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Roberto Mancini stupisce anche sulle piccole cose: quando arriva al Centro federale di Catanzaro e vede la folla di tifosi in attesa sotto il sole cocente, non si tira indietro.
Novanta minuti intensi per ritirare il premio Nicola Ceravolo e rispondere a tante domande: il prossimo campionato, la sfida alla Juve campione, l’arrivo di CR7, l’intrigo Bonucci.
E ancora: il futuro della Nazionale, i giovani da valorizzare, Pirlo nelruolo di vice, il Mondiale e la Francia, fino all’Under 19 con una promessa. Insomma, Mancini ha fatto il Mancini: ci ha messo la faccia anche su quesiti scomodi.
Oggi è il giorno dei calendari della A: in momenti simili non le manca la panchina di un club? «Perché mai? La Nazionale resta un punto di arrivo per qualunque allenatore. Così come lo è indossare la maglia azzurra per i giocatori. Poi c’è chi preferisce avere un rapporto quotidiano con la squadra e magari non si sente portato per fare il selezionatore. La mia una scelta del cuore? Anche, mi sentivo pronto per una esperienza così importante. Abbiamo iniziato un percorso: speriamo di riportare l’Italia tra le protagoniste del calcio internazionale».
Intanto in A è arrivato Cristiano Ronaldo, che segnale è? «Ottimo, per la Juve e il movimento. Dai campioni s’impara sempre e i nostri giovani, che sono già nel giro della Nazionale, possono solo migliorarsi avendo la possibilità di affrontarlo. Insomma, uno come lui è una benedizione per la A. E spero sia il primo di una lunga serie. Sono i calciatori mediocri presi all’estero che non vanno bene, non i fuoriclasse».
Ma con CR7 si gioca per il secondo posto? «E chi lo ha detto? La Juve è la favorita: ha vinto 7 scudetti di fila e ha preso Ronaldo. Ma nel calcio il campione da solo non basta, l’ultimo Mondiale ne è una dimostrazione. E anche altre big si sono rinforzate».
E quindi? «Credo e mi auguro sia un campionato combattuto: Roma, Napoli, Inter e qualche altra possono puntare allo scudetto. Il mercato è aperto, vedremo gli assetti definitivi. Ma sono convinto che per la Juve non sarà una passeggiata».
In bianconero potrebbe ritornare Bonucci, possibile capitano della Nazionale. Che ne dice? «Bonucci è un giocatore straordinario e di esperienza. Per l’Italia è un punto fermo, dove sia meglio continuare la carriera è affare suo.Di sicuro darà un grande contributo dovunque andrà».
Legato al destino di Bonucci c’è quello di Mattia Caldara, uno dei giovani che lei ha già lanciato. Preoccupato? «No, l’importante è che i giovani giochino con continuità, facendo esperienza internazionale. Solo così si fa il salto di qualità. Quindi il mio auspicio per i vari Caldara, Rugani, Chiesa e così via è di vederli il più possibile in campo».
E con Mario Balotelli come la mettiamo? «Vale anche per lui questo discorso. Mario ha grandissime potenzialità, può essere decisivo come nel 2012 quando portò l’Italia in finale all’Europeo. È un attaccante centrale completo: ha forza fisica, tecnica, tiro e colpo di testa…».
E con i «colpi di testa» possiamo stare tranquilli? «E’ cresciuto, ha 28 anni. Da ragazzo uno commette tante fesserie, anche io ne ho fatte. L’importante è capire i propri errori, farne tesoro. Mario nell’ultimo raduno mi è sembrato maturo, voglioso di ritornare un calciatore importante anche in azzurro. Deve giocare e dimostrare che il passato è passato. Sono fiducioso».
Intanto la Nazionale si rafforza con l’arrivo di Andrea Pirlo come suo vice. «Attendiamo che sia ufficiale. Comunque, Andrea vuole fare l’allenatore, quindi la strada da fare è questa. Sarebbe un giusto inizio. Poi uno con le sue qualità mi servirebbe anche in campo… Battuta a parte, aspettiamo, ma sarebbe importante averlo tra noi».
A proposito di senatori: Buffon ha detto no alla sua chiamata, mentre De Rossi ha risposto presente. «E’ presto per parlare di convocazioni, ma in un gruppo di 25- 30 giocatori avere gente di esperienza nello spogliatoio è fondamentale. Buffon ha fatto una scelta, va rispettato. A settembre vedrò a chi affidare questo ruolo da chioccia, De Rossi potrebbe esserlo».
A inizio giugno Francia-Italia finì 3-1, alla luce del Mondiale vinto dai Bleus quel risultato non era così malaccio. «Tutt’altro: quella è stata la migliore prestazione delle amichevoli disputate sotto la mia gestione. Loro si stavano preparando perla Russia: erano alti e anche della forma fisica, noi all’anno zero. Eppure le distanze non furono abissali. Dobbiamo ripartire da gare così: prestazioni simili ci devono dare fiducia, specie dopo quello che è accaduto al Mondiale».
Promosso il torneo russo? «Mi è molto piaciuto, ho visto partite aperte e tante nazionali non considerate alla vigilia sono andate avanti, rischiando di vincerlo. Le sudamericane fuori dalle prime? Non è una sorpresa, in Europa il calcio è ai massimi livelli specie perché si gioca di squadra. Il concetto di squadra supera il gap che si può avere quando non hai un fenomeno in gruppo. La lezione del Mondiale è questa: Messi, Neymar, Ronaldo da soli non bastano. L’Italia ha la possibilità di battersi con i più forti anche se in questo momento ci manca un fuoriclasse».
Primi segnali di rinascita: Under 19 oggi in semifinale dell’Europeo contro la Francia. «Grande cosa: seguirò la partita con trepidazione e… Qui lo dico e qui lo nego per scaramanzia, ma in caso di finale andrei a vederli dal vivo».
Lei ha allenato spesso all’estero: noi importiamo giocatori stranieri, ma esportiamo tecnici. L’ultimo è Maurizio Sarri. «La nostra scuola è probabilmente la migliore ed è una bella medaglia per la Federazione e Coverciano».
Però la A resta dietro alla Premier League. Concorda? «Ci sono tanti fattori che contribuiscono a rendere il campionato inglese migliore: le strutture, il clima negli stadi, la serenità nel poter fare il proprio lavoro. Il resto è una conseguenza a iniziare dai tanti campioni che scelgono di andare lì. La A deve migliorarsi e la Premier resta un modello».
Magari anche nella gestione dirigenziale dei club, da noi ci sono troppe situazioni ambigue. «Anche questo è un aspetto sul quale fare mea culpa. Non bisogna generalizzare, perché anche oggi ci sono figure valide e competenti, ma è vero che si sente la mancanza di simboli portatori di valori positivi. Penso a Paolo Mantovani che ho avuto alla Samp: se sono cresciuto come uomo e giocatore, molto del merito è suo».
A settembre si riparte da Polonia e Portogallo con la Nations League. Che Italia vedremo? «Vogliosa di far bene: il nostro obiettivo resta l’Europeo, ma ogni competizione sarà importante anche per risalire nel ranking. Promesse? Beh, qui ci sono tanti bambini e sapere che hanno visto un Mondiale senza l’Italia è triste. Quindi, mai più una cosa simile. La Nazionale deve qualificarsi sempre, perché poi una volta dentro sappiamo farci rispettare».