Anarchia, genio e calzettoni a cacaiola, ad averne oggi di gente così
Inter: Mario Corso, 77 anni di Inter
(Inter News) Molti dei (pochi) lettori di questo pezzo lo avranno visto solo in qualche comparsata negli studi televisivi della varie reti private che parlano di calcio. Ma Mario Corso, questo signore spelacchiato, con le orecchia un po’ a sventola e quella vocina da gatto chiuso in un uscio, è ancora dopo più di 50 anni un’icona straordinaria del mondo nerazzurro.
Oggi c’è la rete, c’è You tube che può aiutare i più giovani a capire quanto sia stato grande Mariolino. Il Chino Recoba degli anni ’60, con tanta classe in più e tanta voglia di correre in meno (e già che l’uruguaiano non eccelleva in questa disciplina). Ma il suo concetto di calcio era un altro, era la palla che doveva correre, non lui. E lui sapeva farla correre come nessun altro, ai suoi tempi ma anche ai nostri.
Il primo vero trequartista
Oggi Corso compie 77 anni e gli auguri a questo signore del pallone interista sono d’obbligo. Lui se li farà scivolare addosso, con la stessa nonchalance con cui sembrava stare in campo. Salvo poi esplodere lampi di classe assoluta, di genio pallonaro di livelli sconosciuti anche a tanti che oggi riempiono le pagine ed i conti in banca.
Gianni Brera inventò per lui “i calzettoni a cacaiola”, abbassati sulle caviglie, quasi una provocazione ai difensori avversari come a dire “eccomi qua, senza protezioni, beccatemi pure se vi riesce…”.
Giocava con l’11 sulla schiena senza essere un attaccante puro, men che meno un centrocampista. Corso era uno cui non potevi dire “fai questo, gioca lì…”, sapeva lui cosa fare in quella terra di mezzo tra il centrocampo dove regnava Suarez e l’attacco dove Mazzola prima e Boninsegna poi asfaltavano tutti. Insomma il primo vero grande trequartista nerazzurro ante litteram . Non riuscì neanche ad Helenio Herrera metterlo in riga e questo lo faceva incazzare di brutto. Tutti gli anni chiedeva ad Angelo Moratti di venderlo, il Patron nerazzurro glissava, faceva l’occhiolino a Corso e tutto ricominciava da capo.
Il piede sinistro di Dio
Aveva un piede solo, il sinistro, ma gli bastava. Dopo una doppietta realizzata contro Israele nell’ottobre del 1961 il CT avversario disse quelle parole che non l’avrebbero più lasciato: “ci ha battuti il piede sinistro di Dio”.
Quel sinistro che pennellò decine di “foglie morte” , la specialità della casa, quelle punizioni assassine che i portieri avversari giudicavano fuori e si ritrovavano regolarmente alle spalle. Un’altra presa in giro agli avversari, un’ altro esempio di come Mario Corso intendeva il calcio.
Nessuna potenza da far esplodere, nessuna velocità abbagliante, madre natura non aveva costruito il suo fisico per farne un mostro di atletismo. Quando però gli dei del calcio distribuirono il genio applicato al pallone in quella fila c’era lui e pochi altri. E con quel genio ha fatto sognare milioni di tifosi nerazzurri per anni, ha provocato travasi di bile tra le orde avversarie, ha creato un modello di calcio ancor’oggi ineguagliabile.
Buona vita Mariolino, auguri da tutti noi, piede sinistro di Dio.