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Spalletti ai ferri corti, ma quando arriva Conte?

Alzi la mano chi non ha già pensato: quando arriva Antonio Conte a Milano?

L’ha detta giusta Sandro Mazzola: «Forse Spalletti non riesce a farsi capire dai suoi».

Non è un complimento ed è l’indice del retro pensiero che ha accompagnato il lavoro del tecnico anche nella scorsa stagione.

I giornalisti potrebbero confermare il suo parlare un po’ involuto, a caccia di ardite soluzioni verbali. Ma parlare sul campo e in allenamento significa entrare nella testa dei giocatori, imporre convinzioni e far memorizzare soluzioni.

Spalletti a Milano ha dimenticato le doti che aveva a Roma

A Milano, Spalletti sembra aver annebbiato parte di quella bravura che lo ha imposto a Roma e altrove. Colpa dell’Inter? Probabilmente. Nei secoli dei secoli ha sempre cotto a puntino gli allenatori.

E poi avanti il prossimo. Spalletti si è fatto prendere in contropiede con la storia di Inter “antiJuve” e c’era da crederlo vista la roboante campagna acquisti. Eppure dice la storia, non la leggenda, che l’Inter è soprattutto “anti Inter”, e chi riesce a farla diventare meno “anti Inter” magari vince gli scudetti. E i suoi tecnici girano sempre con tanti gufi sulle spalle.

L’Inter un minestrone di bravura e disastro in campo

Oggi La Nerazzurra è il solito minestrone che perde sapore più lo assapori. Perfetta fotografia della partita con il Torino: buon primo tempo, tutti a dormire nella ripresa. A cominciare dal portiere, che continua ad essere uno dei peggiori degli ultimi 40 anni.

Poi se Spalletti saprà mettere spezie e peperoncino, chissà! Ma chi pensasse che Asamoah o Keita sono spezie racconta belle favole. Sono ottimi coristi, giocatori che arricchiscono la rosa, ma non permettono il salto di qualità.

Nainggolan potrebbe cambiare le sorti della squadra ma non è di certo Modric

E forse nemmeno Nainggolan. Diverso se fosse arrivato Modric: all’Inter da tempo manca un padrone della squadra, un padrone del gioco, l’uomo che segna i tempi e permette agli altri di esprimere vitalità e sostanza. Questa è rimasta squadra muscolare. Non dimentichiamo che, nell’anno post mondiale, molti giocatori faticano a ritrovare forma e forze. In tal senso andrà concesso tempo soprattutto ai croati.

Dunque dove sta il problema? Nel tecnico o nella squadra?

San Siro ha già risposto con uno striscione: “Testa bassa e vincere!”. Sui social è già cominciato il tiro a segno contro l’allenatore: “Dimettiti!”, dice il pensiero più diffuso. Ma che dire dei calciatori? Basti ripensare ai gol subiti contro il Torino o alla fragilità mostrata dal centrocampo, quasi mancassero forze fisiche o capacità di fare interdizione seria.

Icardi colpevole o innocente?

E che dire di un Icardi completamente perso nell’aiutar la squadra, senza più preoccuparsi del colpo del ko. Poi ha ragione chi non capisce se l’Inter giocherà con difesa a tre, magari infilandoci Miranda, oppure varierà a seconda delle tempeste.

Lautaro Martinez si è già spento?

E che dire di Lautaro Martinez? Un giorno leone e titolare e l’altro in campo solo due minuti. Questi dubbi fanno convergere domande sull’allenatore. Spalletti ha qualità, conosce il calcio come le sue tasche. Eppure a Roma, come a Milano, l’abbiamo visto andare in fuori giri quando le difficoltà montano, i risultati non arrivano e, magari, lo spogliatoio non è compatto.

All’Inter ha gestito con più facilità di quanto gli sia capitato a Roma (vedi Totti e poi…). Però già alla seconda giornata, e al solo punto conquistato, ha dato segnali di tensione, nervosismo per domande ovvie.

Spalletti e quei capelli bianchi che non ha

Milano ha fatto diventare capelli bianchi a tanti allenatori. Spalletti ha la fortuna di non averne, ma le statistiche ricordano che solo due tecnici fecero un punto nelle prime due gare (Radice addirittura nessuno) ed erano Gasperini e De Boer.

Tutti sanno come sia finita la storia: quelle Inter non andarono oltre il quarto posto. Ma forse Spalletti è più bravo dei due sfortunati che lo hanno preceduto.