’ di tempo in più».
I suoi rapporti con Gattuso? «Buoni. Avrei preso anche io quella opportunità. Prima del mio esonero mi diceva sempre: “Non dire che è una squadra forte perché non è così”. In effetti si erano create delle aspettative troppo alte, anche se la rosa non è sopravvalutata. È giovane, può crescere. L’obiettivo era la Champions e io ho cavalcato le aspettative. Certo, vederla fuori dalle Coppe è clamoroso. Non ne avevo mai avuto la sensazione, Penso che anche per l’Uefa sia stata una scelta dolorosa, perciò avranno avuto le loro motivazioni ».
Il periodo più felice della mia vita, forse l’adolescenza
Se si guarda indietro, qual è stato il periodo più felice della sua vita? «Forse l’adolescenza, gli anni di Empoli. Prima di diventare famoso. Ma la felicità ha picchi e cadute. Meglio la serenità».
E il picco di felicità da allenatore? «Ne dico due: la Supercoppa vinta col Milan e nel vedere come giocava la mia Fiorentina».
Quali errori non rifarebbe? «Ne ho fatti, ma vanno sempre contestualizzati. Perciò rifarei tutto, anche andare alla Sampdoria o al Siviglia. In Spagna, ad esempio, abbiamo fatto benissimo in Champions e in Coppa del Re, pagando però nella Liga».
Ha subito dei tradimenti? «Quelli ci sono sempre, ma non provo rancore».
Erasmo dice che la fortuna non ama le cose troppo sensate: lei è stato a volte troppo saggio? «Forse sì. Io ho una placida follia, perciò non mi reputo particolarmente fortunato. Forse dovevo essere più folle nella comunicazione col Milan. Avrei dovuto farla diversamente, invece ho seguito la società».
La Pazzia in Erasmo è un tema ricorrente nel libro
Parlando di pazzia,è stato in questa casa che nel 2012 disse no alla Roma? «Non è andata proprio così (ride, ndr). Con Franco non ho avuto problemi, mentre con Sabatini ci sono stati screzi durati fino a un chiarimento. Motivi? Vari.
Avevo dato le mie condizioni. Mi sembrava giusto. Se diventi l’allenatore della Roma, devi essere rispettato a priori. Se non ti senti così, meglio non fare niente. Ma nessun rimpianto. La Roma è rimasta qualcosa d’incompiuto. Chissà, sono ancora giovane (ride, ndr)».
Il punto di vista di Capello
Dopo i litigi del 2001, adesso capisce meglio il punto di vista di Capello? Cioè, lei schiererebbe tutti insieme Totti, Delvecchio, Batistuta e Montella? «Difficile, dipende anche dagli altri in campo. Magari si potrebbe farlo per sbloccare la partita. Adesso Capello l’ho capito, ma non sempre. Io comunque avevo un carattere non facile per i tecnici.
Forse era il mio modo per rendere al meglio. Ecco, quello non è stato fra i miei periodi più felici. Ero sempre arrabbiato».
Erasmo dice che la paura e la vergogna impediscono la conoscenza: le ha mai provate? «Paura no, ma se penso a qualcosa che ho fatto, mi vergogno un po’ per quella reazione con Capello a Napoli, la settimana prima dello scudetto (calciò una bottiglietta verso il tecnico con cui litigava, ndr)».
Usando il cuore, quale squadra le piacerebbe allenare? «Lei si stupirà, però mi piacerebbe tornare al Catania».
La Serie A, il Napoli e la Juventus campione d’Italia
È una follia che nella prossima Serie A l’Italia finisca a Napoli? «Sì, ci sarebbero tante realtà del Sud come Bari, Palermo, Reggina. Speriamo tornino presto».
Ancelotti a Napoli è una pazzia? «No, una sorpresa. Credo che si creerà una bella chimica fra la follia positiva di De Laurentiis e la tranquillità di Carlo».
Dopo la Juventus chi c’è? «Al momento dietro c’è proprio il Napoli, poi Inter e Roma. I nerazzurri si stanno rinforzando in modo giusto e Monchi con i giovani è una garanzia».
Se pensa a un giovane che avrà un futuro, chi nomina? «Difficile… Il primo che mi viene in mente è Bastoni, passato dall’Atalanta all’Inter. Avrà un futuro straordinario»
Da tecnico le capita mai di pensare: «Io ero più bravo»? «I primi tempi che allenavo sì, ma ho capito che era un errore. Certo, il livello medio della Serie A si è abbassato, e lo dicono tutti gli indicatori».
Qual è la cosa che più le ha pesato fare nel mondo del calcio. «Non ho dubbi: scegliere chi mandare in tribuna nella finale scudetto dei Giovanissimi (2010, ndr). Era il sogno di tutti quei bambini. È stata un’esperienza che mi ha segnato. Fatta quella, a escludere chi fa il professionista non ho faticato».
Il Mondiale
Ora c’è il Mondiale: ha mai rimpianto di non essere stato scelto nel 2016 per la Nazionale? «Ero nella rosa e in quel momento mi dispiacque perché ci credevo ed era un’aspirazione».
Si mormorava che lei fosse spinto dal «Giglio Magico» di Renzi. «Guardi, se c’è una cosa che non so fare sono le pubbliche relazioni con le persone importanti.
Renzi lo stimo ed è un amico, ma non ci frequentiamo.
Comunque se fosse stato vero, mi farebbe piacere».
Comincia la stagione e lei non ci sarà. Sarebbe follia tornare ad allenare una squadra in corsa? «Sì, ma ormai ho esperienza anche in questo. Ho avuto diverse offerte, dall’Italia e dall’estero. Vuole sapere la verità? Vorrei una proposta che abbia della follia, ma la sto ancora aspettando».