Da alcuni giorni circola la voce che ambienti che contano del calcio italiano stiano facendo pressione su Beppe Marotta, Ad della Juventus, perché accetti la Presidenza della FIGC. La sola voce ha sollevato ovviamente valanghe di commenti ironici, e non poteva che essere così. Una volta tanto ci pare opportuno non buttarla sullo scherzo, anche perché non ci sarebbe davvero niente da ridere. Nel mezzo delle tante analisi riportate dagli addetti ai lavori più importanti , ci permettiamo di inserire due riflessioni.
La prima è legata al ruolo di Marotta come dirigente di vertice di un club, ricco e potente, in Italia ed in Europa. Già questo dovrebbe sconsigliare l’opportunità di questa scelta. La storia degli ultimi decenni di FIGC parla chiaro: Tavecchio, Abete, Pancalli, dopo Calciopoli mai nessuno si è trasferito da qualche club di primissima fascia alla Federazione per diventarne Presidente. Un motivo ci sarà pure se gli organi del calcio hanno ritenuto di scegliere quale massimo rappresentante figure almeno sulla carta “terze” rispetto agli interessi di parte.
Ma i motivi di opportunità non si fermano qui. Tutti sanno che la Juventus e la Figc sono ancora parti in causa nel processo intentato dalla società campione d’Italia per la richiesta dei danni subiti con le penalizzazioni di Calciopoli. La vicenda è ferma al Consiglio di Stato, adito dai bianconeri dopo che il TAR del Lazio nel 2016 aveva respinto il ricorso bianconero. Beppe Marotta non era parte coinvolta nel 2006, all’epoca dei fatti, ma oggi nessuno può dire che non lo sia, come il suo ruolo gli impone.
E’opportuno che il massimo dirigente bianconero traslochi dalla mattina alla sera da una parte processuale all’altra in una causa dove ballano centinaia di milioni di euro? La risposta da accendere è NO ed i motivi sono evidenti. Ma in una nazione dove il conflitto d’interessi impera in settori nevralgici dell’economia e dell’amministrazione niente sorprende ormai più di tanto.
Una seconda riflessione si rifà invece a tempi lontani del calcio italiano. Passati ma non tanto da averne perso la memoria, soprattutto per i tifosi nerazzurri, guarda caso. Per i più giovani forse si tratta di eventi sconosciuti ma che bruciano ancora sulla pelle dell’Inter e della sua storia. ll 16 aprile 1961 Inter e Juventus erano di fronte al Comunale di Torino. La classifica vedeva la Juventus in testa con Inter e Milan immediatamente a ridosso. Gli spalti torinesi non bastarono ad accogliere la gente: i tifosi ruppero ogni argine e migliaia di loro occuparono i lati del rettangolo di gioco. Nonostante ciò l’arbitro Gambarotta di Genova fece iniziare la partita. Per poco, perché alla mezz’ora del primo tempo la folla invase il campo.
Partita sospesa, ovvio lo 0-2 a favore dell’Inter assegnato a tavolino pochi giorni dopo. Anche la Lega ratificò il risultato e qui scoppiò il caos, dopo che la Juventus presentò ricorso alla FIGC. Andate a vedere chi era presidente della FIGC nel 1961 e, per chi non lo sapesse già, si prepari a sorridere. E andate ora a leggere chi era Presidente della Juventus nel 1961: sempre Umberto Agnelli ovviamente. Insomma il Presidente della Juventus fece ricorso a sé stesso Presidente della FIGC. Risultato: annullato lo 0-2 a favore dell’Inter, e gara da ripetersi, sulla base della buona fede della società ospitante (sic!).
All’Inter non mancavano gli attributi, Papà Moratti mise l’intero sistema alla berlina e mandò a Torino alla ripetizione della gara la squadra Primavera. I bianconeri scherzarono con i giovani nerazzurri nel famoso 9-1 con il gol dell’esordiente Sandrino Mazzola. Fine del flash. Ovviamente Marotta a differenza di Umberto Agnelli non sommerebbe le due cariche, ci mancherebbe solo questa. Ma c’è qualcuno disposto a mettere la mano sul fuoco che il calcio italiano potrebbe non correre gli stessi rischi del 1961?
Attualità e storia si rincorrono e si fondono nel cammino del calcio italiano. Si potrebbero citare tanti altri motivi per cui lungimiranza, buon senso, esigenze di chiarezza e trasparenza, dovrebbero consigliare al calcio italiano una scelta diversa. Quello che ci auguriamo è che la società nerazzurra tenga conto anche di queste riflessioni, quando si tratterà di esprimere il proprio parere. A giro per l’Italia, nel mondo dell’economia, del lavoro pubblico e privato ci sono fior di manager che possono offrire garanzie di professionalità ad altissimo livello, di obbiettivi raggiunti nelle loro carriere, di trasparenza e di terzietà indiscutibili.
E mai come oggi il calcio italiano sente il bisogno di una ventata di novità, che spazzi via i residui di un’epoca i cui risultati sono testimoniati da una Nazionale esclusa dai mondiali e ridotta a comprimaria sullo scenario internazionale. Ecco perché è lecito attendersi che l’Inter non diventi complice di questa scelta con il proprio parere.