Prima uscita ufficiale per l’Inter e grande attesa per l’esordio di Lautaro Martinez. Il Toro è pronto al debutto dopo le ottime prestazioni in precampionato.
La Gazzetta dello Sport, ai suoi microfoni, ha intervistato il tecnico delle giovanili del Racing, Manuel Fernandez, che ha visto crescere Lautaro e ha parlato della sua storia, ma anche delle sue doti principali.
Queste le sue parole: «Al Racing è arrivato a 17 anni. Una stranezza. In Argentina quelli forti, da prima squadra, di solito sono in una grande sin da piccolini. Lui nel 2014 giocava ancora nel Liniers di Bahia Blanca. Arrivava tardi, ma ha fatto tutto di fretta: due anni dopo era titolare coi grandi, poi l’Europa».
Sviluppo tardivo o c’è un altro motivo?
«Aveva fatto prima un provino al Boca, in cui diceva che lo avevano trattato male. Poi uno al San Lorenzo che aveva deciso di non tesserarlo. Ed era molto legato alla famiglia. Faceva fatica a lasciare il nido».
Al Racing è andata meglio.
«In realtà all’inizio ha avuto problemi anche da noi. Nei primi tempi voleva tornare a casa. Dopo una settimana che era con noi partivamo per un torneo a Mar del Plata. Lui non sarebbe dovuto venire, era arrivato da poco ma si infortunò Brian Mansilla, che oggi è il centravanti del Racing. Così venne Lautaro: in quelle 5-6 partite del torneo segnò 12 o 13 reti. I compagni lo soprannominarono lì «El Toro» e da allora si preoccuparono tutti che stesse bene, che non avesse nostalgia. Avevano capito che li avrebbe fatti vincere».
La facilità di far gol era la caratteristica che colpiva di più?
«Non la principale. Io notai subito che sapeva giocare il pallone con entrambi i piedi: in una situazione di difficoltà poteva uscire sia da destra che da sinistra. E che quando si spostava da centravanti a una posizione da numero 10 sapeva gestire la palla e non la perdeva mai».
Una cosa che si è vista anche all’Inter. Qual è il suo ruolo vero?
«Può fare tutti i ruoli d’attacco: da esterno ha velocità e salta l’uomo, in area vanta quell’olfatto speciale per il gol. Da 10 ha difesa della palla e capacità di gestirla. Ha mille varianti».
A chi somiglia?
«Dico Aguero perché anche il Kun può stare in area o uscire fuori. Non ho dubbi che possa arrivare ai suoi livelli».
Fuori dal campo com’è?
«In tre anni ha fatto i “salti” che di solito si fanno in dieci. Il rischio di confonderti è alto, quello di perdere la direzione è reale. Invece in lui di pari passo col livello e la fama aumentano l’umiltà e la concentrazione. E’ come se avesse fatto un pieno di fame a casa sua che adesso vuole saziare in fretta».
Vi sentite? Cosa dice dell’Inter?
«Parlo con lui spesso, è contento, si trova bene. Uno dei motivi per cui ha scelto l’Inter è per avere più minuti che altrove. Vuole giocare sempre, per adattarsi e crescere».
Fonte: Gazzetta dello Sport